Non solo i sistemi avanzati S-400 in Crimea. Centinaia di carri armati T-62 obsoleti (prodotti negli anni Sessanta e Settanta) sono stati spostati in Russia alla frontiera con l’Ucraina, fra qualche decina e un centinaio di chilometri dal confine, intorno a Rostov sul Don, dove fra l’altro si trova una base di addestramento del personale della Wagner. A carri ‘vintage’ e contractor sarebbe affidata una eventuale occupazione del territorio ucraino nel caso di una invasione “vecchio stampo” da parte della Russia, una operazione militare resa possibile da una ridefinizione delle forze “avviata da Mosca nel 2015 e completata lo scorso anno” che porterebbe forze corazzate a superare il lungo, poroso (e per tratti anche indefinito) confine “nel giro di poche ore”, come spiega un analista occidentale all’Adnkronos.
Il ridislocamento dei T-62 da zone sperdute della Siberia all’Ovest della Russia è avvenuto lo scorso settembre, in coincidenza con le grandi manovre a est (Vostok 2018) a cui aveva preso parte per la prima volta anche la Cina. In Occidente si era pensato in un primo momento che i mezzi pesanti fossero destinati alla Siria, per cui invece non sono mai partiti.
I T-62, forniti in passato da Mosca a Damasco, sono stati impiegati in Siria durante per combattere nelle città, e a questo potrebbero servire nell’eventualità di una occupazione dell’Ucraina: considerato il suo territorio piatto, il confine presidiato solo dalla guardia di confine, le uniche sacche di resistenza sarebbero nei centri urbani, dove questi mezzi “rustici, di cui non può essere distrutto nulla”, hanno dimostrato di funzionare ancora nel contrastare forze di fanteria a piedi.
Nel 2015, dopo il successo dell’operazione ibrida e di nuovo tipo in Crimea e nel Donbass, la Russia ha iniziato a pensare, e a riorganizzarsi, per un eventuale passo successivo a livello militare, ovvero per una invasione e quindi una occupazione dell’Ucraina, operazioni per cui “le forze convenzionali tornano a essere rilevanti”. “Lo sforzo di modernizzazione e potenziamento delle forze da parte di Mosca completato nel 2017 ha infatti riguardato soprattutto le zone al confine con l’Ucraina”. Anche se la capacità di reazione della Nato si è concentrata nei Baltici, la regione di San Pietroburgo non è stata potenziata da Mosca. Perfino l’enclave di Kaliningrad è relativamente spoglia, al di là di sistemi di difesa missilistica che vi sono stati spostati di recente.
Sono quindi state riformate in questi anni le divisioni, che avevano iniziato a essere sciolte dalla fine degli anni Novanta. Il distretto militare occidentale dispone ora di quattro divisioni, due nella regione di Mosca e altre due al confine con l’Ucraina (oltre a Chenihiv e Kharkiv) a cui sono stati dati in dotazione carri TB-3 (versione modernizzata dei T-72), oltre che sistemi di guerra elettronica, intelligence, polizia militare, il ‘telaio’ più ampio che costituisce una divisione (altre due divisioni sono state formate nel distretto meridionale, e almeno una nel distretto centrale).
Come è già avvenuto nel 2014, il segnale a cui si cerca di prestare attenzione in Occidente è l’eventuale congedo della classe reclutata nell’autunno/inverno del 2017, giovani ora addestrati che non sarebbero congedati in caso di preparativi per una operazione massiccia.
Lo scenario dell’invasione dell’Ucraina prevede il movimento di forze corazzate lungo tre direttrici, da nord (Chenihiv), dal centro (Kharkiv, proprio in questa zona arrivarono i carri armati tedeschi durante la seconda guerra mondiale, per questo gli analisti parlano di una operazione Barbarossa al contrario) e sud (Mariupol). Operazione a cui si accompagnerebbero interventi di altro tipo, fra cui azioni ibride (da qui il blocco all’ingresso in Ucraina di uomini fra i 16 e i 60 anni).