Moshe Ya’alon è un conservatore. Un uomo di destra. Ma più di ogni altra cosa, è un democratico. Un democratico israeliano. E’ stato un personaggio di spicco nel Likud – il partito che fu di Menachem Begin, Yitzhak Shamir, Ariel Sharon – di cui da oltre quindici anni Benjamin Netanyahu è l’incontrastato padre-padrone. Ya’alon è stato ministro della Difesa in un uno dei sei governi a guida Netanyahu, dimettendosi quando le sue convinzioni, quelle di un conservatore democratico, non erano più conciliabili con i propositi di “King Bibi”.
Il j’accuse di Ya’alon
Una premessa necessaria per cogliere l’importanza, e la gravità, dell’accusa che Ya’alon ha rivolto al premier di sacrificare la democrazia israeliana per evitare di essere perseguito nel processo per corruzione in corso. “In una serie di tweet – scrive Haaretz – a seguito della presentazione da parte del nuovo governo di un piano di radicale revisione del sistema giudiziario, Ya’alon, ex membro del partito Likud di Netanyahu che ha fatto parte del gabinetto del primo ministro dal 2013 al 2016, ha affermato che il nuovo programma legislativo rivela “le vere intenzioni di un imputato criminale” che è “pronto a bruciare il Paese e i suoi valori… per sfuggire al banco degli imputati”.
“Chi avrebbe mai creduto che a meno di 80 anni dall’olocausto che ha colpito il nostro popolo, si sarebbe insediato in Israele un governo criminale, messianico, fascista e corrotto, il cui obiettivo è quello di salvare un criminale accusato?
Tra le altre misure, il governo perseguirà una legislazione che consentirebbe alla Knesset di annullare le decisioni della Corte Suprema con una maggioranza molto sottile di 61 voti in un parlamento di 120 seggi, nonché una legislazione per far pendere la bilancia del Comitato per le nomine giudiziarie a favore dei politici. Attualmente, i giudici del comitato hanno effettivamente potere di veto sulla nomina dei giudici della Corte Suprema.
Netanyahu, attualmente sotto processo per frode e violazione della fiducia, ha ripetutamente inveito contro la magistratura, così come contro le forze dell’ordine e i media, per aver messo in atto un presunto “colpo di stato” contro di lui.
Dopo essere stato incriminato nel 2019, Netanyahu, in un commento che avrebbe contribuito a definire la sua retorica negli anni a venire, ha dichiarato che, pur avendo un’alta considerazione delle autorità giudiziarie israeliane, “bisognerebbe essere ciechi per non vedere che sta accadendo qualcosa di brutto con la polizia e la procura, perché stasera stiamo assistendo a un tentativo di colpo di Stato contro il primo ministro attraverso calunnie di sangue e un processo investigativo distorto”.
Nonostante abbia promosso una serie di iniziative legislative volte a limitare il potere della magistratura, Netanyahu ha preso le distanze dalle mosse dei suoi alleati di destra per porre fine al suo processo legalizzando alcune delle accuse contro di lui, affermando di “imbattersi spesso in amici che vogliono aiutarmi più di quanto io abbia bisogno, e questo ne è un esempio”.
Non intendo abolire nulla e non intendo applicare nulla in modo retroattivo”, ha dichiarato Netanyahu a ottobre.
Ya’alon si è dimesso da Ministro della Difesa nel 2016, , motivando la sua decisione con un “forte disaccordo su questioni morali e professionali” con Netanyahu, e da allora è stato un feroce critico del Primo Ministro.
Il mese scorso, durante una marcia di protesta ad Haifa, Ya’alon ha definito il governo entrante “criminale”, affermando che “Netanyahu ci ha trascinato a cinque elezioni e ha asservito gli interessi della nazione al suo vantaggio personale. Ha istituito un governo razzista, corrotto e omofobo per sfuggire alla giustizia”.
Un amore che non assolve
Un articolo che spiega come meglio non è possibile cosa significhi essere, davvero, “amico d’ Israele”.
A scriverlo, sempre sul giornale progressista di Tel Aviv, è Alan M. Dershowitz – illuminato ed autorevole esponente della diaspora ebraica americano – pochi giorni prima la formazione del sesto governo Netanyahu: “La proposta dei legislatori del probabile prossimo governo di indebolire la Corte Suprema, consentendo alla Knesset di annullare le decisioni giudiziarie che disapprovano, indebolirebbe lo Stato di diritto in Israele. Sarebbe un terribile errore, soprattutto in un momento in cui anche gli amici di Israele mettono in discussione l’impegno del nuovo governo nei confronti dei principi democratici. Durante una cena con Bill Clinton, l’allora presidente disse a un critico delle politiche israeliane che l’unica cosa che non va in Israele è che “è una democrazia, dannazione!”. Spiegò che nel trattare con alleati non democratici, poteva semplicemente chiamare i leader e dire loro cosa fare. Non è così per Israele, dove nessuna persona decide le politiche.
In un’elezione equa e democratica, i cittadini israeliani hanno votato per un governo che comprenderà ministri le cui politiche molti americani, me compreso, probabilmente non condivideranno. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i diritti degli omosessuali, le questioni religiose e il potere della Corte Suprema. In quanto sostenitori di Israele che non condividono gli oneri o i rischi della cittadinanza, dovremmo rimandare a coloro che lo fanno la maggior parte delle questioni, soprattutto in materia di sicurezza.
