di Eleonora Cipollini
Una nave che batte bandiera norvegese, costruita nel 1986, lunga 69 metri e larga 15. Si chiama Ocean Viking, la “nuova Aquarius” di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée: la nuova imbarcazione per la ricerca e il soccorso in mare è stata annunciata ieri e presentata oggi in una conferenza stampa. Più robusta, più capiente e più agile di Aquarius, a bordo con un sistema di container è stato attrezzata anche una clinica medica. La missione è già partita e la nave si trova già nel Mediterraneo centrale.
“Torniamo in mare perché in mare si continua a morire. E nella traversata mortale del Mediterraneo tra le vittime ci sono donne e bambini. Noi lavoriamo in Libia, sappiamo cosa succede lì. Il 2 luglio il centro di Tajoura è stato bombardato, un vera e propria carneficina, eppure non è cambiato niente. Le evacuazioni umanitarie non sono sufficienti: per ogni persona evacuata ce ne sono due riportate indietro nei centri di detenzione. I governi europei vogliono farci credere che la morte e gli orrori vissuti da migliaia di persone in Libia siano un prezzo umano accettabile per la gestione della frontiere – sottolinea Joanne Liu, presidente di Medici senza frontiere -. Noi abbiamo fatto la nostra scelta, torniamo in mare per continuare a denunciare e a testimoniare. Non siamo soli, la società civile europea si sta mobilitando dappertutto, in Francia, in Germania e Italia”.
Il ritorno in mare delle due ong francesi è particolarmente significativo: la nave Aquarius, infatti, su cui operavano insieme fu la prima a subire la politica dei porti chiusi annunciata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, a giugno 2018. Con 629 migranti a bordo, infatti, l’imbarcazione fu costretta a sbarcare nel porto di Valencia, dopo giorni di stallo. In seguito le due organizzazioni annunciarono la chiusura del progetto. “Sono passati 7 mesi da quando abbiamo annunciato la fine di Aquarius, a cui è stato impedito di navigare. Da allora, abbiamo lavorato duramente sulla ricerca di una nuova nave. Ci sono voluti 7 lunghi mesi ” – afferma Frederic Penard direttore delle operazioni di Sos Mediterranée -. “Non è possibile subire questa criminalizzazione ogni volta che ci si avvicina alle coste europee. Abbiamo lavorato perché questa nave fosse adatta al Mediterraneo centrale, abbiamo tre equipe a bordo ma ogni soccorso è una situazione di emergenza. Anche se la nave è più robusta non si può restare in mare per settimane o mesi, lo sbarco deve essere sempre il più rapido possibile. E va assicurato in un porto sicuro”.
La direttrice di Sos Mediterranée sottolinea che la missione questa volta è ancora più costosa: Aquarius costava undicimila euro al giorno, Ocean Viking ne costa 14 mila. “Abbiamo creato Sos Mediterranée in seguito a una straordinaria mobilitazione civile che ci ha permesso di affittare la prima nave. Ora facciamo di nuovo appello ai cittadini europei: il nostro scopo è restare in mare quanto più possibile. Chiediamo anche agli Stati di mettersi d’accordo per un meccanismo di solidarietà e responsabilità. Un anno fa siamo andati a Valencia, perché avevamo oltre 600 persone a bordo. Ma non è possibile, per ragioni di sicurezza, attraversare il Mediterraneo ogni volta. Il diritto marittimo è chiaro, bisogna organizzare lo sbarco nel porto più sicuro, dove alle persone è assicurata una protezione effettiva”.
Sulla nuova nave il team di Medici senza frontiere sarà responsabile per i bisogni medici e umanitari delle persone soccorse a bordo, ed è composto da nove persone: quattro staff medicali (un medico, due infermieri, un’ostetrica), un logista, un mediatore culturale, un responsabile per gli affari umanitari, un responsabile della comunicazione e un capoprogetto che coordina la squadra. Il team di Sos Mediterranée, responsabile per le operazioni di ricerca e soccorso, è composto da dodici persone, sotto la guida del coordinatore Sar. Altre nove persone fanno parte dell’equipaggio della nave e lavorano per l’armatore. “Torniamo in mare per salvare vite. E non possiamo restare in silenzio mentre persone vulnerabili subiscono sofferenze evitabili. Se i leader europei condannano l’uccisione di migranti e rifugiati vulnerabili in Libia, devono anche garantire la ripresa di operazioni di ricerca e soccorso ufficiali, sbarchi in luoghi sicuri e l’immediata evacuazione e chiusura di tutti i centri di detenzione arbitraria – sottolinea Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere Italia -. L’ipocrisia del crescente supporto fornito alle intercettazioni in mare e al ritorno forzato delle persone negli stessi luoghi dove vengono perpetrate le violenze, lascia intendere che quelle condanne sono solo parole vuote di finta compassione”.