Il Belgio nega a un cittadino italiano, non infetto, di raggiungere la moglie e la figlia

Sposato con una cittadina belga, per due volte ha tentato di raggiungerla.

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29 Maggio 2020 - 13.16


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“Volevo rivedere mia moglie e mio figlio, che non vedo da gennaio. Mia moglie sta male, ma il Belgio non vuole che io rientri, questa mattina in aeroporto mi hanno trattato come un appestato, per il sol fatto di essere italiano”.

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A raccontare a Paolo Borrometi dell’AGI l’assurda esperienza vissuta la mattina del 29 maggio all’aeroporto di Roma Fiumicino, per la seconda volta in poche settimane, è un italiano, Antonio B. “Sono un cittadino italiano, ho vissuto in Belgio per tanti anni. Ed è in Belgio che ho sposato una cittadina belga. Da questa unione è nato un figlio. Per ragioni di famiglia mia moglie e mio figlio sono stati costretti a rimanere in Belgio, per accudire la madre sofferente. Dal febbraio 2012, faccio mensilmente il pendolare tra Roma (città in cui lavoro) e Mons (cittadina belga al confine con la Francia)”.

Ed ecco che con il coronavirus inizia l’odissea dell’italiano. “Viene annullato il volo che mi avrebbe dovuto riportare a casa il 26 marzo. Da quel giorno solo incertezza, poi finalmente vedo la luce: le misure di contenimento – racconta l’uomo all’AGI – vengono allentate e, dopo aver chiamato le varie ambasciate, prenoto un volo Alitalia per Bruxelles con partenza il 9 maggio”.

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L’uomo è convinto di avercela fatta e si presenta in aeroporto, a Fiumicino. “Avevo preso tutte le informazioni necessarie per partire, nel rispetto dei regolamenti in vigore per la pandemia”. Ma accade l’inaspettato. “Mi vedo rifiutare l’imbarco in quanto sprovvisto di un documento che comprovasse che fossi effettivamente sposato con una cittadina belga residente in loco”.

Si ritorna a casa, a Roma “incassando il colpo”. “Se il problema è il documento – si domanda – allora è risolvibile. Chiamo mia moglie affinché mi invii i documenti comprovanti la nostra unione, aggiungo per sicurezza lo stato di famiglia e, per non farmi mancare nulla, anche il certificato medico che attesta la diagnosi della malattia di mia moglie e della necessità della mia presenza al suo fianco”.

Questa volta non ci saranno intoppi, si dice l’uomo. Chiama persino le ambasciate, per essere certo. “Finalmente ci siamo. Prenoto l’ennesimo volo, è Alitalia ed è previsto per il 29 maggio alle 08.25, destinazione Bruxelles”.

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“Stamattina arrivo in aeroporto, con il cuore pieno di felicità: potrò riabbracciare mio figlio e mia moglie. Alle 6 mi presento al banco accettazione Alitalia, l’hostess – racconta l’uomo – mi chiede di giustificare le ragioni del mio viaggio e fornisco tutta la documentazione (ribadisco: atto di matrimonio, stato di famiglia emesso dal comune di Mons, dichiarazione redatta da mio moglie autenticata dal comune e il certificato medico). Dopo circa mezz’ora arriva il benestare”. Potraàpartire. “Imbarcano il bagaglio, faccio i controlli di sicurezza e l’autocertificazione alla polizia di frontiera. Arrivo così al gate B6 per l’imbarco”. Ed ecco l’imprevedibile o, forse, sarebbe meglio dire l’assurdo. “Dopo qualche minuto vengo chiamato via altoparlante e al banco transiti dell’Alitalia la doccia fredda, l’ennesima”.

“Mi viene comunicato che la sicurezza belga si rifiuta categoricamente di accettarmi sul territorio del Paese”. Ma perché? “Lavoro regolarmente a Roma, sono un servitore dello Stato e non ho mai avuto sospetti di coronavirus”.

L’uomo insiste e mostra nuovamente tutti i documenti, persino quelli non richiesti per la partenza. “Trovo un addetto Alitalia molto gentile, controlla nuovamente tutta la documentazione in mio possesso e si rende conto che non manca nulla, anzi c’è molto di più. Così decide di chiamare, personalmente. La risposta belga, che ascolto in vivavoce – spiega – è perentoria: “è italiano, non entra nel Paese”.

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Oltre al danno anche la beffa. “Mia moglie non sta bene, come dimostrato dai certificati, e se si aggravasse, chi la potrà curare?”. Prima di andarsene, sbotta. “Mi lamento, ancora una volta, con i (gentili) responsabili Alitalia. Una di loro, particolarmente mortificata – racconta – mi guarda e mi dice ‘non e’ il solo e che in questi giorni non è riuscito a partire. Altri cittadini italiani, senza un valido motivo, vengono respinti. Se sono di altre nazionalità no, se sono italiani non passano. Non potrò vedere mia moglie e mio figlio, non so per quanto e neanche perché”.

La chiosa è assai amara: “Non sarà mica che noi italiani, oltre al coronavirus (che hanno avuto in abbondanza anche in Belgio) abbiamo la peste nera? Se questa è la nuova Europa i cittadini europei sono proprio messi male”. 

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