Big Pharma: quei miliardi sulla pelle dei più poveri. Uno scandalo planetario

Si è detto: la pandemia come opportunità. Sì, opportunità dei più ricchi di diventarlo smisuratamente di più. Sulla pelle, e non è una metafora, di milioni e milioni di poveri.

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

22 Aprile 2021 - 15.39


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Si è detto: la pandemia come opportunità. Sì, opportunità dei più ricchi di diventarlo smisuratamente di più. Sulla pelle, e non è una metafora, di milioni e milioni di poveri. Nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici ricevuti per la produzione dei vaccini Covid, Pfizer, Johnson & Johnson e AstraZeneca nell’ultimo anno hanno corrisposto ai propri azionisti 26 miliardi di dollari tra dividendi e riacquisto delle proprie azioni. Una cifra sufficiente a vaccinare 1,3 miliardi di persone, vale a dire l’intera popolazione in Africa.

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È l’allarme lanciato da Oxfam e Emergency, membri della People’s Vaccine Alliance, in occasione delle assemblee degli azionisti di Pfizer e Johnson & Johnson in programma oggi, a cui seguiranno quelle di Moderna e AstraZeneca nelle prossime settimane. 

In concomitanza delle assemblee sono previste manifestazioni di protesta della società civile negli Stati Uniti e nel Regno Unito per spingere le aziende a cambiare rotta.

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La disuguaglianza di accesso ai vaccini e la cronica carenza di dosi spingeranno inoltre una parte degli stessi azionisti ad avanzare proposte per aumentare la produzione, nel quadro di un crescente movimento di pressione in tutto il mondo, che chiede a Big Pharma di rinunciare ai diritti di proprietà intellettuale sui brevetti, condividere le tecnologie e il know-how per produrre vaccini in ogni parte del mondo.

Quanto stanno guadagnando top manager e azionisti di Big Pharma

Mentre si rischia una catastrofe economica globale, con perdite stimate dall’International Chamber of Commerce fino a oltre 9.000 miliardi di dollari nel 2021, le fortune di top manager e azionisti delle aziende produttrici sono cresciuti a dismisura. Il fondatore di BioNTech, Ugur Sahin, ora detiene un patrimonio di 5,9 miliardi di dollari, mentre l’amministratore delegato di Moderna Stephane Bancel vale 5,2 miliardi e ha già incassato, dall’inizio della pandemia, oltre 142 milioni di dollari dalla vendita di parte delle azioni possedute.

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“Siamo di fronte alla più grave emergenza sanitaria della storia recente, che non può risolversi in un’opportunità di extra-profitti per pochi. Non dovremmo lasciare all’industria farmaceutica il potere di decidere chi deve vivere o morire. Tutto questo è semplicemente ingiusto e deplorevoledenunciano Sara Albiani, responsabile salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, Presidente di Emergency – L’attuale disuguaglianza di acceso ai vaccini Covid, non è altro che il risultato della miope visione degli stati che hanno stipulato i contratti di fornitura con le aziende farmaceutiche, senza considerare che soltanto vaccinando anche la popolazione nei paesi in via di sviluppo e non solo nei paesi ricchi, si potrà davvero sconfiggere la pandemia”.

Nei paesi ricchi è stata vaccinata 1 persona su 4, nei paesi poveri appena 1 su 500

Mentre le aziende che possono produrre i vaccini Covid restano una manciata in tutto il mondo, ad oggi nei paesi ricchi in media 1 persona su 4 è stata vaccinata, mentre nei paesi poveri appena 1 su 500. La diffusione del virus resta di fatto fuori controllo e il numero di vittime continua ad aumentare, mentre gli epidemiologi – secondo una ricerca pubblicata dalla Pva – prevedono che le mutazioni potrebbero rendere inefficaci gli attuali vaccini in meno di un anno.

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Un crescente movimento di pressione a livello globale per rendere i vaccini un bene pubblico

La scorsa settimana 175 tra Premi Nobel ed ex capi di Stato e di Governo hanno inviato una lettera aperta al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, invitandolo a sostenere la proposta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale, con l’obiettivo di consentirne l’accesso in tutto il mondo e poter così fermare la pandemia. Un appello a cui si sono unite 1 milione e mezzo di persone in tutto il mondo.

Più di 100 paesi a basso e medio reddito, sulla spinta dell’iniziativa di India e Sud Africa, stanno chiedendo all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) una sospensione della proprietà intellettuale sui vaccini anti Covid-19 fino a quando l’emergenza pandemia non sarà superata. Ebbene la proposta è osteggiata attualmente da Stati Uniti, Ue e altre nazioni ricche, anche se l’amministrazione Biden ha mostrato delle aperture, stando all’intervento di Katherine Tai,  rappresentante per il commercio degli Stati Uniti, all’ultima conferenza virtuale dell’OMC: “Ancora una volta il mercato ha mancato di rispettare il diritto alla salute nei paesi in via di sviluppo”.

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A Big Pharma 88 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici

Moderna, Pfizer/BioNtech, Johnson & Johnson, Novovax e Oxford/AstraZeneca hanno ricevuto 12 miliardi di fondi pubblici e garanzie di preacquisto solo dal governo americano; gli investimenti pubblici totali per lo sviluppo dei vaccini ammontano a 88 miliardi di dollari. Queste case farmaceutiche hanno inoltre potuto usufruire dei risultati di ricerca e sviluppo, ottenuti con soldi pubblici: uno studio delle Universities Allied for Essential Medicines mostra che solo il 3% dei costi in R&S per il vaccino Oxford/AstraZeneca è stato finanziato da privati.

