Un tempo, neanche troppo lontano, quando ancora esisteva una sinistra, politica e sociale, che aveva contezza di sé, si parlava di “sapere operaio”. Un sapere che nasceva dalle lotte di fabbrica, che andava ben oltre l’orizzonte “salarista”. Non è ideologia è una verità storica, documentata e documentabile.
Sapere pacifista
Oggi esiste un sapere alto, nobile, che unisce idealità e concretezza. Il sapere pacifista.
Di questo sapere Giorgio Beretta e Francesco Vignarca sono due punti di forza. E con loro il prezioso Osservatorio Diritti.
Agli strateghi della domenica, all’informazione (si fa per dire) in mimetica, il sapere pacifista risponde con analisi, report, di spessore superiore.
Come questo, produzione Giorgio Beretta, qualità garantita: “Quello che vediamo all’opera in Ucraina è anche l’ennesimo braccio di ferro tra i complessi militari-industriali di Stati Uniti, Russia e dei Paesi della Nato. Come ha spiegato Francesco Vignarca dell’Osservatorio Milex, «dietro alle scelte di Putin delle ultime settimane ci sono i ritorni economici per il complesso militare-industriale russo, controllato dallo Stato».Il principale produttore di armi russo è il conglomerato Almaz-Antey (figlio di “risistemazioni” volute da Putin), che si colloca nella Top 20 delle maggiori compagnie di produzione militare al mondo, come si vede dai dati elaborati dal Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace) di Stoccolma.Il Rosoboronexport, controllato dallo Stato, è unico intermediario per import-export di materiali e servizi per la difesa e «dal 2021 – spiega Vignarca – Putin ha iniziato a spingere sull’export di armi».
L’Unione europea vende armi a Ucraina e Russia
Lo stesso avviene, come noto, anche negli Stati Uniti, ma anche nei Paesi europei le cui aziende militari non disdegnano di fare affari sia con la Russia, sia con l’Ucraina. I dati ufficiali delle Relazioni annuali al Parlamento europeo riportano, infatti, che dal 1998 al 2020 sono state autorizzate esportazioni di materiali militari dai Paesi Ue all’Ucraina per quasi 509 milioni di euro e consegnati 344 milioni (con una crescita negli ultimi anni), mentre alla Federazione Russa ne sono stati autorizzati per ben 1,9 miliardi di euro e consegnati per 744 milioni di euro.
Guerra Ucraina: le esportazioni militari dell’Italia alla Russia
Anche l’Italia ha fatto la sua parte. Se le esportazioni di materiali militari italiani verso l’Ucraina sono poche e limitate al 2014 (circa 6,5 milioni di euro), molto più consistenti sono quelle per “armi comuni” e soprattutto fucili, tra cui fucili semiautomatici che però possono essere stati destinati anche a corpi di polizia e enti governativi: dal 2015 hanno registrato una costante crescita passando da 84.278 euro nel 2015 a 1.899.652 euro nel 2016, 2.987.203 euro nel 2017, 2.979.610 euro nel 2018, 2.990.463 euro nel 2019 fino a 3.489.224 nel 2020 e oltre 3.880.431 euro nel 2021.
Ma ancor più consistenti sono le esportazioni militari verso la Russia. Dopo il record di autorizzazioni rilasciato nel 2011 dal governo Berlusconi(106.070.470 euro), spicca la consistente autorizzazione alla Russia del 2015 concessa dal governo Renzi, con Gentiloni agli Esteri, (25.708.470) nonostante fosse in vigore l’embargo di armamenti deciso a livello europeo il 31 luglio del 2014 per il coinvolgimento russo nel conflitto in Ucraina: si tratta di 94 veicoli blindati Iveco modello M65E19WM 4×4, meglio conosciuti in Russia come Lynx, di cui 83 sono stati consegnati nello stesso anno.
Negli ultimi anni non sono state concesse licenze di esportazione di armamenti dall’Italia alla Russia. Ma i dati del commercio estero dell’Istat segnalano per il 2021 una ripresa: tra i 21.942.271 euro di “armi e munizioni” già consegnate tra gennaio e novembre del 2021, oltre a “armi comuni” come fucili (13.742.231 euro), pistole (151.074 euro), munizioni (4.093.689 euro) e accessori (837.170 euro), figurano 3.118.107 di euro di armi e munizioni destinate a corpi di polizia o enti governativi russi. A dimostrazione che l’Italia riesce sempre ad addomesticare embarghi e sanzioni.
