“Non ho mai visto tanti morti come a Bucha, e l’orrore non è finito”: a dirlo sulle pagine del Corriere della Sera è Rodrigo Abd, fotoreporter dell’Associated Press, il primo a essere entrato nella città della strage a Bucha insieme al collega Vadim Garda. Sui sopravvissuti, Abd racconta:
“Tutti quelli che sono vivi ora sono stati chiusi in cantina per un mese, nascosti o prigionieri, e sono sopravvissuti. Vogliono tutti parlare, raccontare, parlano con tutti quelli che vedono per strada, qualcuno piange come una fontana, qualcuno non piange nemmeno. Ieri ho visitato un appartamento dove i russi avevano un quartier generale: oggi cucinavano all’aperto, per chi c’era, raccontavano di essere stati per un mese in cantina, senza elettricità né acqua. Ci sono ancora molte cantine che non sono state aperte, più ne apriremo più, ho la sensazione, vedremo orrori. Ci sono molti altri morti, molte altre fosse comuni. Molte altre Bucha”.
Nell’Ucraina, piegata dalla guerra e dalla morte, l’odore viene descritto dal fotografo come “disgustoso. A Irpin camminavo con un amico. Non andare da quella parte, mi hanno detto. C’è un cadavere in mezzo alla strada. Non me n’ero accorto. Quell’odore mi è penetrato nelle narici e non se ne va. Lo descriverei come una cosa che ti penetra e ti resta dentro per molto tempo, che senti a isolati di distanza. E ti inquieta sempre. Cammini tra i morti tutto il giorno. È molto triste”.
Abd sottolinea come il dolore colpisca anche le famiglie russe, che vedono i loro figli mandati al fronte: “Vedo soldati russi decapitati, dall’aspetto di bambini, o in decomposizione vicino ai loro carri. Mi sforzo sempre di pensare che le guerre facciano parte del passato, ma non succede mai”.