Varsavia dichiara lo "stato di emergenza" per bloccare ai confini i rifugiati afghani

Tensione con la Bielorussia: la misura per frenare i tentativi di accesso da parte dei migranti respinti dalla Polonia. La denuncia delle organizzazioni umanitarie

Tensione al confine tra Polonia e Bielorussia
Tensione al confine tra Polonia e Bielorussia
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5 Settembre 2021 - 17.36


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Una brutta pagina che la dice lunga: la Polonia ha dichiarato lo “stato di emergenza” nei territori di confine con la Bielorussia a causa della crisi migratoria in atto. A firmare il decreto giovedì 2 settembre è stato il presidente polacco, Andrzej Duda, dopo che già da alcuni giorni – la notizia è iniziata a circolare il 31 agosto – il premier Mateusz Morawiecki aveva chiesto l’introduzione della misura per frenare i tentativi di accesso da parte dei migranti respinti dalla Polonia. Tra questi ci sono anche 32 persone – di cui alcuni minori -, per la maggior parte provenienti dall’Afghanistan, bloccati da più di 25 giorni nell’area boschiva di Usnarz Górny.

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“La situazione al confine con la Bielorussia è difficile e pericolosa”, ha detto il portavoce presidenziale Blazej Spychalski durante la conferenza stampa che annunciava la dichiarazione dello stato di emergenza nelle stesse aree in cui da fine agosto la Polonia sta facendo costruire un muro di filo spinato per impedire l’ingresso nel territorio. A riferire la notizia è stata l’agenzia di stampa russa RIA Novosti: la nuova misura entrerà in vigore a seguito della pubblicazione ufficiale del documento, avrà una durata di almeno 30 giorni e interesserà – ha anticipato il ministro degli interni Mariusz Kaminski – 115 insediamenti nella regione di Podlaskiee e 68 in quella di Lubelskie. 

Il caso dei 32 migranti dall’Afghanistan – “Le autorità polacche stanno cercando di sfruttare cinicamente lo stato di emergenza per colpire i richiedenti asilo e coloro che li sostengono” ha denunciato Amnesty Polonia in un post. Come questa, molte altre realtà impegnate nella difesa dei diritti dei migranti stanno rivolgendo numerosi appelli al Paese affinché offra protezione ai richiedenti asilo, alcuni di loro in condizioni igienico-sanitarie precarie.  È questo il caso delle 32 persone, molte delle quali provenienti in Afghanistan, bloccate nel distretto di Usnarz Górny. Gli attivisti che si erano accampati nell’area per prestare aiuto ai migranti sono stati ora costretti, in conseguenza dell’introduzione dello stato di emergenza, ad abbandonare il luogo. Le stesse limitazioni sono state imposte ai giornalisti: sono vietate inoltre le registrazioni e i reportage.

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La posizione del governo polacco e la strategia bielorussa – Secondo Varsavia, il confine polacco – e quindi europeo – è minacciato dai continui tentativi di passaggi illegali di frontiera. Un flusso ulteriormente incrementato dalla crisi afghana successiva alla presa di Kabul da parte dei talebani. Solo nell’ultimo mese – riporta Euronews – ci sono stati, stando ai dati raccolti dal autorità polacche,  più di 3.500 tentativi e attraversamenti effettivi. A causare il peggioramento della situazione sarebbero secondo Varsavia le politiche migratorie messe in atto dalla vicina Bielorussia. Nello specifico il presidente Alexander Lukashenko è accusato di spingere i migranti irregolari presenti all’interno dei confini bielorussi verso i paesi europei vicini come atto di ritorsione in seguito alle sanzioni imposte dall’Ue al Paese lo scorso 21 giugno per le violazioni dei diritti umani commesse.

Trenta giorni di buio – Come stanno denunciando le associazioni di attivisti impegnate nelle aree interessate dalla recente misura, lo stato di emergenza renderà impossibile ogni attività di controllo e denuncia su quei territori. Sarà imposto un divieto di assembramenti e manifestazioni, di registrazione di luoghi, persone e oggetti non autorizzati. Sarà anche vietato sostare in luoghi e orari non autorizzati, con l’obbligo per le persone di portare con sé documenti di identità. 

Gli appelli degli attivisti – “Ci mancano le parole per descrivere la meschinità delle autorità polacche e la vergogna di questa decisione. Ma abbiamo dovuto trovare le parole per dire alle persone per cui stiamo combattendo che ora dobbiamo lasciarle. Abbiamo anche detto che non smetteremo di lottare per loro. Perché non ci fermeremo, scrive l’associazione umanitaria Fundacja Ocalenie che ha seguito la vicenda sul posto da subito.

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