L’arma della propaganda è una forma cruciale della politica. Soprattutto per i regimi autoritari. Soprattutto in tempi di guerra. Un’arma di distrazione di massa che indica all’opinione pubblica nazionale il Nemico da combattere, artefice di ogni nefandezza. Fu così per il nazismo in Germania. E’ così oggi, nella Russia “putiniana”
La nazificazione della Russia di Putin
Illuminante in proposito è una riflessione articolate di Maurizio Stefanini per Linkiesta.
Scrive tra l’altro Stefanini: “Ottanta anni fa, Era ”l’educazione alla morte” il modo in cui il regime hitleriano creava i perfetti nazisti, osservò in un famoso libro-reportage Gregor Ziemer. Oggi è uno stesso percorso di idealizzazione della morte che sta portando alla crescente nazificazione della Russia di Puitin. […] Più o meno è il tipo di incubo che Svetlana Stephenson, docente di Sociologia alla London Metropolitan University e autrice di Gangs of Russia: From the Streets to the Corridors of Power, ha spiegato in un articolo apparso sul Moscow Times e su Novaya Gazeta Europe. Oggetto, «il carnevale di violenza che per anni ha permeato i media russi controllati dallo Stato». «Mentre le risate minacciose delle autorità possono ancora essere ascoltate sugli schermi televisivi russi intanto che i propagandisti statali discutono della distruzione delle città ucraine o dell’uso di armi nucleari», osserva, «nuovi personaggi sono venuti alla ribalta».
Studiosa della subcultura delle bande criminali russe, la Stephenson osserva come questo stile teppistico del «deridere la proprie vittime» sia ormai divenuto «uno stile di condotta ufficialmente approvato», come ricorda la storia del gruppo Wagner che ha pubblicato un video in cui uno dei suoi mercenari viene brutalmente assassinato con una mazza per essersi arreso alle forze ucraine. Giorni dopo il fondatore del gruppo ha divulgato un video i cui mostrava di inviare una mazza insanguinata al Parlamento Europeo.
«Questo tipo di performance sinistra – che dimostra apertamente il rifiuto della morale e della legge, e si rallegra dell’umiliazione dei deboli – sembra concepita per dimostrare la sovranità della Russia ai suoi nemici e per sottolineare che le convenzioni della civiltà occidentale, con le sue norme di decenza più basilari, qui non si applicano». I telespettatori russi guardano queste cose dai divani di casa, e trovano consolazione da una condizione di miseria generalizzata nell’idea che «anche se vivono in povertà, i russi sono ancora più duri di chiunque altro e non devono essere presi in giro».
Le sconfitte militari in Ucraina, però, hanno provocato uno choc, cui si è aggiunto il flop della mobilitazione. La risposta è un nuovo clima di cui è simbolo la hit con cui la pop-star di regime Shaman chiama a risorgere in piedi i caduti della Grande Guerra Patriottica perché «Dio è con noi». Svetlana Stephenson parla di «artisti simili a zombi, tra cui molte pop star anziane della fine degli anni sovietici», che «hanno iniziato a esortare la popolazione a “opporsi” a coloro che “li guardano dall’alto in basso”, e così facendo, a emulare i propri antenati defunti». Gli artisti «sfoggiano carnagioni giallastre, trucco scuro e abiti da lutto che si combinano per creare un’atmosfera funerea». Nelle immagini, «i soldati vanno al fronte con sguardi di severa determinazione sui loro volti, mentre cartelloni elencano i nomi dei bambini morti del Donbas accanto a quelli dei soldati caduti nella seconda guerra mondiale. Una donna versa una lacrima mentre un ragazzo con indosso un berretto militare saluta i soldati di passaggio».
Ma «ogni menzione di speranza e vittoria è assente: questo è un requiem per una Russia condannata a combattere guerre eterne». Lo stesso Putin a inizio novembre si è mostrato in tv in visita a una mostra sulla difesa di Mosca durante la seconda guerra mondiale. Attraversando lentamente la Piazza Rossa, Putin faceva ruotare languidamente l’elica di un aereo replica mentre un coro vestito da soldati della seconda guerra mondiale cantava un inno di guerra.
