E’ stata finalmente fatta luce su uno dei casi più bui in Irlanda.
Furono infatti novemila i bambini morti, tra il 1922 e il 1998, nelle case per ragazze madri, dove le mamme non sposate venivano di prassi separate dai loro piccoli; ma molti di più quelli che vissero in condizioni di abbandono, malnutrizione e malattie nelle case di accoglienza rette da ordini religiosi cattolici.
Lo ha rivelato un rapporto ufficiale pubblicato il 12 gennaio della commissione irlandese d’inchiesta sulle ‘case per mamma e bambino’ (Cimbh), che ha trovato “inquietanti” livelli di mortalità infantile negli istituti sovvenzionati dallo Stato, che hanno operato nella nazione a maggioranza cattolica fino al meno al 1988.
Studiando la situazione di questi istituti dal 1922 al 1998, la Cimbh ha determinato che vi sono morti 9mila bambini, vale a dire il 15% di coloro che vi sono stati ospitati. Le case, guidate da istituti religiosi e dallo Stato irlandese, ospitavano le donne incinta e non sposate, stigmatizzate dalla società e dalla famiglia stessa. I bambini che vi nascevano spesso venivano separati dalle loro mamme e dati in adozione.
Il premier irlandese, Micheal Martin, ha detto che il rapporto “apre una finestra su una cultura profondamente misogina in Irlanda in diversi decenni”. Martin, che porgerà le scuse ufficiali dello Stato davanti al Parlamento, ha poi sottolineato che la mortalità infantile “è una delle scoperte più dolorose” del rapporto. “Una dura verità in tutto questo”, ha aggiunto, “è che tutta la società ne era complice”.
La Cimbh denuncia che le donne erano “oggetto di trattamenti particolarmente duri” da parte dei familiari, una volta che rimanevano incinta fuori dal matrimonio ed entravano in istituto solo perché “non avevano alternativa”; qui, però, spesso vi trovavano scarse cure e abbandono in grado di causare anche al morte dei piccoli.