Israele, attacco alla società civile palestinese

La denuncia di Haaretz sulla ulteriore stretta militarista del regime di apartheid instaurato da Israele nella Cisgiordania occupata

Israele, attacco alla società civile palestinese
Colonia di Israele a Hebron
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

20 Agosto 2022 - 14.15


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Ne abbiamo scritto a più riprese nel silenzio assordante della stampa mainstream. Abbiamo denunciato l’ulteriore stretta militarista del regime di apartheid instaurato da Israele nella Cisgiordania occupata. E’ la guerra alle Ong palestinesi. Non siamo soli nel condurre questa battaglia di verità. A schierarsi sono state importanti Ong italiane, parlamentari coraggiosi come Laura Boldrini, organizzazioni democratica della diaspora ebraica in Europa e negli Usa, movimenti israeliani per i diritti umani, come B’Tselem. A confortarci è ora anche un duro editoriale di Haaretz.

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Attacco alla società civile palestinese

“Le forze di sicurezza israeliane hanno condotto un’incursione all’alba giovedì negli uffici di sette organizzazioni della società civile palestinese in Cisgiordania, confiscando proprietà e sigillando le porte. Il Ministro della Difesa Benny Gantz aveva dichiarato in precedenza che sei di questi gruppi sono organizzazioni terroristiche. Israele sostiene che lavorano per il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

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Le sette organizzazioni che sono state chiuse sono organizzazioni civiche di cui qualsiasi società democratica sarebbe orgogliosa. Una è una filiale di un’organizzazione internazionale che si occupa dei diritti dei bambini e ne monitora gli arresti e gli interrogatori. Un’altra aiuta i contadini palestinesi che hanno perso le loro terre. Al-Haq documenta le violazioni dei diritti umani in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e raccoglie dati sulle detenzioni senza processo e sulle torture durante gli interrogatori. Addameer fornisce assistenza legale ai prigionieri, mentre Bisan Center for Research and Development è un istituto di ricerca. Giovedì si sono uniti all’Unione dei comitati di lavoro per la salute, che è stata messa fuori legge nel 2020. Israele non ha mai fornito prove concrete che queste organizzazioni abbiano legami con il terrorismo. Il mese scorso, nove Paesi dell’Unione Europea hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui annunciavano che avrebbero continuato a finanziare i sei gruppi che Gantz aveva ordinato di chiudere, perché Israele non aveva fornito loro alcuna prova che giustificasse un cambiamento della loro politica nei confronti delle organizzazioni. “Una società civile libera e forte è indispensabile per promuovere i valori democratici e per la soluzione dei due Stati”, si leggeva nella dichiarazione. Ma non c’è bisogno dell’Europa per trovare la decisione dell’establishment della difesa sconcertante e persino per esserne indignati. Queste organizzazioni non sono gruppi armati, non usano la violenza e il loro obiettivo è aiutare i membri del loro stesso popolo che vivono sotto l’occupazione israeliana. Chiuderle significa che Israele proibisce non solo la resistenza violenta all’occupazione, ma anche qualsiasi altro tipo di attività palestinese.


Gantz ha trasformato la loro chiusura in qualcosa di simile a una Marcia della Bandiera personale, forse per un tornaconto politico e per dimostrare ai suoi critici di destra che è duro con i palestinesi. È un comportamento spregevole per un uomo che aspira a diventare primo ministro. Crea seri dubbi sul giudizio di Gantz e anche sulla leadership del suo superiore, il primo ministro Yair Lapid. Entrambi dovrebbero smettere di perseguitare le organizzazioni della società civile e concentrarsi sui veri problemi di Israele”.

Così Haaretz.

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Al-Haq, uno dei gruppi per i diritti umani più importanti della Cisgiordania che lavora per perseguire Israele presso la Corte penale internazionale dell’Aia, ha riferito che i soldati israeliani hanno preso d’assalto i suoi uffici di Ramallah e hanno lasciato un ordine militare che dichiarava l’organizzazione fuori legge. “Sono venuti, hanno fatto saltare la porta, sono entrati e hanno messo a soqquadro i documenti”, ha dichiarato all’Associated Press Shawan Jabarin, direttore di Al-Haq.


Ha aggiunto che mentre non è stato confiscato nulla dagli uffici della sua organizzazione, altri gruppi hanno riferito che i loro uffici sono stati completamente ripuliti.


“L’incursione nella chiesa è pienamente e totalmente condannata, non solo da noi, ma sono sicuro da tutti gli amanti della pace nel mondo e da tutti coloro che chiedono la libertà per il popolo palestinese”, ha dichiarato il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh durante una visita all’ufficio di Al-Haq all’interno della chiesa evangelica St. Andrews di Ramallah.

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“Queste organizzazioni hanno lavorato duramente con noi, in uno spirito di partnership, per portare Israele davanti al tribunale penale internazionale per ciò che ha fatto contro il nostro popolo a Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme, ovunque”, ha aggiunto Shtayyeh.


