Che fine ha fatto Silvia Romano? Riprende il processo in Kenya: si cerca un quarto uomo
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Che fine ha fatto Silvia Romano? Riprende il processo in Kenya: si cerca un quarto uomo

Le autorità giudiziarie locali hanno accorpato i procedimenti a carico di 3 indagati

Silvia Romano
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21 Agosto 2019 - 09.47


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Riparte il processo-bis per il rapimento di Silvia Romano, la cooperante italiana prelevata da un gruppo di uomini armati a Chakama, non lontano da Malindi, il 20 novembre 2018. Le autorità giudiziarie kenyote hanno accorpato i procedimenti a carico di 3 indagati: Ibrahim Adan, Abdullah Gababa Wario e Moses Luwali Chembe. Intanto gli inquirenti sono alla ricerca di un quarto uomo, Said Ibrahim, considerato il “regista dell’agguato”.
Come riportato da Repubblica, le autorità giudiziarie kenyote avevano fissato a martedì l’avvio del procedimento contro il 35enne insegnante di religione di origini somale Ibrahim Adan Omar, accusato di essere uno degli organizzatori del sequestro e trovato in possesso di un’arma impiegata nell’azione.
Il giallo sulla cauzione pagata da un indagato – Ma la giudice Julie Oseko ha deciso di spostare a mercoledì l’udienza, in modo da farla coincidere con quella già fissata dell’altro processo, avviato il 30 luglio, a carico di Abdullah Gababa Wario e Moses Luwali Chembe. I due hanno già confessato il loro ruolo nel rapimento, ma la loro posizione presenta aspetti poco comprensibili. In particolare non è facile spiegare il fatto che Moses Luwali Chembe sia riuscito a tornare in libertà pagando una cauzione di tre milioni di scellini, circa 25mila euro, una cifra consistente per gli standard kenyoti: il salario medio in Kenya si aggira sui mille euro l’anno.
Si cerca un quarto uomo – Secondo quanto riportato dal portale MalindiKenya.net, i testimoni da ascoltare sarebbero in tutto 17. Come riporta il sito Africa ExPress, le autorità kenyote sono alla ricerca del “quarto uomo”, Said Ibrahim, che nelle ricostruzioni dell’accusa è considerato “il regista” dell’ agguato, anche se non l’ ideatore. Ad aver concepito il sequestro sarebbe stata invece un’altra persona, per ora non identificata, con “protezioni in alto loco”.
L’indagine e i lati oscuri del sequestro – A fine luglio gli inquirenti locali avevano portato i due indiziati direttamente nel villaggio di Chakama, dove risiedeva l’italiana, per ricostruire la dinamica del rapimento: Abdullah Gababa Wario e Moses Luwali Chembe avrebbero ammesso le loro responsabilità, aggiungendo che la giovane era sicuramente in vita a Natale, quando la banda l’ha consegnata un altro gruppo armato. Molti i punti oscuri da chiarire, a partire dal trasporto dell’ostaggio in Somalia. Inoltre sembra tramontata l’ipotesi di un collegamento dei sequestratori con organizzazioni terroristiche. L’ inchiesta, intanto, va avanti: a dare nuovo slancio è stato l’ incontro di Roma fra il procuratore del Kenya Noordin Haji, il Comandante dei Ros e rappresentanti della sicurezza italiana e keniota.

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