Ma abbiamo il diritto di esprimere le nostre opinioni, anche critiche, su questioni che hanno un impatto sulle comunità ebraiche di tutto il mondo, come “chi è un ebreo” ai fini della Legge del Ritorno. Abbiamo anche il diritto di esprimere le nostre opinioni su questioni fondamentali di diritti umani e civili che non riguardano direttamente la sicurezza, come la parità di trattamento di tutti gli israeliani a prescindere dalle preferenze sessuali o dall’etnia.
Alcuni importanti leader ebrei americani hanno suggerito che interromperanno il loro sostegno a Israele se il governo entrante non rispetterà i principi fondamentali della parità di diritti. Benjamin Netanyahu ha annunciato che il suo governo non comprometterà mai tali diritti fondamentali, e gli credo sulla parola che farà tutto ciò che è in suo potere per prevenire tali ingiustizie. Ha una lunga storia di sostegno ai diritti umani fondamentali e all’uguaglianza e sono sicuro che continuerà a farlo. Ma non abbandonerò in nessun caso Israele, né diminuirò il mio sostegno ad esso. Né minaccerò di farlo. Continuerò a sostenere l’esistenza di Israele come Stato nazionale del popolo ebraico, pur mettendo in discussione e criticando alcune delle sue politiche, così come faccio con quelle americane.
Tutte le democrazie attraversano delle fasi. A volte il pendolo oscilla più ampiamente di altre volte. Non mi piace la direzione in cui alcuni dei leader del nuovo governo vorrebbero portare il Paese – e sospetto che questo valga anche per altri membri del nuovo governo, compreso il suo leader. Ma Israele è una “democrazia, dannazione”, e una democrazia complicata che richiede compromessi per funzionare.
Inoltre, è una democrazia con una demografia in continua evoluzione. Quando centinaia di migliaia di olim che avevano vissuto sotto la brutale oppressione del comunismo sono diventati cittadini, tendevano a votare contro la sinistra, almeno all’inizio. Ora sembra che la situazione stia cambiando. Questa è la democrazia, anche se ad alcuni di noi non piacciono sempre i risultati. Lo stesso vale per il crescente potere elettorale degli Haredim, dovuto al loro maggiore tasso di natalità. Anche questa è democrazia. Ma la democrazia richiede uguaglianza e la Corte Suprema di Israele è stata un importante garante dell’uguaglianza e di altri diritti fondamentali essenziali per una democrazia. Ho studiato questa Corte per mezzo secolo e sono un convinto sostenitore della sua indipendenza.
Riconosco il paradosso di sostenere un’istituzione che ha il potere di annullare le leggi democraticamente approvate dalla Knesset. È il paradosso di tutti i tribunali non eletti che hanno il potere di revisione giudiziaria, compresa la Corte Suprema degli Stati Uniti. Una corte d’élite non democraticamente nominata dovrebbe avere il potere di assicurare il rispetto dei valori democratici fondamentali quando il parlamento democraticamente eletto non lo fa? Questo e altri enigmi simili hanno tormentato le democrazie fin dai tempi di Socrate. Spero che gli israeliani si rendano conto che la loro Corte Suprema è tra le più rispettate al mondo e ha dimostrato la sua capacità di fungere da controllo e bilanciamento di altre istituzioni – un altro criterio di democrazia. La proposta di consentire alla Knesset di annullare le decisioni della Corte Suprema limiterebbe la capacità dei giudici di garantire l’uguaglianza. Inoltre, renderebbe molto più difficile la difesa di Israele davanti all’opinione pubblica e ai tribunali internazionali. Soprattutto, indebolirebbe un’istituzione che ha servito bene il popolo israeliano fin dalla creazione dello Stato, pronunciandosi a volte a favore della sinistra, altre volte a favore della destra, ma cercando sempre di applicare lo Stato di diritto. La proposta di annullamento sarebbe un disastro per Israele e dovrebbe essere fortemente contrastata da tutti coloro che hanno a cuore la giustizia. Ma a prescindere da come questo e altri dibattiti saranno risolti dal nuovo governo, lo Stato di Israele avrà sempre il mio amore, il mio sostegno e il mio patrocinio. In base a qualsiasi standard equo e universalmente applicabile, Israele è e rimarrà uno Stato democratico, indipendentemente dalle opinioni o dalle azioni di alcuni membri di un particolare governo. I governi vanno e vengono, e così i loro ministri. Il sostegno a Israele come grande Stato nazionale del popolo ebraico dovrebbe essere per sempre”.
Così Dershowitz.
Restano le parole di Ya’alon. “Chi avrebbe mai creduto che a meno di 80 anni dall’olocausto che ha colpito il nostro popolo, si sarebbe insediato in Israele un governo criminale, messianico, fascista e corrotto, il cui obiettivo è quello di salvare un criminale accusato?”. Nessuno, ma proprio nessuno al mondo, neanche il più fanatico sostenitore, senza se e senza ma, di ogni atto compiuto da Israele, può accusare Ya’alon di essere un antisionista, un nemico del popolo ebraico, un fiancheggiatore del terrorismo palestinese. Per lui parla la sua storia. Quella di un conservatore democratico. E il suo atto accusa dà conto della posta in gioco oggi in Israele: lo stato di diritto, con le sue istituzioni, con un sistema di pesi e contrappesi che il governo entrato in carica vuole smantellare. In nome di una idea di “democrazia” come dittatura della maggioranza. Così si cancella ogni traccia di quel pionierismo sionista che fu la bussola ideale che orientò i fondatori dello Stato d’Israele.
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