L’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna l’incursione e la “chiusura arbitraria” delle sette organizzazioni umane da parte di Israele, chiedendo a quest’ultimo di revocare la designazione di queste organizzazioni come “illegali” e “terroristiche”.


Anche l’Unione Europea ha risposto affermando che “le accuse passate di uso improprio dei fondi dell’UE in relazione ad alcune Ong palestinesi non sono state provate. L’UE continuerà a difendere il diritto internazionale e a sostenere le Ong che hanno un ruolo da svolgere nella promozione del diritto internazionale, dei diritti umani e dei valori democratici”.

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Michael Sfard, l’avvocato che rappresenta Al-Haq, ha denunciato il raid come un “atto spregevole da parte del ministro della Difesa, volto a vanificare l’indagine dell’Aia (nella quale [Gantz] potrebbe essere egli stesso sospettato), comportandosi come l’ultimo dei dittatori che agiscono contro i principali difensori dei diritti umani con il potere della pistola”.


“Ricordiamo che tutto questo sta accadendo dopo che il governo non è riuscito a convincere i Paesi europei che, uno dopo l’altro, hanno stabilito che le accuse contro le organizzazioni non hanno fondamento. È necessario un intervento internazionale urgente per proteggere i difensori dei diritti umani palestinesi dalla dittatura israeliana”.
In una risposta a nome di Addameer, del Centro Bisan e dell’Unione dei Comitati delle donne palestinesi, il Centro legale Adalah per i diritti delle minoranze arabe in Israele ha rilasciato una dichiarazione in cui si osserva che 10 Paesi europei non hanno trovato una base per le accuse israeliane.


“Israele continua a perseguitare gli attivisti palestinesi per i diritti umani… con il chiaro obiettivo di mettere a tacere qualsiasi critica nei suoi confronti. Lo sforzo è guidato da un ministro della Difesa sospettato di aver commesso crimini di guerra, che lavora come capo di un’organizzazione criminale nel tentativo di minacciare coloro che testimonierebbero sulle sue azioni”. Jabarin ha dichiarato che “Israele vuole inviare un messaggio agli europei che non rispetteranno la loro dichiarazione e continueranno a metterci a tacere… per dire che non siamo autorizzati a collaborare con la Corte internazionale, che loro sono i sovrani e che nessuno ci proteggerà. Noi continueremo a proteggere i diritti del popolo e lo stato di diritto, agiamo secondo la legge e in nome dei diritti umani”.
Anni di attacchi

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“Israele –   sottolinea Yumna Patel in un report per Mondoweiss – ha una lunga storia nel prendere di mira le organizzazioni della società civile palestinese ritenendole organizzazioni “terroristiche”. Nel 2019, Al-Haq è stato uno dei numerosi gruppi presi di mira in una campagna diffamatoria dall’allora ministro israeliano per gli affari strategici Gilad Erdan, che accusava i gruppi di ‘terrorismo’. 

L’anno prima, Erdan aveva invitato l’Unione Europea e gli Stati europei a interrompere il loro sostegno finanziario e i finanziamenti ad Al-Haq e a una serie di altre istituzioni per i diritti umani che “hanno legami con il terrorismo e promuovono il boicottaggio contro Israele.

Le organizzazioni firmatarie di questo comunicato invitano pertanto i giornalisti che hanno rilanciato le affermazioni dell’Ambasciata israeliana e lo staff dell’Ambasciata stessa a fornire pubblicamente prove concrete a sostegno delle tesi diffamatorie nei confronti delle Ong citate.”.

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Questa la richiesta. Del tutto legittima. Ma dubitiamo fortemente che avrà una risposta positiva. 

La protesta

Di seguito la lettera che J-Link, la rete che unisce le organizzazioni progressiste dell’ebraismo europeo e mondiale, ha recentemente inviato a Gantz.

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“Gentile Ministro Benny Gantz,

J-Link, una rete internazionale di organizzazione ebraiche progressiste, si rivolse a Lei in qualità di Presidente della Knesset nel maggio 2020 al fine di manifestare la ferma opposizione ai piani di annessione di parti della Cisgiordania. Tali piani sono stati annullati. Siamo orgogliosi di avere concorso per parte nostra a tale esito. Analogamente, siamo ora sorpresi dal fatto che importanti organizzazioni della società civile palestinese siano dichiarate terroristiche, in assenza di un processo aperto ed equo. Ci affianchiamo alla protesta manifestata da molte Ong israeliane che condannano un tale atto in quanto ‘misura draconiana che criminalizza un importante lavoro nel campo dei diritti umani’. Una decisione del genere non distingue fra coloro che usano violenza contro lo stato e il popolo di Israele da un lato e quelle organizzazioni dall’altro che difendono i diritti umani nei territori palestinesi occupati. Membri dello stesso governo israeliano hanno espresso sconcerto, apprensione e dubbi circa la legittimità e razionalità di una tale misura.