Il concetto di morte che dà senso alla vita è stato sollevato anche durante il recente incontro di Putin con le madri dei coscritti mobilitati, cui ha detto che la vita dei loro figli era stata priva di significato prima della morte in guerra. «Non ha vissuto la sua vita invano».
Secondo questa analisi, «un tale appello è estraneo alla cultura russa e persino sovietica, che ritraggono la madre di un soldato morto come una figura inconsolabilmente tragica. Il diritto delle madri a tentare di salvare i propri figli fu riconosciuto anche durante le guerre cecene, come dimostra l’atteggiamento rispettoso assunto dalle autorità militari nei confronti del Comitato delle Madri dei Soldati. Ma Putin è chiaramente privo di questa comprensione culturale. Il concetto di una madre che si rallegra per la morte di un figlio è tratto dall’ideologia nazista, in cui le donne sono raffigurate come le produttrici di bambini richieste dallo stato».
Insomma, «l’accelerata nazificazione della vita dei russi è coincisa con una crescente consapevolezza pubblica che le autorità sono indifferenti al loro benessere».
Le “SS” dello zar
Ovvero la Wagner Group. La compagnia mercenaria sta reclutando carcerati per mandarli a combattere sulla linea del fronte a Bakhmut, nell’Est dell’Ucraina. Qui si gioca una partita importante della guerra e alcuni funzionari statunitensi sono preoccupati del fatto che la Wagner stia diventando sempre di più la forza militare russa predominante nell’area orientale del Paese.
La Russia sta ammassando grandi risorse nella zona, nonostante le pesanti perdite subite, mentre il gruppo mercenario continua ad arruolare nuovi combattenti, con la novità di unità femminili anch’esse reclutate nelle carceri in cambio dell’amnistia.
La Wagner, da milizia di supporto nell’annessione della Crimea e poi impegnata principalmente nel Donbass, avrebbe preso il comando di una serie di operazioni nel quadrante di Bakhmut e starebbe assumendo un ruolo sempre più decisivo nelle iniziative belliche. Cento milioni al mese sarebbe il budget speso dal gruppo per finanziare le operazioni in Ucraina, secondo il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale Usa, John Kirby. Gli Stati Uniti stimano che la milizia privata abbia schierato in Ucraina circa 50mila unità, di cui 10mila contractor e 40mila carcerati russi.
La storia di Dmitry Utkin
Pochi dubbi infatti sulle idee politiche di Dmitry Utkin, l’ex militare russo e amico personale dello Zar, a capo del Wagner Group, Figlio di un geologo di Asbest, serve fino al 2013 l’esercito russo come comandante del 700° distaccamento speciale separato delle Forze armate di stanza a Pechora, nell’oblast di Pskov. Nove anni fa la scelta di vita: si unisce in Siria al Corpo slavo gruppo paramilitare che combatte al fianco del presidente siriano Bashar al-Assad. Nel 2014 il ritorno in patria.
Il gruppo Wagner
Nello stesso anno Dmitry lavora per una società privata di sicurezza, la Moran, che diventa l’embrione del Wagner Group, dove confluiscono membri del Corpo Slavo e veterani delle forze armate. L’omaggio a Wagner è presto spiegato: era il compositore preferito di Adolf Hitler. La brigata combatte al fianco dei separatisti filorussi in Donbass e in Crimea, uccidendo comandanti del fronte opposto, e scontrandosi con la Brigata Azov, neonazi anche loro ma nazionalisti ucraini. Nel 2015, Utkin torna in Siria con i suoi mercenari e molti di questi muiono nella battaglia di Palmira. Il gruppo combatte anche in Libia.