Guerra Ucraina: motivi da cercare nella dottrina delle “sfere di influenza”
Quella dell’Ucraina è solo l’ultima di una lunga serie di crisi e conflitti che negli anni recenti hanno dilaniato, e continuano a dilaniare, le popolazioni del mondo. Conflitti in cui le due potenze, Stati Uniti (con al seguito la Nato) e Russia – che non hanno mai abbandonato la loro dottrina delle “sfere di influenza” – utilizzano vari paesi come “teatri di guerra” e dove spesso si combattono non direttamente, ma attraverso le forze militari di governi alleati o amici e milizie locali foraggiate, più o meno direttamente, di armi.
Lo si è visto in Libia e Afghanistan e lo si continua a vedere in Siria, in Yemen, nel Sahel e soprattutto nel decennale conflitto israelo-palestinese.
Ucraina, una pedina nelle mani di Russia e Stati Uniti
Lo ha esplicitato con rara lucidità in un’intervista ad Altreconomia Ray Acheson, attivista della Women’s International League for Peace and Freedom, la più antica organizzazione femminista di pace del mondo. «Dietro la crisi attuale c’è una storia di violenza militarizzata ed economica. (…) La Russia critica l’imperialismo statunitense, eppure invade e occupa i suoi vicini, bombarda i civili e si impegna in attacchi informatici contro infrastrutture critiche che danneggiano le persone comuni. Gli Stati Uniti criticano la Russia come un’autocrazia, ma negli ultimi decenni hanno rovesciato governi democraticamente eletti se solo minacciavano gli interessi degli Stati Uniti, costruiscono basi e si impegnano in guerre e operazioni militari in centinaia di Paesi in tutto il mondo, e investono miliardi di dollari in spese militari mentre molti dei cittadini statunitensi vivono senza assistenza sanitaria, alloggi o sicurezza alimentare. Entrambi i Paesi hanno rinforzato eserciti, alleanze militari e arsenali nucleari per sfidare l’altro. L’Ucraina, in questo contesto,è una pedina utilizzata da entrambe le parti».
Il movimento pacifista condanna la guerra in Ucraina
In estrema sintesi, le tante voci del movimento pacifista hanno espresso ferma condanna dell’intervento militare in Ucraina da parte della Russia, solidarietà e vicinanza alle popolazioni coinvolte e appello a tutte le parti in causa per una de-escalation militare affidando alle Nazioni Unite il compito di ripristinare, con gli strumenti della diplomazia, il dialogo tra Russia, Ucraina e comunità internazionale.
Queste voci finora sono restate inascoltate dai media nazionali, che, ad ogni sentor di cannoni, non mancano di sollevare la retorica domanda: «Dove sono i pacifisti?». Per poi ignorare puntualmente le loro voci.
Come ha scritto giorni fa Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, «i media italiani proprio non ce la fanno ad uscire dallo stereotipo del pacifista; da la Repubblica a La Stampa si sono messi l’elmetto e fanno il tifo per la guerra, e dunque gli serve una manifestazione con le bandiere arcobaleno per fare il pezzo di costume e folclore e dire che il movimento si è “risvegliato” (addirittura si inventano che non manifestava dal 2003). Anche i telegiornali Rai e Mediaset mandano le telecamere solo se reciti a soggetto, e naturalmente il microfono è per il politico di turno che ha sempre votato tutti i bilanci militari ma adesso dice che ci tiene tanto alla “pace”. Che miserie!».
Le proposte per fermare la guerra in Ucraina
Eppure le proposte delle centinaia di associazioni che compongono l’arcobaleno pacifista non mancano. A cominciare da quelle, espresse già settimane fa dalla Rete italiana pace e disarmo a seguito dell’escalation militare nell’Est Europa, per chiedere al nostro governo e all’Unione europea di promuovere «un’iniziativa di neutralità attiva per ridurre la tensione e favorire un accordo politico chiarendo in particolare l’indisponibilità a sostenere avventure militari».
E ancora nei giorni scorsi dall’Anpi che ha promosso un appello al governo italiano affinché «rispetti un inviolabile obbligo costituzionale: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
O della Tavola della Pace, che ribadendo l’appello a negoziare chiede di «uscire dalla politica delle sanzioni, dalla logica del colpo su colpo, per ricostruire lo spazio per il dialogo e il negoziato politico con la Russia. Lo si è fatto durante la guerra fredda con la Conferenza e gli Accordi di Helsinki. E lo si deve fare ora che rischiamo la catastrofe più grande». E le proposte sono chiare e precise: lo dimostra il recente appello di Ripd e un documento più ampio e articolato.
