Stupro di Pamplona, le suore di clausura dalla parte della vittima: "sorella, noi ti crediamo"

Le suore carmelitane di Hondarribia hanno condiviso via Facebook la loro condanna alla decisione dei giudici: "ogni donna ha il diritto di essere libera"

Le suore di Hondarribia
Le suore di Hondarribia
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

28 Aprile 2018 - 14.15


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“Noi viviamo in clausura, portiamo un abito quasi fino alle caviglie, non usciamo di notte (se non per le emergenze), non andiamo a feste, non assumiamo alcolici e abbiamo fatto voto di castità. Questa è una scelta che non ci rende migliori né peggiori di chiunque altro, anche se paradossalmente ci renderà più libere e felici di altri. E perché è una scelta libera, difenderemo con tutti i mezzi a nostra disposizione (questo è uno) il diritto di tutte le donne a fare liberamente il contrario senza che vengano giudicate, violentate, intimidite, uccise o umiliate per questo”.
Le carmelitane di Hondarribia, suore di clausura, con questo messaggio affidato a Facebook perché portasse fuori, oltre le grate, in Spagna e nel mondo, il loro pensiero, hanno scritto una delle più belle pagine della storia di civiltà delle donne. Contro la violenza, contro i pregiudizi. Una lezione anche per tanti verbalismi con i quali certe “donne fuori” hanno preteso di imporre, per esempio, sostanziali storture della lingua italiana pensando di segnare così passi decisivi nel processo di affrancamento da catene imposte dal dominio maschilista delle cose. Le suore di clausura di Hondarribia sono intervenute dopo le tante manifestazioni di protesta che in Spagna hanno dimostrato l’indignazione di uomini e donne contro la scandalosa sentenza per lo stupro di gruppo della festa di San Fermin a Pamplona nel 2016. Sentenza che ha suscitato accese polemiche per la decisione dei giudici di condannare i 5 giovani della ‘Manada’, del branco, solo per ‘abuso’ sulla ragazza violentata e non anche per ‘aggressione’ sessuale. Una sentenza marcata del peggiore maschilismo che ha superato anche i cancelli di questo sconosciuto convento di suore di clausura, portandole ad indignarsi, da donne accanto alle altre donne. Le carmelitane di Hondarribia, nella diocesi di San Sebastian, hanno voluto far conoscere la loro totale contrarietà  a quella sentenza con un messaggio forte, moderno e concreto che vale rileggere, qui, in chiusura: “Noi viviamo in clausura, portiamo un abito quasi fino alle caviglie, non usciamo di notte (se non per le emergenze), non andiamo a feste, non assumiamo alcolici e abbiamo fatto voto di castità. Questa è una scelta che non ci rende migliori né peggiori di chiunque altro, anche se paradossalmente ci renderà più libere e felici di altri. E perché è una scelta libera, difenderemo con tutti i mezzi a nostra disposizione (questo è uno) il diritto di tutte le donne a fare liberamente il contrario senza che vengano giudicate, violentate, intimidite, uccise o umiliate per questo”. E il messaggio si chiude con parole che suonano come un abbraccio alla giovane violentata due volte, la prima dal branco, la seconda volta dalla sentenza leggera, oltraggiosa e dolorosa come uno stupro. Soprattutto perché la vittima della violenza non è stata mai creduta dai giudici. Rivolgendosi alla ragazza ciascuna delle suore dice:” Sorella, io ti credo”.

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