Iniziano a tornare gli uomini che hanno lasciato la Russia dopo il 21 settembre per non essere inviati al fronte a combattere da quando lunedì il Presidente Putin ha annunciato la fine della mobilitazione. Chi è partito, rischia di essere definito, al suo ritorno, ‘agente straniero’, come segnala l’avvocato Andrei Klimov. La Presidente del Consiglio della Federazione, Valentina Matviyenko, ha definito chi è partito un “ratto”, sottolineando che non avrebbe più dovuto tornare.
“Io e mio fratello abbiamo cercato di trovare lavoro in Kazakistan, almeno uno finto per ottenere un permesso di soggiorno, ma non abbiamo trovato nulla. Sono fuggito a causa del panico generale. Il viaggio ci è costato l’equivalente di 1.650 dollari, ma quello che è fatto è fatto”, ha detto Pavel, 21 anni, tornato in Russia dopo aver trascorso tre settimane nel Paese centro asiatico, in una testimonianza resa a Moscow Times. Secondo fonti del Cremlino avrebbero lasciato il Paese in 700mila.
“Tornare è una decisione stupida, ma è difficile resistere alle emozioni”, racconta Pavel, la cui fidanzata è rimasta a Mosca. “L’emigrazione forzata, in modo particolare da soli, è difficile a livello mentale. Però è difficile tornare, anche se tecnicamente non posso essere mobilitato perché lavoro nel settore dell’It, non c’è nulla di garantito in Russia”.