Ospite al Cremlino
Se sugli incarichi imprenditoriali per conto del miliardario Prighozin, a sua volta ritenuto a capo di un’organizzazione di hacker russi ingaggiati contro le potenze occidentali, ci sono dei dubbi certa è stata la presenza di Utkin al Cremlinodurante la celebrazione dellaFesta degli Eroi della Patria il 9 dicembre 2016. Il soldato – divorziato – in quell’occasione ha ricevuto quattro onorificenze speciali percoraggio ed eroismo nella guerra in Siria, prima di venire fotografato con il presidente Vladimir Putin con cui avrebbe un rapporto molto stretto.
Un report dettagliato
E’ quello di Leonardo Bianchi per Valigiablu: “La prima cosa da capire del gruppo Wagner, ha scritto Amy Mackinnon su Foreign Policy, è che “non c’è nessun gruppo Wagner” – a partire dal punto di vista legale. La legislazione russa proibisce esplicitamente le compagnie militari private e, almeno a parole, non ha alcuna tolleranza verso i mercenari.
Da un punto di vista sostanziale, continua Mackinnon, più che un’entità monolitica è
una rete di affaristi e gruppi di mercenari uniti da interessi economici […] e coinvolti in varie attività, tra cui la soppressione di insurrezioni e proteste pro-democrazia, la diffusione di disinformazione, lo sfruttamento di miniere di oro e diamanti, e naturalmente le operazioni militari.
Ma come si è arrivati a questo punto? E qual è il vero ruolo del “gruppo Wagner” all’interno dell’apparato di potere putiniano? E cosa differenzia questa compagnia militare privata russa da quelle di altri paesi, tipo l’americana Blackwater?
La nascita, come detto, risale al 2014 nell’Ucraina dell’est – ma il modello di riferimento è ancora più risalente, essendo il prodotto dell’inestricabile intreccio tra l’interesse pubblico e gli interessi privati nella Russia post-sovietica.
In particolare, ricostruisce un paper di Candace Rondeaux pubblicato sul sito New America, le basi per l’ascesa delle compagnie private militari russe vengono gettate negli anni Novanta, quando l’allora presidente Boris Yeltsin permise ai colossi energetici e petroliferi (da poco privatizzati) di costruirsi dei veri e propri “eserciti privati”.
In quel periodo molti membri di corpi d’élite dell’esercito passano nel settore della sicurezza aziendale, mantenendo comunque i legami con le forze armate e soprattutto i servizi di sicurezza militari dominati dai siloviki (gli “uomini forti” fedeli a Putin).
Una delle prime compagnie a utilizzare questa formula è Anti-Terror Orel, fondata da veterani dell’intelligence militare e degli spetsnaz (corpi speciali). Negli anni Novanta, membri del gruppo Orel sono ingaggiati in Iraq per sminare i terreni e proteggere infrastrutture energetiche.
Alla fine dello stesso decennio l’ex agente del Kgb Vyacheslav Kalashnikov crea il Moran Security Group. Inizialmente si specializza in operazioni anti-pirateria nel golfo di Aden e nell’Oceano Indiano, e in seguito espande le sue attività e il proprio raggio d’azione in Iraq, Somalia, Afghanistan e altri paesi.
Dopo la prima apparizione ufficiosa nell’Ucraina dell’est, i mercenari della compagnia militare privata sono volati in Siria per combattere a fianco delle truppe governative di Bashar al-Assad e dell’esercito russo. In base a vari resoconti il “gruppo Wagner” ha contribuito alla riconquista di Palmira, ha preso parte a operazioni contro l’Isis e si è occupato della sicurezza di giacimenti petroliferi e oleodotti – in cambio, ovviamente, di una considerevole quota dei profitti.
