Brexit bocciata, e ora che succede? Cinque scenari per il futuro del Regno Unito
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Brexit bocciata, e ora che succede? Cinque scenari per il futuro del Regno Unito

Dopo il voto negativo di Westminster all'accordo proposto dal governo May con l'Ue, i media britannici riassumono cinque possibili scenari per l'immediato futuro

Le bandiere Inglese ed europea
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15 Gennaio 2019 - 20.23


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Lo smacco per Theresa May, per molti altamente prevedibile, mostra la fragilità del governo britannico e apre a nuovi scenari, che secondo i media britannici sono riassumibili in cinque: 
1. Scioglimento del Parlamento ed elezioni anticipate
È la linea proposta dal leader laburista Jeremy Corbyn, che ha presentato (come promesso) un voto di sfiducia alla premier Theresa May. La mozione sarà votata domani, ma il risultato non è così scontato. Se dovesse passare e il governo May fosse costretto alle dimissioni, si andrebbe a nuove elezioni nel giro di 25 giorni. 
2. No Deal
È l’ipotesi che più spaventa il Regno Unito, anche gli oltranzisti sulla Brexit: il prossimo 29 marzo l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea diventerà effettiva e se la mozione di sfiducia promossa da Corbyn non passa e non si trovano valide alternative (vedi i successivi punti), il paese si ritroverà fuori dall’Ue senza alcun accordo di sorta. E sarebbe un disastro per l’economia, dogane e confini. Il governo – sulla carta – può del resto comunicare la scelta di questa via senza metterla ai voti, a partire dal 21 gennaio, e a quel punto a Westminster non resterebbe che prenderne atto.
3. Secondo voto sull’accordo
Nonostante il voto negativo appena ratificato, il governo inglese è tenuto, sulla base di un emendamento approvato pochi giorni fa, a preparare un nuovo piano d’azione per ripresentare il voto a Westminster entro tre giorni. Ma il Parlamento potrebbe prendere in mano la situazione, puntando a una riforma del regolamento che miri a dare priorità alle mozioni dell’aula rispetto a quelle del governo e a sottrarre al consiglio dei ministri il controllo del calendario. Sempre ammesso di trovare in aula una maggioranza trasversale.
4. Rinegoziazione con l’Ue
Il governo inglese può chiedere all’Ue un’estensione del termine negoziale, di almeno un mese, come previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona. In questo caso, il dialogo dovrebbe ricominciare da zero e si dovrebbe giungere a un nuovo accordo. Si tratta tuttavia di una prospettiva dilatoria legata alla disponibilità di Bruxelles e tutta da concretizzare. Nel caso, le ipotesi alternative più gettonate sono il modello di una Brexit piu’ soft proposto dal Labour (con permanenza definitiva del Regno nell’unione doganale e rinuncia ad accordi commerciali autonomi con Paesi terzi); quello ancor più soft ribattezzato ‘Norvegia Plus’ (permanenza non solo nell’unione doganale, ma anche nel mercato unico, con obbligo di non mettere in discussione la libertà di movimento delle persone); o infine il ‘Canada Plus’ prediletto dai brexiteers (di fatto un mero accordo di libero scambio rafforzato coi 27).
5. Nuovo Referendum
I sostenitori più convinti del fronte Remain sono ovviamente per tornare alle urne e annullare la Brexit. A sollecitarlo è pure un movimento di piazza che auspica un nuovo ‘People’s Vote’ e che a ottobre ha radunato a Londra 700.000 persone. Ma per innescarlo serve in teoria l’ok del governo (che oggi non c’è) e il sostegno d’una maggioranza bipartisan tutta da inventare. Senza contare il timore di radicalizzare le divisioni nel Paese e i dubbi di legittimità sul tipo di quesito (solo sull’accordo May o con l’inserimento di una scelta esplicita in favore del ripensamento sulla Brexit?). E, last but not least, il fattore tempo, visto che secondo un team di costituzionalisti dell’University College of London per delineare il quadro normativo necessario a convocarlo occorrerebbero come minimo 22 settimane.

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