“Senza un accordo con Ungheria e Polonia per l’Italia significa trovarsi con trecento miliardi congelati fra Recovery Fund e altre risorse comunitarie. Tutto per un dibattito che rischia di minare l’identità europea”. Lo dice, in un’intervista a La Stampa, Enzo Amendola, Ministro per gli Affari Europei, che rispetto al voto sulla Riforma del Mes, si augura che di qui al 9 dicembre “la riflessione fra i partiti produca novità positive”.
Non è un segreto “che sulla linea di credito del Mes sanitario ci sia tensione nella maggioranza – spiega-. Ma la riforma del fondo salva-Stati va vista in un’altra ottica: non possiamo rimanere inchiodati a dibattiti del passato. È proprio per questa ragione che mi auguro il sì dei Cinque Stelle”. Il governo “non può non avere una linea unitaria in politica estera” e “sono certo prevarrà la voglia di guardare a quello che c’è ancora da realizzare piuttosto che ricadere in una logica autodistruttiva”. Amendola spera inoltre che anche sulla Riforma sul Mes “la leadership europeista di Berlusconi nel centrodestra torni ad essere salda come avvenuto sul voto per lo scostamento di bilancio”.
Sul Recovery Fund “lunedì presenteremo una proposta in consiglio dei ministri figlia delle linee guida europee. E vorrei premettere: Bruxelles non ha chiesto di sostituire il governo con una struttura tecnica”. Tuttavia “abbiamo bisogno di figure competenti che aiutino i ministeri e gli enti locali a velocizzare la realizzazione dei progetti. Stiamo parlando di questo, non di una Spectre”. Bisogna “avere norme e procedure di semplificazione che permettano di utilizzare i fondi tassativamente entro il 2026”. Ci saranno “sei manager a tempo pieno, non capi di altre aziende”. I progetti saranno concentrati “attorno alle grandi priorità: transizione ecologica e digitale, potenziamento di istruzione, ricerca e sanità, infrastrutture, coesione sociale”.
Infine un commento sullo stallo nella trattativa Ue – Gran Bretagna per l’uscita dall’Unione: “Una rottura avrebbe ripercussioni immediate sul lato finanziario e degli scambi commerciali. È un’incognita sul futuro dell’Unione tanto quanto il veto di polacchi e ungheresi”.