“I vaccini anti Covid sono oggi disponibili anche grazie alle risorse pubbliche, ma per porre fine alla pandemia c’è un disperato bisogno di un numero tale di dosi da soddisfare la domanda globale. – continuano Albiani e Miccio – È un fallimento morale che i leader dei paesi ricchi consentano a un pugno di grandi corporation di tenere in cassaforte brevetti, tecnologie, know-how e vendere un numero insufficiente di dosi al miglior offerente.”

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I vaccini Pfizer e Moderna hanno un costo di produzione di meno di 2 dollari, ma vengono venduti a più di 70 dollari a ciclo

I vaccini Moderna e Pfizer/BioNTech – entrambi a mRNA – potrebbero essere 2 dei 3 prodotti farmaceutici più venduti al mondo, con una previsione di ricavi di 33,5 miliardi di dollari nel 2021. Sono anche i più cari, con un prezzo che va dai 13,50 ai 74 dollari a ciclo, che entrambe le aziende hanno intenzione di aumentare. In risposta a una richiesta degli azionisti, Pfizer ha sostenuto che il prezzo per un vaccino è normalmente tra i 150 e i 170 dollari, eppure uno studio dell’Imperial College di Londra mostra che il costo di produzione dei vaccini a mRNA è tra i 60 centesimi e i 2 dollari a dose.

Moderna e Pfizer hanno inoltre venduto la stragrande maggioranza dei loro vaccini alle nazioni ricche: il 97% la prima e l’85% la seconda. Con un vaccino sviluppato insieme a National Institutes of Health del Governo americano, Moderna farà profitti per 5 miliardi di dollari nel 2021.

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Tutte le maggiori case farmaceutiche si oppongono decisamente alla condivisione della tecnologia e alla sospensione della proprietà intellettuale. L’amministratore delegato di Pfizer di fronte al tentativo dell’Omc di mettere altre aziende nelle condizioni di produrre il vaccino, ha detto che è un nonsense, forse anche pericoloso. Ebbene, la logica del profitto non può prevalere sulla salute dell’umanità: è necessario – sottolineano le due organizzazioni – mettere in campo azioni politiche che permettano a tutti di risollevarsi dalla drammatica crisi sanitaria, economica e sociale che stiamo vivendo. 

Un appello, una battaglia di civiltà

Tra i sottoscrittori ci sono l’ex primo ministro inglese Gordon Brown, l’ex presidente francese Francois Hollande, l’ex presidente dell’URSS Mikhail Gorbaciov e Yves Leterme, ex primo ministro belga. Tra le firme anche gli ex presidenti del Consiglio italiani Romano Prodi e Mario Monti. A spendersi per la sospensione delle licenze sono anche i premi Nobel Joseph Stiglitz, Francoise Barre-Sinoussi e Muhammad Yunus.

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Nel testo si invitano gli Stati Uniti ad intraprendere “un’azione urgente” per sospendere i diritti di proprietà intellettuale per i vaccini Covid-19 per contribuire ad aumentare le vaccinazioni a livello globale. Una misura simile è stata proposta all’Organizzazione mondiale del commercio da India e Sud Africa in rappresentanza di 60 paesi ma è stata respinta con voto contrario di quasi tutti i paesi occidentali, Italia compresa. Una misura di questo tipo avrebbe riflessi sui profitti delle case farmaceutiche che producono il farmaco. Alcune, come AstraZeneca hanno affermato di non avere intenzione di guadagnare sui vaccini finché la pandemia è in corso. Altre, a cominciare da Pfizer che ha già messo a bilancio profitti aggiuntivi per 15 miliardi di dollari, seguono una linea opposta. Linea che cozza con gli ingenti finanziamenti pubblici che queste aziende hanno ricevuto nelle fasi iniziali, e più rischiose, della messa a punto del vaccino.

Se passasse la sospensione dei brevetti i paesi in via di sviluppo potrebbero produrre autonomamente copie dei vaccini senza timore di essere citati in giudizio per violazioni della proprietà intellettuale. “Una rinuncia ai diritti è un passo fondamentale e necessario per porre fine a questa pandemia. Deve essere combinato con la garanzia che il know-how e la tecnologia sui vaccini siano condivisi apertamente ”, hanno scritto i firmatari. Aggiungono che una deroga unita ad altre misure “amplierebbe la capacità di produzione globale, non ostacolata dai monopoli industriali che sono causa della terribile carenza di approvvigionamenti che frena l’accesso ai vaccini”. I firmatari aggiungono che l’accesso iniquo ai vaccini avrebbe un impatto sull’economia globale che pregiudicherebbe la ripresa. Un avviso peraltro insistentemente ripetuto anche dal Fondo monetario internazionale. “Il mondo ha visto uno sviluppo senza precedenti di vaccini sicuri ed efficaci, in gran parte grazie agli investimenti pubblici statunitensi”, si legge nella lettera. “Eppure per la maggior parte del mondo l’accesso al vaccino è ancora una lontana speranza. Nuove ondate di sofferenza stanno sorgendo in tutto il mondo. La nostra economia globale non può ricostruirsi se rimane vulnerabile a questo virus “.

Interpellato dal Financial Times il premio Nobel Stiglitz ha ricordato come la sospensione dei brevetti per ragioni di emergenza sia un’opzione già contemplata dai trattati ma che i paesi raramente vi fanno ricorso senza accordi per timori di ritorsioni. L’economista ha sottolineato anche il ruolo dei fondi pubblici nello sviluppo del vaccino e come le aziende farmaceutiche abbiano già incassato ingenti guadagni sulle fiale.

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