Sangue a Jenin: 13 morti. Per Israele è un'operazione antiterrorismo ma è stato un massacro

Tredici palestinesi uccisi, altri venti feriti durante un’operazione militare israeliana a Jenin, mentre i soldati avrebbero ristretto l’accesso di paramedici della Mezzaluna rossa giunti per soccorrere i feriti

Sangue a Jenin: 13 morti. Per Israele è un'operazione antiterrorismo ma è stato un massacro
Massacro a Jenin, gli israeliani uccidono manifestanti palestinesi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Gennaio 2023 - 18.21


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Ora diranno che sono stati “effetti collaterali” in una operazione di anti terrorismo. Lo avevano fatto anche quando a morire sotto i colpi di un cecchino israeliano era stata, sempre in quel campo profughi, nel maggio del 2022,  la giornalista di al Jazeera Shireen Abu Akleh, che stava documentando un’operazione dell’esercito israeliano. “Effetti collaterali” l’uccisione di una donna di 60 anni e la trasformazione di un ospedale pediatrico in un campo di battaglia.

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Sangue a Jenin

Tredici palestinesi uccisi, altri venti feriti durante un’operazione militare israeliana a Jenin, mentre i soldati avrebbero ristretto l’accesso di paramedici della Mezzaluna rossa giunti per soccorrere i feriti e un ospedale pediatrico sarebbe stato evacuato per i gas lacrimogeni lanciati dalle truppe.

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 Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, tra i morti c’è anche una donna di sessant’anni e fra i feriti un bambino, mentre i soldati avrebbero ristretto l’accesso di paramedici della Mezzaluna rossa giunti per soccorrere i feriti e un ospedale pediatrico sarebbe stato evacuato per i gas lacrimogeni lanciati dalle truppe. L’esercito israeliano (Idf) conferma l’operazione che spiega essere nata dalla necessità di fermare un attacco terroristico imminente e di vasta scala pianificato da una cellula della Jihad islamica palestinese basata a Jenin, “una bomba a orologeria” secondo un ufficiale israeliano. Secondo la stampa israeliana, i soldati hanno usato una tecnica conosciuta come “pentola a pressione” per stanare i sospetti dal loro nascondiglio attraverso esplosioni mirate contro l’edificio. “Durante il tentativo di arresto, gli uomini ricercati hanno aperto il fuoco e sono rimasti colpiti in uno scontro a fuoco con le nostre forze”,  ha dichiarato l’esercito in una nota, sottolineando che tre dei membri del gruppo sono stati uccisi e un altro ferito. Durante l’operazione, altri militanti hanno attaccato i soldati e sono stati raggiunti dal fuoco israeliano, si legge ancora nella nota. Mentre un alto ufficiale intervistato dalla testata Ynet evidenzia che Israele sta indagando sulla morte della donna denunciata dal Ministero della Sanità palestinese.

“I soldati non hanno sparato deliberatamente contro una persona non coinvolta, ma stiamo indagando su quanto è stato riportato,” le parole dell’ufficiale. “È più probabile che a ucciderla non siano state le nostre forze”.

Per quanto riguarda l’ospedale pediatrico, l’esercito ha spiegato in un briefing alla stampa che probabilmente il gas lacrimogeno lo ha raggiunto perché la struttura si trova vicino all’area degli scontri.

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Alcuni dei militanti uccisi sono stati identificati da Wafa, tra cui tra cui il ventiquattrenne Saeb Essam Mahmoud Azriqi, il ventiseienne Izzidin Yassin Salahat, Abdullah Marwan al-Ghoul e Moatassem Abu al-Hassan.

Salahat era un membro delle Brigate Martiri di Al-Aqsa, un gruppo armato legato a Fatah, il partito di governo dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). Il giovane era anche un membro dei servizi di sicurezza dell’Anp.

La reazione dell’Anp è stata durissima, con il portavoce del presidente Abu Mazen Nabil Abu Rudeineh che ha parlato di “massacro” compiuto da Israele “nel silenzio internazionale”.

