Generazione perduta: l'odissea dei minorenni migranti senza accompagno e la "roulette" dei diciottenni

Per la gran parte dei ragazzi in ogni parte del mondo diventare maggiorenni significa festa. Non è così per i minori arrivati in Europa per i quali il compimento del diciottesimo anno è solo fonte di ansia.

Bambini migranti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Giugno 2021 - 15.37


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Una generazione perduta. Colpevolmente perduta. E’ la generazione dei minori non accompagnati in Europa una volta diventati maggiorenni.

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 Per la gran parte dei ragazzi in ogni parte del mondo diventare maggiorenni significa festa, indipendenza, cambiamento. Non è così per i minori non accompagnati arrivati in Europa per i quali il compimento del diciottesimo anno è solo fonte di ansia. Per dirla con A., 20 anni, fuggito dall’Eritrea e oggi residente in Olanda: Entrare nell’età adulta non è per noi una transizione ma la fine di tutto il sistema di supporto e protezione su cui possiamo fare affidamento”. Una situazione fatta di perenne incertezza e ostacoli da affrontare, con cui, presto o tardi, devono confrontarsi migliaia di minori migranti non accompagnati arrivati in Europa. Anche se i flussi si sono ridotti negli ultimi anni, ad oggi sono 6.633 quelli accolti in Italia, e paesi come la Francia, ne contano più di 30.000. Si tratta di ragazzi che spesso hanno alle spalle esperienze terribili. Basti pensare a quanto successo negli ultimi mesi nei Balcani e al confine orientale italiano, dove molti minorenni soli sono stati respinti dalle polizie di frontiera e costretti a un viaggio a ritroso verso la Bosnia. A quanto avviene sulle isole greche, dove centinaia di minori senza famiglia sono bloccati da mesi in campi profughi senza accesso a servizi e istruzione. E non ultima, alla situazione delle nostre coste, dove, negli ultimi 5 mesi sono sbarcati oltre 2.600 ragazzi soli.

È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, Greek Council for Refugees, Dutch Council for Refugees, Acli Francia in nuovo rapporto che denuncia i rischi che comporta compiere 18 anni per i minori arrivati soli in Europa, nella fase in cui dovrebbero invece progettare il loro futuro nei paesi di accoglienza.

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Per tanti neo-maggiorenni sparisce ogni rete di protezione

Dal report emerge chiaramente che nessuno dei 5 paesi presi in esame – Francia, Grecia, Paesi Bassi, Irlanda e Italia – ha adottato politiche sistemiche in grado sostenere i giovani migranti nel loro percorso di integrazione.

 “Uno dei capisaldi della legislazione europea è la protezione dei minori a prescindere dal loro status legale, grazie al quale si garantisce una difesa dal rischio di sfruttamento, abusi, abbandono. – rimarca Giulia Capitani, policy advisor di Oxfam Italia su migrazione asilo – Diventare maggiorenni non vuol dire che questi rischi scompaiano dall’oggi al domani. A sparire improvvisamente è ogni forma di protezione, con ragazzi che rischiano in molti casi di ritrovarsi per strada senza nessuno a cui rivolgersi.”

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 La norma prevede che i minori rifugiati arrivati in Europa siano ospitati in strutture adeguate e affidati a tutori per tutte le questioni amministrative e legali. L’accesso a strutture di accoglienza per i neo-maggiorenni varia però da Paese a Paese: in Irlanda vengono trasferiti in alloggi per adulti caratterizzati da standard molto bassi, in Grecia possono finire in uno dei campi profughi o per strada, in Italia ci sono diverse opzioni ma anche il rischio, più che concreto, di essere messi semplicemente alla porta. “A 18 anni non diventi improvvisamente adulto – racconta L. 25 anni – in Irlanda dove vivo, molti ragazzi a quell’età vivono ancora in famiglia.”

 La sfida di mantenere il permesso di soggiorno nei meandri della burocrazia italiana ed europea

Altro muro da affrontare è la burocrazia labirintica in cui questi ragazzi sono costretti a muoversi. Questo sembra valere un po’ ovunque nei paesi considerati, ma è l’Italia a meritare un’analisi a sé stante, proprio a partire a dalla sfida che un diciottenne migrante deve affrontare per ottenere il permesso di soggiorno.

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Una delle difficoltà più serie per i ragazzi neomaggiorenni in Italia, riguarda l’ottenimento di un permesso di soggiorno: a 18 anni il diritto di non essere espulsi decade ed è necessario ottenere un documento che garantisca il diritto a restare.  Chi ha fatto richiesta di asilo e diventa maggiorenne mentre è ancora in attesa dell’esito può trovarsi in enorme difficoltà, qualora la sua domanda venga rigettata. A quel punto è infatti preclusa la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno di altro tipo, ad esempio per studio o lavoro, e il rischio di cadere nell’irregolarità è altissimo. Anche per chi ha ottenuto un permesso di soggiorno per minore età, la strada è tutt’altro che in discesa. Diventati maggiorenni, i titolari di questo permesso di soggiorno devono dimostrare il possesso di specifici requisiti per ottenerne la modifica, cioè la conversione in permesso per studio, lavoro o attesa occupazione, e poter quindi restare in Italia regolarmente.

“I ragazzi si ritrovano di fronte a procedure farraginose, che non sono in grado di affrontare da soli e che non tengono conto delle loro reali esigenze o delle effettive possibilità che i territori offrono. Esponendoli al rischio di perdere il diritto a restare regolarmente in Italia”, aggiunge Capitani.

