Sconfitta l’Isis? Non è vero. Perché dal nord della Siria lo Stato Islamico non è andato via del tutto e ogni giorno documenta azioni e uccisioni, soprattutto contro i combattenti curdo-siriani del Ypg che loro chiamano (con disprezzo) direttamente Pkk (رسالة إلى أهالي أسرى الـPKK | ولاية الشام – البركة) in questo perfettamente allineati con Erdogan.
Ma adesso si sa che gli Stati Uniti si ritireranno “il più velocemente possibile” dalla Siria, ha dichiarato un funzionario Usa all’agenzia Afp, in condizione di anonimato, dopo le indiscrezioni su un imminente ritiro dal Nord-Est del Paese e dall’indiretta conferma da parte del presidente Donald Trump, che ha citato in un tweet l’avvenuta sconfitta dell’Isis, ovvero della ragione per cui gli americani hanno inviato delle forze in Siria.
“Garantiremo una protezione delle forze in modo adeguato”, ha affermato la fonte, sottolineando che si tratterà di “un totale ritiro”.
In precedenza, il Pentagono aveva perorato la causa di una più lunga permanenza militare americana in Siria, sostenendo che bisognava impedire un tentativo dei jihadisti di riprendere il possesso della regione. Ma Trump ha segnalato più volte la volontà di riportare le truppe a casa dal Paese mediorientale appena possibile.
Il primo invio di militari Usa in Siria risale alla fine del 2015, con l’arrivo di un piccolo contingente di forze speciali, poi nei mesi successivi sono stati inviati altri uomini, per un totale stimato a circa 2.000 unità complessive.
Ovviamente, come è facile intuire, in questa situazione i penalizzati saranno i curdo-siriani del Ypg e i battaglioni femminili del Ypj che hanno liberato Raqqa e Kobane ma che sono malvisti da Erdogan (che ha invaso il cantone a maggioranza curda di Afrin dando vita a una vera e propria pulizia etnica) e ormai indigesti ad Assad che vuole riprendere il controllo del Rojava, ossia la regione curda che aveva proclamato la sua autonomia.
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