I media giapponesi hanno anticipato che il governo nipponico ha deciso di rilasciare nell’oceano l’acqua radioattiva contenuta nelle cisterne, impiegata per raffreddare i reattori danneggiati nella centrale di Fukushima.
Hanno spiegato che l’annuncio verrà reso noto martedì, nonostante la contrarietà dell’industria della pesca, oltre ai residenti e dei rappresentanti della agricoltura locale.
Disapprovazione è stata espressa a più riprese anche dai Paesi vicini, tra cui la Cina e la Corea del Sud.
Per raffreddare gli impianti danneggiati nella catastrofe del 2011, ogni giorno si aggiungono ai serbatoi circa 140 tonnellate di acqua contaminata – nella quale è presente il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno.
Nell’ area adiacente all’impianto sono già presenti più di 1.000 cisterne, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power (Tepco), entro l’estate del prossimo anno si raggiungerà la massima capacità consentita.
Il ministro del Commercio e dell’Industria, Hiroshi Kajiyama, ha riferito che il governo chiederà la cooperazione degli enti del settore a livello globale e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), oltre a discutere con le prefetture locali, per fornire un livello adeguato di sicurezza e garantire la trasparenza nel processo decisionale.
Nel febbraio dello scorso anno, durante una visita alla centrale, il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, aveva ammesso che il rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare.
Durante l’incidente del marzo 2011, innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il successivo tsunami, si è verificato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le successive emissioni di radiazioni.
Lo smantellamento della centrale, che comprende la rimozione dei detriti prodotti dal combustibile esausto, secondo le stime del governo, potrebbe durare fino al 2051.