Gli ostacoli per la ricerca di un lavoro e di una casa

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Trovare lavoro è infatti complesso per questi giovani, che appena arrivati in Italia devono concentrarsi sull’apprendimento della lingua, e che spesso quindi ritardano l’inizio di percorsi formativi o tirocini che sono, di fatto, l’unico canale per poter essere assunti. La ricerca di una casa è un altro grande problema. Sembrano funzionare le esperienze di “semi-autonomia”, dove ragazzi neomaggiorenni vivono insieme con il sostegno di un peer educator, ma negli altri casi perdere il diritto all’accoglienza è fonte d’ansia, visto anche il carattere fortemente discriminatorio del mercato immobiliare e la necessità di pagarsi un affitto a fronte di lavori spesso saltuari.

L’appello all’Italia e all’Ue per un deciso cambio di passo

“Al Governo italiano chiediamo di affrontare in modo più organico il passaggio dei minori non accompagnati all’età adulta, garantendo il coordinamento di tutti gli attori coinvolti. – conclude Capitani – E di promuovere in particolare il ruolo dei tutori volontari, previsto dalla Legge Zampa, e dei tutori sociali dopo il compimento della maggiore età. All’Europa, di spingere gli Stati Membri verso politiche strutturate e di mettere a disposizione più fondi per l’integrazione.”

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I più indifesi tra gli indifesi

Lampedusa e Ventimiglia rappresentano le due frontiere opposte di un sistema di accoglienza e protezione per minorenni – non accompagnati o con i loro familiari – in cui si registrano ancora evidenti sfide.

Lo rendono noto Unicef, Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia, e Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, che da dicembre 2020 uniscono le proprie forze per dare una risposta immediata ai bisogni essenziali di bambini e adolescenti, delle loro famiglie e delle donne sole in arrivo e in transito.

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Tra dicembre e marzo a Ventimiglia sono stati assistiti 72 nuclei familiari con 116 bambini a carico e raggiunti oltre 169 minori non accompagnati, tra cui 6 ragazze, Lampedusa 59 famiglie con 130 bambini, di cui 52 bambine, 181 donne e 404 minori stranieri non accompagnati, di cui almeno 33 ragazze.

Le giovani sono esposte a rischi specifici, viene sottolineato nel comunicato, in quanto non sempre identificate come minori da parte delle autorità predisposte e per la difficoltà nell’accesso a informazioni e servizi dedicati. Questo a causa delle particolari modalità con cui le minori viaggiano, spesso aggregandosi a famiglie o accompagnatori adulti e in virtù del fatto che molte non dichiarano la loro minore età, anche perché obbligate, o vittime di tratta.

 Ogni minore dovrebbe avere diritto alla protezione e a vivere le sfide tipiche della sua età – sottolinea Anna Riatti, Coordinatrice della risposta in Italia per l’Ufficio Regionale Unicef per l’Europa e l’Asia centrale – ragazze e ragazzi rifugiati e migranti vivono invece soli una triplice transizione: dal Paese d’origine al Paese d’arrivo, il superamento del trauma, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Questa situazione aumenta inoltre l’esposizione al rischio di violenza e sfruttamento, in particolare per le ragazze. Abbiamo il dovere di supportare i minori rifugiati e migranti e di offrire soluzioni sicure, soprattutto in questo periodo di pandemia”. 

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“Il nostro Paese e l’Europa tutta – aggiunge Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-UE di Save the Children – devono garantire ai bambini, alle bambine e agli adolescenti una rete di accoglienza e di protezione adeguata e rispettosa dei loro diritti fondamentali. Un’attenzione particolare va rivolta ai minorenni, ragazzi e ragazze, che giungono in Italia da soli, senza familiari adulti di riferimento, i quali necessitano di essere accompagnati nel loro percorso di crescita, così come previsto dalla legge 47/2017, una legge che occorre attuare pienamente. In questo difficile tempo di emergenza sanitaria è ancor più indispensabile rafforzare la rete di collaborazione tra istituzioni e organizzazioni della società civile per raggiungere questo obiettivo”.

Lampedusa continua ad essere uno dei principali punti di arrivo e resta uno dei luoghi di prima accoglienza. E’ al centro delle operazioni di soccorso e salvataggio nel Mediterraneo Centrale. Ciclicamente l’hotspot ospita molte più persone di quanto la struttura sia capace di accogliere e le procedure di prevenzione del contagio da Covid-19 hanno reso ancora più complessa la capacità di poter identificare i soggetti più vulnerabili e bisognosi di attenzione specifica. Di fatto, non sempre sono garantiti spazi dedicati a minori soli, famiglie con bambini e donne.

A Ventimiglia la situazione appare ancora drammatica. Secondo dati raccolti dal team di Save the Children attivo sul posto, circa 200 minorenni soli hanno oltrepassato la frontiera nel 2020. Sono bambini e adolescenti senza figure di riferimento, che affrontano pericolosi viaggi in mare per raggiungere un porto sicuro o che attraversano la rotta balcanica, tentando di raggiungere i Paesi del Nord Europa, spesso per ricongiungersi con i propri familiari, senza la possibilità di un pasto caldo o di un tetto sopra la testa, senza assistenza sanitaria, esposti al rischio di sfruttamento e violenza.

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Dopo la chiusura del Campo Roja a luglio 2020 a Ventimiglia, si sono ulteriormente ridotti fino a quasi scomparire i servizi di assistenza e accoglienza per bambini, adolescenti e famiglie. Tanti minori dichiarano inoltre di essere respinti alla frontiera con la Francia e rinviati in Italia, vedendo così rifiutato il diritto alla protezione per minore età.

 Una generazione perduta. Una vergogna per l’Europa.

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