Il momento dell’annuncio coincide inoltre con l’aumento allarmante di violenze da parte dei coloni e dall’incapacità evidente dell’esercito israeliano di proteggere i civili palestinesi. La preoccupazione di J-Link è che tali azioni mettano in pericolo lo status internazionale di Israele e compromettano le prospettive di pace.

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J-Link e le organizzazioni ebraiche progressiste che ne fanno parte Le chiedono di revocare tale decisione o di fornire una prova pubblica e credibile delle imputazioni

Il Comitato di coordinamento di J-Link

Kenneth Bob (Ameinu, USA); Giorgio Gomel (Jcall Europa, Italia); Barbara Landau (JSpaceCanada); Alon Liel (PWG, Israele); Pablo Lumerman (J-Amlat, Argentina); Gabriella Saven (JDI, Sud Africa)”.

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.Ambasciatori in difesa

“Mi chiamo Ilan Baruch e sono un ex ambasciatore israeliano in Sudafrica e presidente del Policy Working Group, un collettivo di accademici israeliani di alto livello, ex ambasciatori e difensori dei diritti umani che sostengono e promuovono la trasformazione delle relazioni tra Israele e Palestina dall’occupazione alla convivenza basata su una soluzione a due stati. Vi scrivo per condividere con voi una lettera aperta che ho firmato insieme ad altri 13 personaggi pubblici israeliani a sostegno della deputata Laura Boldrini”. Inizia così una nota che accompagna una lettera in inglese firmata da 14 accademici e difensori dei diritti umani. “Come israeliani dediti alla pace e ai diritti umani- si legge nella missiva- esprimiamo il nostro sostegno alla deputata del Partito democratico Laura Boldrini, che attualmente sta affrontando un grave attacco da parte della destra in Italia e dall’ambasciata israeliana a Roma, a seguito dell’audizione del 20 dicembre (2021, ndr) della sottocommissione per i diritti umani al parlamento italiano, da lei stessa presieduta”. Nell’audizione, prosegue il testo, “la sottocommissione ha ospitato i direttori delle Ong palestinesi al-Haq e Admeer sul tema dell’inserimento, a ottobre scorso, di sei Ong palestinesi per i diritti umani nella lista delle organizzazioni terroristiche da parte di Israele. Da allora, la deputata Boldrini è stata accusata di sostenere il terrorismo”. Tuttavia secondo i firmatari “Israele finora non ha presentato nessuna prova concreta e credibile a sostegno di tali accuse. Così come la campagna diffamatoria contro Boldrini, anche la criminalizzazione israeliana delle sei Ong è motivata politicamente. Ha lo scopo di distruggere e togliere finanziamenti alle Ong dedite alla resistenza non violenta all’occupazione israeliana, e alla difesa dei diritti dei palestinesi che- si legge ancora- sono sistematicamente violati da Israele nei Territori palestinesi occupati.

La lettera prosegue: “Per anni, il governo israeliano ha condotto campagne aggressive per ridurre lo spazio civico per quelle Ong che criticano la sua violenta occupazione della Palestina e che denunciano le sue violazioni sistematiche del diritto internazionale. Il governo israeliano ha esteso questa campagna in Europa e sta cercando di ridurre lo spazio parlamentare per i diritti umani”. Da qui la decisione dei membri del Policy Working Group di lanciare un appello ai paesi europei: “Esortiamo i parlamentari europei a seguire l’esempio della deputata Boldrini, invitando i difensori dei diritti umani palestinesi a intervenire al Parlamento europeo per parlare della situazione in Palestina”. 

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I firmatari, oltre all’ex ambasciatore Ilan Baruch, sono: Elie Barnavi, ex ambasciatore israeliano in Francia; Michael Ben-Yair, ex procuratore generale di Israele ed ex giudice della corte suprema; Yoram Bilu, vincitore del Premio Israele (2013); Roman Bronfman, ex membro della Knesset; Avraham Burg, ex presidente della Knesset ed ex capo dell’Agenzia Ebraica; Naomi Chazan, ex membro e vicepresidente della Knesset ed ex presidente di New Israel Fund; Itzhak Galnoor, ex capo della Commissione per il servizio civile israeliano; Zehava Galon, ex membro della Knesset ed ex presidente del partito Meretz; Miki Kratsman, vincitore del Premio Emet 2011; Alex Levac, vincitore del Premio Israele 2005; Alon Liel, ex direttore generale del ministero degli Affari Esteri israeliano ed ex ambasciatore israeliano in Sudafrica e in Turchia; Kobi Metzer, ex presidente della Open University of Israel; David Shulman, vincitore del Premio Israele 2016 e vincitore del Premio Emet 2010.

Siamo davvero in buona compagnia. 

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