“A quelli che ora hanno ventotto pacchi di pasta. A quelli che sul mercato nero stanno cercando disinfettante per le mani. A quelli che camminano per strada con una mascherina. E a quelli che stanno progettando di fuggire con i figli verso zone non infettate dal Coronavirus: non guardate mai più con disprezzo alle persone che fuggono da guerra e carestia”.
Questo messaggio è stato scritto, sul suo profilo, da un ragazzino di vent’anni: li compirà in aprile. Si chiama Dejan Kulusevski e gioca a calcio come professionista. La sua squadra attuale è il Parma, ma il suo futuro prossimo è, ufficialmente, la Juventus. Un predestinato, probabilmente farà una grande strada nel mondo del calcio. Così la pensano i tecnici e chi, come chi scrive, l’ha visto giocare tante volte. E’ di nazionalità svedese ma il suo nome dice chiaramente che è di origine slava. In effetti è figlio di una famiglia macedone trasferitasi in Nord Europa. Probabilmente ha appreso dalla famiglia la difficoltà della vita da emigrante, probabilmente avrà sentito dai suoi genitori i ricordi di una guerra non lontana nel tempo.
Ha vent’anni ma sembra che il ragazzo abbia già appreso, pur dalla sua posizione previlegiata, u ne lezione fondamentale. Quella che la sorte e la fortuna sono mutevoli. Non si venga a parlare di buonismo. L e parole di Dejan sono, nella loro indignazione, espressione di puro buonsenso., di una ragionevolezza rara non solo nei ragazzi di quell’età. Non ho nemmeno cercato le reazioni dei social alle sue parole, scritte in inglese (anche se parla un buon italiano). Ovviamente qualcuno avrà scritto cose oscene, ma per una volta, ignoriamoli.
La semplicità, la sobrietà delle sue parole escludono qualsiasi ulteriore commento.
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