Denuncia e proposta.
“La Rete Italiana Pace e Disarmo e le sue Organizzazioni condannano in modo fermo l’azione militare iniziata da questa notte in Ucraina da parte della Federazione Russa. Ancora una volta si sceglie la follia della guerra, i cui impatti più devastanti ricadranno sui civili e le popolazioni inermi, per colpa di sete di potere, di rivendicazioni nazionaliste, di interessi particolari soprattutto legati al profitto armato.
La nostra Rete esprime la massima solidarietà alle popolazioni coinvolte e sostiene tutti gli sforzi della società civile pacifista in Ucraina e Russia per arrivare ad una cessazione immediata delle ostilità e poi intraprendere una strada di vera Pace e riconciliazione.
Alle Istituzioni internazionali, in particolare all’Italia e all’Unione Europea, chiediamo di:
Prodigarsi per una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale, con principi di neutralità attiva ed evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate
Chiedere alla Russia il ritiro delle proprie forze militari da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass
Attivarsi per garantire un passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative al fine di garantire assistenza umanitaria alla popolazione coinvolta dal conflitto
Chiedere il riconoscimento da parte dell’Ucraina dell’autonomia del Donbass prevista dagli accordi di Minsk ma mai attuata, il rispetto della popolazione russofona, la cessazione dei bombardamenti in Donbass, lo scioglimento delle milizie di matrice nazista
Una volta arrivati al cessate il fuoco prodigarsi per una conseguente de-escalation della crisi nel pieno rispetto del diritto internazionale, affidando alle Nazioni Unite il compito di gestire e risolvere i conflitti tra Stati con gli strumenti della diplomazia, del dialogo, della cooperazione, del diritto internazionale
Cessare qualsiasi tipo di ingerenza indebita nella vita interna dell’Ucraina
Favorire l’avvio di trattative per un sistema di reciproca sicurezza che garantisca sia l’UE che la Federazione Russa.
Una volta cessati gli scontri la soluzione per una vera strada di Pace non potrà comunque essere il militarismo, ma dovrà partire dal coinvolgimento democratico e da scelte forti di demilitarizzazione e disarmo. In queste ore la Rete Italiana Pace e Disarmo ha elaborato analisi e proposte concrete che mette disposizione di tutta la società civile in un Documento che possa servire come base di riflessione e di pace che vada oltre l’emergenza. In particolare nel conflitto in Ucraina si evidenzia il grave pericolo di utilizzo delle armi nucleari, con conseguenze che sarebbero devastanti per tutto il mondo.
In tal senso la Rete chiede che:
tutte le parti coinvolte devono impegnarsi a negoziare un nuovo Trattato sulle forze convenzionali in Europa e smilitarizzare l’Europa attraverso il disarmo, le ispezioni, ecc.
Tutte le parti coinvolte non devono impegnarsi in attacchi cibernetici, specialmente contro infrastrutture critiche che colpiscono la vita dei civili. Gli Stati e la società civile devono perseguire in buona fede un accordo internazionale che proibisca gli attacchi informatici.
Tutte le parti interessate devono intraprendere azioni urgenti per prevenire la guerra nucleare, ora più vicina visto il crollo del Trattato sulle forze nucleari a medio raggio, accordandosi per non schierare missili a medio raggio in Europa o nella Russia occidentale.
Gli Stati Uniti e la Russia hanno anche bisogno di concludere nuovi accordi che raggiungano ulteriori tagli verificabili nelle armi nucleari strategiche e non strategiche e sulle limitazioni delle difese missilistiche a lungo raggio, prima che il nuovo trattato di riduzione delle armi strategiche (New START) scada all’inizio del 2026.
Gli Stati Uniti devono ritirare le loro armi nucleari di stanza nei paesi membri della NATO e la Russia deve ritirare le sue armi nucleari tattiche dalle basi vicino al suo confine occidentale.
La Nato deve rinunciare alle armi nucleari e denuclearizzare la sua dottrina politica così come la Russia e gli Stati Uniti (e tutti gli altri Stati dotati di armi nucleari) devono porre fine ai loro programmi di modernizzazione delle armi nucleari.
Gli Stati Uniti, la Russia, l’Ucraina e tutti i membri della Nato devono aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari”.
Il documento è stato elaborato e pubblicato nei primi giorni dell’invasione russa. Gli “intervisti” dovrebbero leggerlo senza paraocchi ideologici e pregiudizi sospetti. Ma è chiedere troppo.