Open Arms accusa: il tempo in cui ci terrete bloccati in porto lo conteremo in morti
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Open Arms accusa: il tempo in cui ci terrete bloccati in porto lo conteremo in morti

Le autorità di Barcellona hanno vietato alla nave di raggiungere il Mediterraneo perché la chiusura - di fatto - dei porti di Italia e Malta impediscono azioni di soccorso in sicurezza

Open Arms accusa: il tempo in cui ci terrete bloccati in porto lo conteremo in morti
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15 Gennaio 2019 - 09.07


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La denuncia è molto chiara e precisa:

Il tempo in cui l’#OpenArms rimarrà bloccata in porto non lo conteremo in giorni, lo conteremo in morti.
Di fronte a questa decisione codarda, gridiamo forte e chiaro:
#FreeOpenArms
Iniziamo?
Ma che è accaduto?

Nei giorni scorsi la capitaneria di porto di Barcellona ha negato all’imbarcazione il permesso di lasciare il porto per raggiungere il Mediterraneo centrale perchè: “Italia e Malta, hanno dichiarato i loro porti chiusi, violando le convenzioni internazionali che regolano il soccorso in mare e non assicurando all’Ong le necessarie condizioni di sicurezza”.
Secondo l’Ong “l’imbarcazione è costretta a rimanere in mare per diversi giorni, attraversando il Mediterraneo, e a sbarcare le persone salvate in un porto molto lontano dal luogo del soccorso”, azione che per la Spagna “viola i procedimenti relativi alle operazioni di salvataggio regolati della normativa internazionale”.
Il permesso di lasciare il porto sarà negato a Open Arms finché “non verrà garantito un accordo di sbarco dei naufraghi con le autorità delle zone Sar competenti (Italia e Malta). Se dunque gli Stati non rispettano i loro obblighi di soccorso – sottolinea Open Arms in una nota – nemmeno noi dobbiamo proteggere la vita dei naufraghi in mare”.
“Per l’ennesima volta, anziché denunciare la violazione delle convenzioni internazionali, si sceglie di eliminare i testimoni scomodi dei naufragi e di nascondere la verità sulle morti nel Mediterraneo. Le politiche scellerate dell’Europa continuano a violare i più elementari diritti delle persone, primo tra tutti quello alla vita. Per questo – rivela l’Ong – abbiamo presentato ricorso all’atto di fermo e continueremo a batterci per poter tornare quanto prima a operare in mare”.

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