A Leopoli, ultima città dell’Ucraina occidentale prima del confine con la Polonia e l’Unione Europea, i ragazzi delle scuole vengono radunati nei cortili e fatti esercitare a recarsi il più velocemente possibile nei rifugi antiaerei. Nel caso di allarme bomba, bisogna muoversi veloci e compatti, come spiega padre Andriy Bodnar, vicario dei salesiani: “”Solo negli ultimi due mesi sono arrivate cinque segnalazioni telefoniche e via email per creare il panico negli istituti scolastici, nei centri commerciali o in altri luoghi di ritrovo”.
Degli allarmi-bomba parla anche don Yurij Smakous, direttore di un’altra scuola di Leopoli, di proprietà comunale ma coordinata da religiosi. “Le chiamate arrivano dalle zone del Donbass che dal 2014 sono controllate dai separatisti sostenuti dalla Russia” dice. “Anche se finora per fortuna si è trattato sempre di falsi allarmi, il sistema scolastico ne resta comunque scosso, perché controllare gli istituti fa perdere giornate intere di lezioni”.
“Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine” racconta uno dei ragazzi. “A volte siamo pure contenti che saltino le interrogazioni”. Gli allarmi-bomba sono divenuti più frequenti in queste settimane, in coincidenza con le esercitazioni militari della Russia a ridosso del confine con l’Ucraina e le denunce dei Paesi della Nato del rischio che Mosca ordini un’invasione.
Andriy Sadovyi, sindaco di Leopoli, incontrando alcuni giornalisti nel palazzo del Comune, nella duecentesca piazza del Mercato, ha dichiarato: “Oggi questa è una delle città più sicure, come indica il fatto che nei giorni scorsi Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi abbiamo deciso di spostare qui le loro ambasciate” sottolinea. “Il nostro modello di questi tempi è Israele, che continua a svilupparsi pur essendo circondato da vicini con i quale vive in uno stato di tensione”.
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