Gli occhi e le orecchie di gran parte del mondo si sono spostati sull’agitato clima politico dell’Iran, dato che sul Paese si avvicinano sempre di più le elezioni presidenziali, previste per il 18 giugno prossimo.
Mentre molti in Occidente percepiscono la politica iraniana come una rappresentazione monolitica dell’estremismo e dell’Islam militante, in realtà la verità è molto più complessa.
Dai primi giorni della Rivoluzione si sono sviluppate gravi tensioni tra i cosiddetti “Principalisti Iraniani”, spesso noti come gli appartenenti all’ala più conservativa della politica post-rivoluzionaria iraniana, e un campo invece molto più pragmatico di esponenti politici.
Nulla evidenzia questa realtà più della gamma di candidati alla presidenza presenti sulla lista dei sondaggi di giugno: vi sono infatti diversi interessanti aspiranti presidenti attualmente impegnati nella campagna elettorale, tra cui il Ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, figura ben nota all’Occidente, il Presidente del Parlamento Mohammad Ghalibaf, ufficiale di lungo corso nell’ IRGC (ossia il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane) che guidò l’aeronautica Militare fino alla fine degli anni Novanta prima di buttarsi in politica, e l’ex generale dell’ IRGC Moshen Rezaee, eminente parlamentare nonché Segretario di regime del Consiglio per il Discernimento dell’Interesse del Sistema.
Per molti osservatori (e governi) in Occidente, la scelta più ovvia ricade sull’ex Ministro deli Esteri Zarif, a lungo associato al Piano d’Azione Congiunto Globale dell’era Obama o, come è più communente conosciuto, l’accordo nucleare iraniano. Tale accordo, siglato nel 2015, è ampiamente percepito dagli Stati europei come una grande vittoria diplomatica, e dovrebbe essere ripristinato, sulla scia della decisione di Donald Trump di bocciare l’accordo nel 2018.
Anche se Zarif deve ancora rendere ufficiale la sua candidatura, ha già raccolto un discreto quantitativo di capitale politico. Nel corso degli anni, l’ex Ministro degli Esteri ha costruito con cura la propria immagine di diplomatico pragmatico, con le necessarie abilità ed esperienza per catturare l’attenzione dell’Occidente e di ampia parte della comunità internazionale.
Questa figura del Ministro degli Esteri è stata accentuata ulteriormente grazie ad un audio trapelato, nel quale è contenuta un’intervista a Zarif di un giornalista iraniano. Nella conversazione, Zarif si sarebbe lamentato del fatto che l’IRGC e altri esponenti radicali influenti affiliati al Corpo avrebbero usurpato quasi tutto il potere nel determinare la politica estera.
Mentre Zarif da quel momento si è scusato pubblicamente per le affermazioni fatte durante quell’intervista, in molti affermano che probabilmente l’anziano Ministro avrebbe ì fatto trapelare l’audio di proposito, nel tentativo di rendere note all’opinione pubblica le sue posizioni più moderate proprio nel momento cruciale della stagione elettorale.
Nonostante sia una scelta praticabile per quanto riguarda l’Europa, le possibilità di Zarif di essere eletto sono, a quanto pare, piuttosto basse, a causa del fatto che semplicemente non ha molto sostegno pubblico. Inoltre, il suo rapporto tutt’altro che facile con il Leader Supremo Ali Khamenei (reso chiaro dal rimprovero pubblico che Zarif ha recentemente ricevuto dall’Ayatollah stesso), riduce praticamente a zero le possibilità di vittoria del Ministro degli Esteri.
L’unico candidato che sembra essere molto più che una semplice opzione praticabile per gli elettori è Rezaee, un uomo con un curriculum politico piuttosto unico.
Da un lato, Rezaee è saldamente ancorato al campo conservatore. Per decenni è stato uno stretto membro del regime, incarnando, come è noto in Iran, la “Generazione della Rivoluzione”, credendo e rappresentando i valori e la visione della Rivoluzione stessa.
Dall’altro, Rezaee è noto da tempo per il suo approccio pragmatico. Mentre prestava servizio come Comandante nella guerra tra Iran e Iraq ha sostenuto la causa della diplomazia per risolvere il conflitto, inimicandosi così i radicali dell’IRGC, i quali credevano che l’unica via legittima fosse il conflitto attivo.
Rezaee ha ripetutamente evitato i politici più intransigenti nel corso degli anni, come ha fatto durante l’amministrazione del presidente Mahmoud Ahmadinejad nei primi Anni 2000. Più di recente, Rezaee ha assunto una posizione più pragmatica nel risolvere l’accordo nucleare con gli Stati Uniti e l’Europa, evitando la direzione di molti dei suoi colleghi, i quali a detta dello stesso Rezaee sembrano essere corrotti da considerazioni ideologiche. Rezaee ha dichiarato esplicitamente che, a suo avviso, l’Iran deve essere guidato dal principio del progresso misurato con l’Occidente.
Per quanto riguarda i legami a lungo termine con la Comunità Europea, Rezaee è fermamente convinto che l’Iran debba lavorare per consolidare rapporti di lavoro e le collaborazioni di mutuo beneficio. Nel suo annuncio recente che ha reso formale la sua candidatura, Rezaee ha affermato che “L’Iran persegue l’instaurazione, la stabilità e il consolidamento dei successi e la crescita degli orizzonti di progresso e indipendenza del Paese, oltre che il diritto e la giustizia”.
Importante da notare è l’apparente capacità di Rezaee di ottenere la collaborazione dei vertici del regime, incluso il Leader Supremo. In qualità di capo del Consiglio per il Discernimento dell’Interesse del Sistema, Rezaee è responsabile dell’elaborazione delle politiche per diretta approvazione di Khamenei. Quando Rezaee parla di impegnarsi con la UE, e più in generale con la comunità internazionale, quasi certamente lo sta facendo con la benedizione dell’Ayatollah.
Le elezioni del mese prossimo si svolgeranno nel mezzo di un punto critico per il regime iraniano. Esse hanno il potenziale per portare un vero cambiamento per il popolo iraniano. Dopo anni di prolungate tensioni con la Repubblica Islamica, candidati come Rezaee rappresentano la migliore opzione per un progresso reale e sostenuto con il regime iraniano.