Bavaglio e repressione: dopo una settimana in stato di fermo 16 giornalisti curdi sono stati colpiti da un’ordine di detenzione e 5 rilasciati nella città di Diyarbakir, il più grande centro dell’est della Turchia, la più importante città a maggioranza curda.
L’indagine è scattata dopo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato una imminente operazione militare nel nord della Siria per ripulire l’area dai terroristi separatisti curdi del Pkk e Ypg, con cui i giornalisti arrestati sarebbero conniventi.
Proprio l’agenzia ufficiale turca Anadolu ha definito le retate della polizia e gli arresti `un’operazione anti terrorismo per colpire il Pkk´. Le accuse infatti, rese note solo oggi, comprendono `propaganda a favore di organizzazione terroristica´, `aver agito da tramite tra membri di organizzazioni terroristiche´ e `aver diffuso volutamente informazioni relative i jet da guerra F16 nella base di Diyarbakir´.
In tutto 21, quasi tutti reporter delle agenzie locali Mezopotamya, Dicle Firat, Pel Yapim, Piya Yapim, Ari Yapim e Jin News erano stati prelevati dalle forze dell’antiterrorismo nelle rispettive abitazioni l’8 giugno scorso e portati nel commissariato della principale città curda della Turchia.
Qui hanno atteso una settimana prima di sapere il motivo del provvedimento e cosa ne sarebbe stato della loro libertà, mentre tutti gli uffici venivano sigillati e passati al setaccio dagli agenti. Oggi l’ordine di detenzione per 16 di loro, mentre per gli altri 5 il giudice ha deciso il rilascio mantenendo però l’obbligo di firma.
Intanto domani una manifestazione di solidarietà nei confronti dei giornalisti detenuti è stata indetta dal sindacato dei giornalisti DSK Basin-Is proprio a Diyarbakir. In base a quanto reso noto gli arresti sarebbero scattati dopo che la polizia ha passato in rassegna 82 ore di programmi televisivi commissionati e mandati in onda da un’emittente belga, Sterk tv, e un canale inglese, Media News Tv.
Filmati che secondo l’accusa avrebbero contenuti di propaganda e sostegno al Pkk. Organizzazione, quest’ultima, inclusa nella lista delle reti terroristiche riconosciute da Usa e Ue. Il Pkk è in guerra dal 1984 con la Turchia, un conflitto costato circa 50 mila vittime.
I provvedimenti resi noti oggi hanno suscitato forte indignazione nel Paese e una protesta sui social cui hanno aderito centinaia di giornalisti e decine di organi di stampa. «La detenzione dei giornalisti curdi è un duro colpo alla libertà di stampa, gli altri partiti intervengano per non diventare strumento dell’ingiustizia e della tirannia», si legge nel comunicato dell’Associazione dei giornalisti in turco, armeno, curdo e inglese. Una mossa del governo che arriva proprio mentre il tema Pkk-Ypg è tornato al centro del dibattito, dopo che Erdogan ha posto il veto all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato proprio a causa del sostegno e asilo a membri del Pkk e Ypg che i due Paesi garantiscono. Un veto che basta da solo a bloccare l’allargamento Nato in un momento cruciale del conflitto tra Russia e Ucraina e che mette Ankara nella posizione di porre condizioni da un lato e avere mano libera per agire dall’altro.
La Turchia attende passi concreti dai Paesi Scandinavi e rilancia il piano per un’operazione militare, sarebbe la quarta, nel nord della Siria, per «ripulire il confine sud dai terroristi e creare una zona di sicurezza»,come ha detto Erdogan. Ankara ha alzato la posta, ha riacquisito centralità nella Nato con la guerra in Ucraina e pretende che l’Europa sia intransigente con i separatisti curdi.
Nel’ultima settimana gli ambasciatori di Francia, Grecia, Germania e Italia sono stati convocati proprio a causa di manifestazioni di sostegno a Pkk e Ypg che hanno avuto luogo nei rispettivi Paesi. Dopo aver alzato il tiro nel panorama internazionale Erdogan ha maggior libertà all’interno del proprio Paese e questi arresti sono l’avviso per quando scatterà l’operazione militare nel nord della Siria e arrivano in un momento in cui trovano il silenzio della comunità internazionale. Arresti che finiranno con il far sprofondare ulteriormente Ankara nella classifica relativa la libertà di stampa stilata ogni anno dall’organizzazione «Giornalisti senza Frontiere», che inseriscono la Turchia alla 149ma posizione su un totale di 180 Paesi presi in considerazione