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Akram Rajoub, governatore di Jenin, ha affermato che l’esercito israeliano ha impedito alle squadre mediche di evacuare i feriti dello scontro nel campo profughi. I militari hanno sparato gas lacrimogeni che sono penetrati nell’ospedale governativo, colpendo i neonati e interrompendo gli interventi chirurgici. “Chiediamo che la comunità internazionale aiuti i palestinesi contro questo governo estremista di destra e protegga i nostri cittadini”, ha dichiarato Rajoub.

Il presidente dell’Anp ha proclamato tre giorni di lutto nazionale e ha ordinato l’esposizione a mezz’asta delle bandiere nazionali in onore dei “martiri del massacro”. In precedenza Abu Mazen aveva convocato a Ramallah una riunione straordinaria dell’esecutivo dell’Anp. Fonti locali aggiungono che in diverse città palestinesi della Cisgiordania sono in corso scioperi del commercio in protesta per le uccisioni. 

Preoccupazione è stata espressa dalle Nazioni Unite, mentre un invito alla calma è giunto dal segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Come sempre.

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Jenin è uno dei luoghi più importanti della resistenza palestinese, dove nell’ultimo anno l’esercito israeliano aveva compiuto diverse operazioni militari. Nel 2002, durante la seconda intifada, la battaglia di Jenin è stata la più cruenta e ha lasciato sul campo 23 soldati israeliani e 52 palestinesi.

Israele “pagherà il prezzo per il massacro di Jenin”.

Lo ha detto il numero due di Hamas, e responsabile per l’organizzazione in Cisgiordania, Saleh al-Arouri aggiungendo, citato dai media: “La nostra resistenza non si spezzerà e la risposta arriverà presto”.

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Anche il portavoce della Jihad islamica palestinese Tariq Salmi ha sostenuto che “la resistenza è ovunque, pronta e volenterosa per il prossimo confronto”. 

“Seminando distruzione, le forze dell’esercito di occupazione hanno interrotto l’alimentazione elettrica del campo (profughi di Jenin, ndr), negato l’accesso a paramedici e giornalisti, e aperto il fuoco direttamente su un’ambulanza.

I soldati israeliani hanno inoltre sparato gas lacrimogeni sul reparto pediatrico dell’ospedale governativo di Jenin, causando difficoltà respiratorie a mamme e bambini”.

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Lo afferma in una nota l’ambasciatrice di Palestina in Italia, Abeer Odeh. 
 “Per questo – aggiunge la diplomatica -, il governo della Palestina ha richiesto un incontro urgente con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Comitato Internazionale della Croce Rossa, con l’obiettivo di porre fine all’aggressione israeliana, salvare le vite dei palestinesi e prevenire ulteriori spargimenti di sangue, sollecitando al contempo le organizzazioni per i diritti umani e l’intera comunità internazionale a intervenire con urgenza per mettere freno a queste pratiche dell’esercito israeliano”. 

Licenza di uccidere

Gideon Levy è una delle firme storiche di Haaretz, icona vivente del giornalismo israeliano. Levy è un giornalista con la schiena dritta che non è mai arretrato di un passo quando c’è da denunciare, documentandole come sa fare un grande reporter d’inchiesta quale lui è. La riprova è in questo articolo: “Sotto il ponte sulla strada tra Ein Yabrud e Silwad, in Cisgiordania, si è consumata un’atrocità. Sotto quel ponte, la settimana scorsa, un soldato dell’Idf ha sparato a un uomo innocente uccidendolo davanti a suo figlio. Sotto il ponte, i soldati della brigata di fanteria Kfir hanno mentito e mentito, finché persino l’Idf è stato costretto a smentire le loro bugie.
Sotto i ponti è successo quello che succede spesso – e tanto più quest’anno – l’esecuzione di un palestinese per la più piccola delle questioni. Ma a differenza della maggior parte dei casi, questa volta l’Idf si è affrettato a indagare e ha persino ammesso la verità, e per questo va lodata. Ora non resta che vedere cosa farà con i soldati assassini e bugiardi della Brigata Kfir. Quando sposteranno finalmente l’intera unità sulle alture del Golan, come hanno fatto con uno dei suoi battaglioni, il Netzah Yehuda, Battaglione 97. Questa volta sono stati i soldati del Battaglione 92, e non è stato nemmeno il loro primo incidente.

