Un massacro: russi mandati a morire dai loro capi che restano a Mosca o a San Pietroburgo nelle loro case lussuose tra agi, caldo e cibo in abbondanza.
Mappe dell’Ucraina degli anni 60, poco cibo, pochissime munizioni e nessuna idea di come maneggiare le armi in dotazione. Per i soldati di Vladimir Putin la guerra contro Kiev non è «una passeggiata nel parco», come sostenevano all’inizio i loro superiori, ma un «tritacarne», secondo quanto rivela un’indagine del New York Times basata su documenti inediti, intercettazioni e piani segreti.
Sono state migliaia i soldati spediti a combattere dopo essere stati illusi per settimane dalla propaganda di Mosca che la Russia in Ucraina stava collezionando un successo dopo l’altro. Tuttavia, una volta arrivati al fronte, quelli che fino al giorno prima erano operai e camionisti si sono ritrovati davanti ad un incubo. Nessuno era mai stato in guerra, molti di loro non avevano neanche mai tenuto in mano un’arma prima di allora e sono stati costretti a cercare su Wikipedia le istruzioni per usarla. Ma, hanno raccontato, all’inizio non erano preoccupati perché i loro comandanti avevano assicurato che «non avrebbero affrontato una battaglia». Solo quando i proiettili hanno iniziato a piovere intorno, facendo a pezzi i loro compagni, si sono resi conto delle bugie raccontate dai generali russi. Un soldato di nome Mikhail ha raccontato al New York Times che una volta durante una battaglia ha perso conoscenza e quando ha riaperto gli occhi è rimasto scioccato dalla vista dei corpi smembrati dei suoi compagni. Dei 60 membri del suo plotone vicino alla città ucraina orientale di Pavlivka, un giorno di fine ottobre ne sono stati uccisi 40. «Questa non è guerra», ha detto Mikhail. «È la distruzione del popolo russo da parte dei suoi stessi comandanti: un tritacarne».
Non è la prima volta che escono resoconti sullo stato di sbando dell’esercito russo: dall’impreparazione alla mancanza di munizioni e cibo, sono mesi che le truppe di Mosca si trovano in gravi difficoltà. Ma dal reportage del prestigioso quotidiano americano emergono altri dettagli inquietanti come il fatto che i soldati russi non siano stati dotati di walkie-talkie e quindi sono costretti a comunicare via cellulare rendendo così molto semplice la localizzazione della loro posizione e diventando facili obiettivi per le truppe di Kiev. O che al fronte come medici spesso sono stati inviati ex barman o altre figure senza nessuna esperienza o preparazione. Per non parlare dei piani di battaglia, di cui il New York Times ha preso visione, nei quali ai soldati vengono assegnati obiettivi e tempi «totalmente irrealistici».
Una guerra dello zar che si è rivelata completamente diversa da quella che aveva immaginato. Quando il capo della Cia era andato in missione a Mosca l’anno scorso per mettere in guardia il Cremlino contro l’invasione dell’Ucraina, Putin aveva ostentato sicurezza al limite dell’arroganza. Tanto che agli ufficiali in partenza per il fronte era stato detto di mettere negli zaini uniformi e medaglie in previsione delle parate per la vittoria che si sarebbero svolte, dopo pochi giorni, a Kiev.