“Mio figlio è morto di sete e fame. Ho portato mio figlio con me non perchè sognassi per lui una vita lussuosa, no, solo per dargli una vita normale, come gli altri bambini, una vita nella quale avrei potuto dargli da mangiare, rispondere alle sue richieste di bambino. Per questo ho lasciato il mio Paese… Mio figlio è morto di sete, ho avvolto il suo corpo e l’ho lavato con le mie mani, e dalle mie mani l’ho lasciato cadere in acqua, dopo tre giorni, quando ho perso la speranza “.
Con queste parole, con questo racconto il papà di Soufian piange il suo lutto. Il corpo del suo bambino è stato trovato a galleggiare al largo di Amchit, in Libano. E Soufian non c’è più, come tanti altri bambini risucchiati dai viaggi della disperazione. Lui è morto lungo una nuova rotta; una rotta che”promette” tanti altri lutti. Le macchie della fame e della povertà si allargano nel mondo, crescono nel Mediterraneo. Questa volta siamo al largo del Libano. Nello stesso tratto di mare dove è stato ripescato il corpicino di Soufian, ripescati i resti di un’altra vittima adulta. Dal Libano si fugge per la profonda crisi che sta gettando nella povertà il Paese dei cedri. Nei giorni scorsi altre vittime, i corpi senza vita di quattro migranti erano stati rinvenuti l largo delle coste libanesi. Ultimi episodi conosciuti di naufragi di migranti libanesi, siriani e di altre nazionalità, che tentano la via del mare per raggiungere le coste di Cipro.
Nei giorni scorsi caschi blu della missione Onu nel sud del Libano (Unifil) avevano tratto in salvo 36 migranti, e avevano recuperato il corpo di un migrante morto in mare. All’inizio del mese si erano intensificate intercettazioni da parte della marina militare libanese di imbarcazioni di migranti che partivano dal nord del Libano alla volta di Cipro.
Il Libano è in agonia. Più della metà dei libanesi oggi vive al di sotto della soglia di povertà e un quarto della popolazione è in stato di estrema povertà. Questo l’allarme lanciato nelle ultime ore dal governo libanese in un contesto di rapido peggioramento della crisi politica ed economica, la peggiore del Libano degli ultimi 30 anni, amplificata dalla pandemia di coronavirus e dagli effetti della devastante esplosione del 4 agosto scorso nel porto di Beirut.
Secondo Assem Abi Ali, direttore presso il ministero degli Affari sociali libanese del programma Lebanon Crisis Response Plan, le stime elaborate a marzo dalla Banca mondiale sono peggiorate nelle ultime settimane: “la Banca mondiale – afferma Abi Ali, citato dai media di Beirut – affermava che il 45% della popolazione libanese è sotto la soglia di povertà e che il 22% vive in una situazione di estrema povertà. In estate – prosegue – siamo arrivati al 60% dei libanesi che vivono sotto la soglia di povertà e al 25% in estrema povertà”.
Il ministro degli Affari sociali Ramzi Musharrafiye, ha annunciato che il governo, con l’aiuto finanziario di Paesi europei, tra cui l’Italia, comincerà a distribuire a decine di migliaia di famiglie disagiate buoni alimentari. Questi aiuti saranno distribuiti dopo che il ministero avrà selezionato le famiglie più bisognose tra una lunghissima lista di richieste. Il Programma alimentare mondiale (Pam), che incanala gli aiuti esteri, sostiene il governo libanese in questo processo, afferma il quotidiano libanese L’Orient-Le Jour.
Ma Assem Abi Ali afferma che in Libano al momento sono almeno 250mila le famiglie che hanno bisogno di questi buoni alimentari. Per ora e fino al 2022 si potrà provvedere solo a 55mila famiglie. Ciascun membro della famiglia avrà diritto a un buono periodico di 70mila lire libanesi, equivalenti al cambio odierno a circa 7 euro. Per ogni famiglia potranno essere emessi al massimo sei buoniIl 40% dei minori libanesi con età tra i 12 e i 15 anni abbandona la scuola per aiutare a sostenere le proprie famiglie in gravi difficoltà economiche: lo rivela il ministero degli affari sociali libanesi, secondo cui questi dati rischiano di aumentare con il peggiorare della crisi economica in corso nel Paese.
Assem Abi Ali, direttore per il ministero degli affari sociali di Beirut del programma Lebanon Crisis Response Plan (Lcrp), avviato nel 2015, è stato citato oggi dai media libanesi e ha annunciato che gli aiuti esteri per ora fatti arrivare al Libano coprono solo un quinto dei bisogni urgenti di centinaia di migliaia di famiglie disagiate. Una situazione che scivola nella disperazione, spingendo tanti a percorrere una difficilissima rotta nel Mediterraneo. E già si contano tanti morti.
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