Bruxelles e Budapest, chi prevarrà? Chi vuole difendere la Ue o chi vuole usarla solo quando gli fa comodo? La resa dei conti tra l’Unione Europea e Viktor Orban si avvicina. E così le contromosse del leader magiaro per evitare che l’Ungheria venga privata di miliardi di euro dei fondi di coesione. Domani, infatti, la Commissione dovrebbe finalmente licenziare la proposta in cui chiederà il taglio dei finanziamenti in virtù del meccanismo di condizionalità sul bilancio, previsto nel caso di violazioni allo Stato di diritto. Ovvero uno dei valori fondanti dell’Ue.
Il collegio dei commissari si riunirà al palazzo Berlaymont – eccezionalmente di domenica, visto che mezzo esecutivo europeo settimana prossima sarà a New York per l’assemblea generale dell’Onu – e all’ordine del giorno ci sono proprio le misure da varare contro l’Ungheria. Si vocifera che sul tavolo ci sarà la sospensione «fino al 70%» dei 22,5 miliardi di euro di fondi stanziati per il periodo 2021-27. Il Parlamento Europeo, d’altra parta, ha appena bollato Budapest come «un regime ibrido di autocrazia elettorale» (di fatto una democratura) e ha chiesto al Consiglio di agire, attivando l’articolo 7, che prevede sanzioni fino alla sospensione dei diritti di voto.
Ora, nulla di tutto ciò appare all’orizzonte. Ma la pressione su Orban senz’altro aumenterà, anche considerando l’atteggiamento ungherese sulle questioni che contano ora a Bruxelles: sostegno all’Ucraina, transizione energetica, pressioni sulla Russia. Orban, nel tradizionale ritiro di Kotcse organizzato dal suo partito, Fidesz, recentemente ha sparato ad alzo zero contro l’Europa, promettendo di voler bloccare il rinnovo delle sanzioni contro Mosca in autunno ed evocando persino l’uscita dell’Ungheria dal blocco «entro il 2030», ovvero quando il Paese diventerà un contributore netto. Insomma: finiti i soldi, arrivederci.
Ma un conto sono i ritrovi politici, dove si galvanizza la base, un altro il lessico istituzionale, in cui contano i fatti. Ecco allora che il governo ungherese sta correndo ai ripari. «Abbiamo accettato le richieste della Commissione oppure, nei settori in cui non è stato possibile accettarle, si è arrivati a un compromesso soddisfacente per entrambe le parti», ha dichiarato il capo dello staff di Orban, Gergely Gulyas. «Nella riunione di oggi il governo ha discusso questi impegni e li ha approvati», ha aggiunto precisando che l’esecutivo chiederà al Parlamento di approvare le norme attraverso un processo accelerato.
Ricapitolando. La Commissione domani proporrà i tagli al Consiglio Europeo, che ha tre mesi di tempo per esprimersi (la decisione è a maggioranza qualificata). Ma al fotofinish Orban offre le toppe – su corruzione, libertà dei media, indipendenza della magistratura – per rabbonire Commissione e Consiglio. «Le soluzioni sono buone ma tutto sta nell’attuazione», confida un funzionario Ue che tratta il dossier. Il balletto, dunque, potrebbe ripartire.