Non solo: ha commesso diversi crimini di guerra, compresa la decapitazione del disertore dell’esercito siriano Muhammad “Hamdi Bouta” Taha al-Abdullah (un brutale omicidio ripreso in video, su ordine di Utkin in persona); e nel 2018 si è addirittura scontrato con membri delle forze speciali statunitensi in una battaglia di quattro ore svoltasi intorno alla centrale di gas di Conoco a Deir el-Zor, dove ha subito pesanti perdite (le stime variano dai cento ai duecento morti). Per i servizi resi in Ucraina e Siria, comunque, nel dicembre del 2016 Utkin è stato premiato con una medaglia al valore al Cremlino, alla presenza di Vladimir Putin. Oltre alla Siria, il “gruppo Wagner” è stato impiegato in vari paesi africani. Tra il 2019 e il 2020 si è unito al Libyan National Army (“Esercito nazionale libico”) del generale Khalifa Haftar, partecipando al fallito assedio di Tripoli e all’offensiva contro il premier Fayez al-Serraj e il Governo di accordo nazionale. Una inchiesta della Bbc, resa possibile dal ritrovamento di un tablet appartenente a un mercenario di Wagner, ha rivelato che anche in Libia la compagnia privata militare si è resa responsabile di crimini di guerra, tra cui l’uccisione indiscriminata di cittadini e prigionieri, nonché la disseminazione di mine ed esplosivi in aree civili.
Nel settembre del 2019 i mercenari russi sono arrivati in Mozambico per reprimere le milizie jihadiste di Al-Shabaab (legate all’Isis) nella regione di Cabo Delgado, ricca di gas naturale e pietre preziose. Stando al Moscow Timesl’incarico è stato affidato dal presidente Filipe Nyusi, che nell’agosto dello stesso anno era stato in visita a Mosca per siglare con Putin diversi accordi di cooperazione su energia e sicurezza.[…].
I servizi della compagnia militare privata, che comprendono anche l’addestramento dell’esercito locale, sono ripagati con contratti per la “sicurezza” delle miniere di oro e diamanti e soprattutto con le concessioni esplorative nei giacimenti, stipulate con aziende riconducibili all’oligarca russo…
L’esercito privato di Putin e la “denazificazione” omeopatica dell’Ucraina
Osservando questi casi, è evidente che il “gruppo Wagner” persegue obiettivi geopolitici, militari e commerciali che sono perfettamente sovrapponibili a quelli dello stato russo. Non a caso, un’inchiesta della Bbc l’ha descritto come ”l’esercito privato di Putin”.
I governi che si sono rivolti ai mercenari della Wagner, del resto, l’hanno fatto proprio per le loro connessione politiche e militari di alto livello; gli stessi mercenari, inoltre, sono convinti di agire per conto del governo russo. Dopotutto si addestrano nella base di “Molkino” a Krasnodar, di fianco alle baracche del Gru; hanno combattuto fianco a fianco con i soldati regolari, si sono spostati con i mezzi dell’esercito e sono stati curati negli ospedali militari; Utkin è stato premiato da Putin in persona; e alcuni dei loro caduti hanno ricevuto gli onori funebri militari.
Nel documentario di France 5intitolato Wagner, l’arméè de l’ombre de Poutine,,un soldato della Wagner dice ai giornalisti francesi che “al momento la Federazione russa non è ancora un impero, ma vuole tornare ad esserlo…il gruppo Wagner è uno degli strumenti per farlo”.
Un altro, parlando con il giornale russo Moskovsky Komsomoletsma a proposito del disastro di Deir el-Zor, spiega che i caduti della Wagner “erano andati a difendere la Russia ai confini della nostra sfera d’influenza. Sono morti per la patria, per un’idea”.
Marat Gabidullin – l’unico ex membro di Wagner ad aver pubblicato un libro di memorie sulle sue esperienze in Siria, ha detto a Meduza che nella preparazione delle missioni era chiaro a tutti che “si partecipava a guerre dove il nostro stato ha interessi”.
Per Gabidullin “i sacrifici dei mercenari” nel conflitto siriano sono stati molto più decisivi di quanto non sia mai stato raccontato, e i successi della compagnia sarebbero stati sfruttati dagli ufficiali dell’esercito russo per fare carriera. Quello che manca davvero, a suo avviso, è una forma di riconoscimento da parte dello stato. “Tutto il mondo sa che una compagnia militare privata è coinvolta nei combattimenti“, dice, “solo i nostri non lo ammettono”…
Così stanno le cose nella Russia “nazificata” di Vladimir Vladimirovič
Putin.