La raccomandazione allo zar da parte dell’illustre amico, alleato, omologo e partner, Kadyrov, ha trovato giustamente spazio sulle prime pagine di tutti i giornali. Alla guida della Cecenia, Repubblica federata alla Russia, da quando Putin lo impose nel 2007, Kadyrov ha suggerito all’amico Putin anche di ricorrere alla legge marziale in tutte le zone di confine; chi tenta di fuggire deve pagare. Tutto ciò va preso molto sul serio, non si tratta di battute o di occupazione dell’ala estrema per consentire al leader di occupare il centro. Non penso proprio.
Ma prendere sul serio Kadyrov vuol dire anche prendere sul serio Putin e domandarsi perché questo sino ad oggi non sia stato fatto. C’era chi in televisione pochi mesi fa pontificava: “Putin non invaderà mai l’Ucraina, questo è certo”. Detto una sera e detto quella successiva alla fine quello strano era Biden, che raccontava di un’ invasione che in realtà non ci sarebbe stata. E le intelligence europee hanno tutte ragionato come i dotti in tv. C’è stato ai loro vertici qualche avvicendamento dopo un simile fiasco? Qualcuno si è preso almeno un anno sabbatico?
Ma prendere sul serio Putin e il suo tagliagole di fiducia Kadyrov vuol dire anche domandarsi cosa sia successo tra loro e noi, dal loro punto di vista, non dal nostro. Vladimir il grande, convinto seguace del famoso zar “IBAN il Terribile”, riteneva di aver stipulato un patto: i suoi capitali illegali, suoi e dei suoi oligarchi, venivano integrati nel sistema economico finanziario occidentale, lui rimaneva zar indiretto o ufficioso di tutto lo spazio sovietico. Quei furboni di occidentali hanno detto di sì, ma la prima parte del patto ha fatto tutti felici, la seconda è stata tradita con l’estensione della Nato. Qui però Putin non ha detto, “allora mi riprendo i miei giocattoli e li riporto a casa mia”. Piuttosto, come a Cosa Nostra, ha ritenuto che un territorio suo era stato preso dall’altra cosca. Per i boss i territori non hanno diritto a esprimere una propria volontà.
Ma la reazione a questa concezione del territorio come una proprietà personale e diretta dei capi clan Putin l’aveva dimostrata al mondo nel 2015 invadendo la Siria, con il suo esercito, i suoi Mig benedetti da suoi pope, i suoi mercenari della Wagner e le sue bande cecene guidate da Kadyrov. I barbuti ceceni servivano anche ad attribuire a gruppi islamisti avversi ad Assad crimini commessi da loro per contro suo. Interi quartieri siriani sono stati rasi al suolo dai Mig russi, con bombe di profondità e altri atti orrendi perpetrati violando qualsiasi codice bellico per anni.Ma siccome i russi erano stato invitati da un Presidente, Bashar al Assad, che potremmo chiamare il Mugabe siriano, il mondo intero non ha battuto ciglio: “il diritto internazionale è rispettato, lo zar massacri chi vuole”. Scuole, ospedali, case, rifugi sotterrane, tutto distrutto e spesso certificato dall’Onu.
Che cosa avranno capito lo zar e il suo amico Kadyrov dalla condotta europea e americana di quegli anni? Che messaggio ne avranno desunto? Non avranno pensato che l’operazione poteva essere ripetuta in Ucraina? Sì, forse non proprio prendendosi tutto, ma insomma i molli occidentali non avrebbero potuto fare molto diversamente. Il linguaggio in certi ambienti è questo: i sistemi mafiosi funzionano e comunicano così.
Dunque oggi Kadyrov non dice soltanto “siamo in difficoltà”, ma dice anche “ questa è una mascalzonata contro di noi, in Siria ci era stato detto tutt’altro”.
Lasciare il nemico in difficoltà senza via di fuga è pericoloso, ma non conoscerlo bene, non capirne il linguaggio, è ancora peggio. Aver pensato “in Siria faccia quel che gli pare ai siriani, a noi non interessa” è stato capito diversamente. Chi lo dice chiaramente è Kadyrov, il putiniano senza peli sulla lingua. A proposito: che dice la “nuova sinistra”? Adesso fa l’esegesi marxista anche del compagno Kadyrov?