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Ahmed Kahla era un operaio edile e di ristrutturazione di 45 anni e padre di quattro figli del villaggio di Rammun, che ogni mattina si recava al lavoro accompagnato dal figlio Qusay. Il 18enne intendeva iniziare a studiare informatica il prossimo anno scolastico e nel frattempo aiutava il padre. Sotto il ponte si sono imbattuti a sorpresa in un posto di blocco dell’esercito. Succede spesso. Ma questa volta i soldati hanno bloccato completamente il traffico. Lo fanno a volte, di solito senza alcuna ragione se non la voglia di abusare e di dimostrare il proprio potere – questi giovani di 19 anni sottoposti a lavaggio del cervello, che giocano con i loro cellulari in un momento in cui migliaia di persone si affrettano a lavorare-. Gli automobilisti hanno iniziato a suonare il clacson, i soldati si sono infastiditi per questa maleducata disobbedienza civile e uno di loro ha lanciato una granata stordente contro l’auto di Kahla, che era la prima della fila. Kahla era arrabbiato per i danni alla sua auto – anche questo è vietato per i soldati – così hanno spruzzato il figlio negli occhi con uno spray al peperoncino, l’hanno tirato fuori dall’auto e l’hanno spinto a terra sulla strada, con le mani strette dietro la schiena. Il padre era infuriato. Con la sua chutzpah, non poteva rimanere in silenzio di fronte all’abuso del figlio davanti ai suoi stessi occhi , ed è sceso dall’auto. Qusay era disteso sulla strada e i suoi occhi erano chiusi e bruciavano per lo spray al peperoncino. All’improvviso Qusay ha sentito due spari. I soldati, che erano arrabbiati con suo padre, gli hanno sparato due proiettili al collo. Sapevano che avrebbero sempre potuto affermare che aveva cercato di sottrarre loro le armi o di accoltellarli. Kahla è caduto. L’immagine di lui disteso sulla schiena con il sangue che gli cola dalla bocca e dal collo e che scorre lungo la strada è difficile da guardare. È morto lì.
L’Idf si è affrettato a negare e a inventare una storia completamente falsa. I soldati hanno identificato un veicolo sospetto… I sospetti si sono rifiutati di fermarsi per un controllo… I sospetti hanno lanciato sassi e cercato di attaccare con un coltello… Metodi antisommossa… Il sospetto ha cercato di rubare una pistola a uno dei soldati. L’intero arsenale di ridicole giustificazioni utilizzate per ogni omicidio. I media israeliani, come è loro abitudine, si sono affrettati ad adottare le menzogne e a diffonderle senza verificarne alcuna. Uno dei portavoce dell’Idf   annuncia: Attacco terroristico sventato; grazie, soldati.


Di solito queste storie vengono insabbiate senza alcuna indagine. Come mai questa volta il capo del Comando Centrale, il Magg. Gen. Yehuda Fuchs, ha ordinato al comandante della brigata, il Col. Eliav Elbaz, di indagare sull’incidente? È difficile saperlo, ma i risultati dell’inchiesta hanno dichiarato, nel tempo record di una sola settimana, che i soldati hanno sparato a Kahla senza alcuna giustificazione.


Bene, e adesso? Che cos’è “uccidere senza giustificazione”? Non è forse omicidio, o almeno omicidio colposo, i crimini più gravi previsti dai libri di legge? Come mai i soldati che hanno ucciso Kahla non sono ancora stati arrestati? I giovani sospettati di aver ucciso senza giustificazione camminano liberi tra noi fino al processo? Dopo tutto, potrebbero facilmente uccidere di nuovo, con la stessa facilità con cui hanno ucciso Kahla.
Quando ho visitato la casa della famiglia Kahla a Rammun il giorno dopo l’omicidio, ho incontrato il fratello muto della vittima, Hani, che mi ha comunicato con i movimenti della mano: “Perché lo hanno ucciso? Sono impazziti? Voleva parlare con loro, non attaccarli. Perché lo hanno ucciso?”. No Hani, non sono pazzi, è così che gli hanno insegnato a trattare i palestinesi”.

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