L'Fbi avverte Biden dei pericoli: "Non ho paura di giurare all'aperto"

Minacce anche contro la vicepresidente Harris e Nancy Pelosi. Si monitorano possibili proteste armate dal 16 gennaio

Biden ed Harris
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12 Gennaio 2021 - 08.20


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La situazione di pericolo che si è creata dopo l’assalto al Congresso viene costantemente monitorata dall’Fbi.

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Molte notizie riportano di “varie minacce di fare del male al presidente eletto Joe Biden in vista della cerimonia di giuramento” del 20 gennaio.

Si parla anche di altre possibili proteste, anche armate, tra il 16 e il 20 gennaio nella capitale e negli altri Stati Usa.

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“Altre notizie indicano minacce contro la vicepresidente eletta Kamala Harris e la speaker della Camera Nancy Pelosi”, secondo l’Fbi.

Si avvicina la data dell’insediamento di Biden alla Casa Bianca, il 20 gennaio, e – secondo i media americani – la Guardia Nazionale potrebbe dispiegare fino a 15.000 militari per la cerimonia. 

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Il presidente eletto Joe Biden ha detto che non teme di giurare all’aperto sul fronte occidentale di Capitol Hill, una settimana dopo l’assalto dei fan di Donald Trump. “Non ho paura di fare il giuramento all’esterno, siamo stati informati”, ha assicurato Biden dopo l’allerta dell’Fbi, mentre alcuni ex dirigenti del Bureau consigliano di spostare la cerimonia all’interno del parlamento per motivi di sicurezza.

Intanto il dipartimento e l’Fbi stanno perseguendo oltre 150 sospetti nelle indagini sull’assalto al Congresso, dopo averne già arrestati e incriminati una quindicina.

Il Bureau ha ricevuto oltre 70 mila ‘soffiate’ dopo aver chiesto l’aiuto pubblico per identificare i sospetti che appaiono in varie foto e video.

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Nel frattempo la polizia di Capitol Hill ha aperto un’indagine interna su 10-15 agenti per il loro ruolo nell’assalto. Due sono già stati sospesi. 

Gli analisti, stanno esaminando informazioni per identificare qualsiasi ruolo possano aver giocato organizzazioni terroristiche domestiche o avversari stranieri nel radicalizzare i rivoltosi.

Twitter ha chiuso “oltre 70mila account” legati alla teoria cospirazionista di estrema destra QAnon: la decisione segue l’attacco contro Capitol Hill da parte di un gruppo di sostenitori del presidente Donald Trump. Lo ha annunciato la stessa società. 

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Alla luce “dei violenti eventi di Washington DC e dell’accresciuto rischio di pericolo, venerdì pomeriggio abbiamo cominciato a sospendere in modo permanente migliaia di account dedicati soprattutto alla condivisione di contenuti QAnon”, ha reso noto Twitter.

“Da venerdì oltre 70.000 account sono stati sospesi come risultato dei nostri sforzi, con molti casi di numerosi account gestiti da un singolo individuo”.

L’impeachment- Sul fronte delle azioni legali contro Donald Trump i dem hanno presentato formalmente alla Camera l’unico articolo per l’impeachment per “incitamento all’insurrezione”, per aver istigato i propri sostenitori ad assaltare il Congresso contestando la certificazione della vittoria di Joe Biden ma prima di metterlo ai voti fanno un ultimo tentativo con Mike Pence perché invochi il 25esimo emendamento per rimuovere il presidente.

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“Trump non dovrebbe essere in carica, punto”, ha tagliato corto in serata lo stesso Biden, mentre crescono gli allarmi dell’Fbi su nuove proteste nella capitale e in tutto il Paese in vista del giuramento del democratico, che nel frattempo ha completato la sua squadra scegliendo per la prima volta come capo della Cia un diplomatico di lungo corso come William Burns. In un’altra giornata convulsa per la politica americana, i democratici hanno chiesto ai repubblicani il consenso di introdurre una mozione che spinge il vicepresidente a destituire immediatamente Trump, ma la loro opposizione ha indotto la speaker della Camera Nancy Pelosi a metterla ai voti oggi in aula.

Dopo la sua approvazione, Pence avrà 24 ore di tempo per rispondere. Il vicepresidente, che ha già preso le distanze da Trump e ha annunciato la sua partecipazione all’insediamento di Biden il 20 gennaio, ha fatto sapere che è disponibile a ricorrere al 25esimo emendamento solo nel caso il Commander in chief mostri ulteriori segni di instabilità. Ma per farlo ha bisogno anche della maggioranza del governo (otto ministri).

Se poi il presidente si opponesse, alla Camera sarebbero necessari i due terzi dei voti per cacciarlo e non è detto che ci siano.

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Molti repubblicani preferirebbero una mozione di censura. Se comunque Pence rispondesse picche, la Pelosi farebbe scattare subito la procedura di impeachment, con un voto atteso per metà settimana: la mozione è già stata firmata da 218 deputati dem, ossia la maggioranza semplice necessaria per approvare il provvedimento. Si fa largo poi l’ipotesi di inviare la trasmissione del capo di imputazione al Senato, e il relativo processo, dopo i primi 100 giorni dell’insediamento di Biden, per consentigli di incassare velocemente la conferma delle nomine di governo ed avviare la sua agenda.

Un’opzione contestata da alcuni giuristi conservatori, per i quali si può ‘impicciare’ solo un presidente in carica. In ogni caso al Senato sarebbero necessari i due terzi dei voti: all’appello mancano 17 repubblicani e finora solo un paio hanno invitato Trump a dimettersi.

 

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