Quell'albergo di Visegrad, lager degli stupri etnici dove oggi puoi alloggiare con un voucher per sostenere il turismo

L'hotel Vilina vlas, a Visegrad, fu il luogo degli orrori destinato alla tortura e alla violenza delle donne negli anni della guerra tra il 1992 e il 1995.

L'albergo di Visegrad
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Claudia Sarritzu Modifica articolo

29 Ottobre 2020 - 12.55


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Oggi vi racconto una storia. Una storia più brutta del Covid. Una storia per ricordarvi che l’orrore continua nel mondo e se ne fotte della pandemia.

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Se vi dovesse capitare di cercare un hotel in Serbia nella città di Visegrad, tra le offerte vi capiterebbe anche il Vilina vlas.

Forse questo nome non vi dice nulla. Forse se siete nati dopo la guerra dei Balcani non sapete che dall’altra parte dell’Adriatico negli anni “90 (ieri) c’erano tante Auschwitz per donne musulmane.
Ecco allora ve lo dico io: L’hotel Vilina vlas, a Visegrad, fu il luogo degli orrori destinato alla tortura e alla violenza delle donne negli anni della guerra tra il 1992 e il 1995.
Gli stupri etnici svolti con metodica sapienza e rigore dalla più recente furia nazionalista che travolse l’Europa soltanto ieri.
Da quelle terrazze da dove oggi i clienti prendono il sole alcune donne (Se questa è una donna…) si gettavano giù sperando di porre fine alle loro sofferenze.

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Alcune non dovettero neppure prendersi il disturbo di uccidersi.
Morivano dissanguate durante stupri che duravano giorni.

Mediamente ogni donna veniva violenta da 9 soldati al giorno. Le “donne” erano anche bambine di 14 anni.

Come scrive sull’Agi.it Brahim Maarad: nel tentativo di salvare la stagione turistica nel mezzo della pandemia, la regione serba della Bosnia ha lanciato un programma di aiuti per il settore alberghiero, compresi i voucher per i pernottamenti. Tra gli stabilimenti beneficiari dell’iniziativa vi è anche il Vilina vlas, situato vicino al ponte Mehmed Pasha Sokolovic, un’opera del XVI secolo che ha ispirato il famoso romanzo “Il ponte sulla Drina” del Nobel jugoslavo per la letteratura Ivo Andric. Mentre Visegrad presenta lo storico ponte ottomano come attrazione principale, nulla nell’hotel o nei suoi dintorni ricorda le atrocità avvenute nelle sue stanze un quarto di secolo fa, negli anni del conflitto tra il 1992 e il 1995.

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Ehlimana Memisevic, professore associato di diritto all’Università di Sarajevo, ritiene che promuovere l’hotel “equivalga a cancellare la storia”. In un articolo, il giurista assicura che si tratti di “un nuovo tentativo di sradicare le atrocità dalla memoria pubblica” e ricorda che le violazioni “facevano parte di un sistema di crimini commessi con l’obiettivo di sterminare la popolazione musulmana bosniaca”.

L’hotel fu trasformato nel 1992 in un centro di detenzione femminile dal “signore della guerra” locale Milan Lukic, un leader paramilitare serbo-bosniaco arrestato nel 2005 in Argentina. Bakira Hasecic, fondatrice dell’associazione “Donne vittime di guerra”, è una delle duecento vittime che si stima abbiano subito stupri sistematici a Visegrad. Raccontando la sua storia a Efe, ha ricordato “l’orrore” vissuto lì nella primavera del 1992 e quell’hotel “letteralmente intriso di sangue”. Impossibile nascondere il disagio: “Se almeno mettessero una targa commemorativa, un monumento, qualche segno che lì furono uccise delle persone e che le donne vennero violentate”. “Non so come si possa alloggiarvi. Ma ci sono persone che lo fanno. Non ho altri commenti”.

“Cosa possiamo fare con l’edificio? Non è colpa sua per quello che è successo”, dice Bilal Memisevic, sindaco di Visegrad. “Quante persone sono state uccise sul ponte locale nella seconda guerra mondiale e nel 1992? E dovrebbe essere distrutto per questo?”, ha chiesto il primo cittadino. “Sì, è necessario segnalare i luoghi che sono stati teatro di sofferenza, ma è molto più importante condannare gli autori dei crimini”, sostiene Memisevic, che ricorda il numero di criminali ancora latitanti.

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Meditate gente, meditate che questo è stato (ieri).

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