Un autocrate e omofobo reazionario, che vorrebbe impacchettare la Ue dietro i fili spinati all’insegna dell’egoismo e dell’isolazionismo.
Baltici, ma anche Malta e la Grecia e, immancabile, Viktor Orban: in vista del Consiglio europeo sul dossier migranti prende forma un nuovo fronte, quello dei muri. Più fondi europei per rafforzare la protezione delle frontiere e Frontex sono stati chiesti, nero su bianco, in una lettera firmata da otto Paesi membri nella quale si delinea un inedito asse Nord-Sud. A firmare la richiesta sono stati infatti Danimarca, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Grecia, Malta e Austria. Con un’appendice non scontato: Vienna è sostanzialmente l’unica capitale ad aver bloccato finora l’ingresso di Romania e Bulgaria in Schengen, suscitando l’irritazione dei vertici comunitari.
Difficilmente la lettera degli otto incontrerà unanime consenso tra i commissari europei. Il finanziamento diretto a barriere statiche è stato più volte escluso da Bruxelles. E l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell, ad una manciata d’ore dal summit dei 27 ha ribadito il suo pensiero: «Dobbiamo evitare una mentalità da `Fortezza Europa´ sulla migrazione. Nessun muro sarà abbastanza alto da mantenere le persone fuori». Eppure il `fronte dei muri´, già al Consiglio europeo di giovedì e venerdì, potrebbe trovare nuovi adepti. In una videocall con il presidente del Consiglio Ue Charles Michel e i primi ministri di Polonia, Belgio, Finlandia, Malta, nonché con il capo di Stato della Bulgaria, Orban ha rilanciato una ricetta a lui cara. «Per mantenere l’Europa al sicuro, l’Ue deve finanziare la protezione dei nostri confini, comprese recinzioni e altre barriere fisiche».
I vertici europei sono costretti a muoversi sui carboni ardenti. Michel, sempre in videocall, ha sentito i principali leader Ue (non Giorgia Meloni, che ha incontrato però recentemente).
Nelle bozze delle conclusioni del summit, finora, si parlava solo della dimensione esterna della migrazione. Di fronte al pressing di buona parte dei 27 il testo è stato modificato. E il capitolo flussi si apre con un incipit: la migrazione è «una sfida europea che richiede una risposta europea»
A Bruxelles, si parlerà anche del piano industriale europeo disegnato dalla Commissione tra diversi mugugni. Ma anche, e forse soprattutto, di Ucraina. Volodymyr Zelensky è atteso nella capitale belga per giovedì mattina. Non c’è, al momento, alcuna conferma ufficiale del suo arrivo. Ma nella comunità europea è già l’argomento principale, con tanto di girandola di sospetti incrociati su chi, nei corridoi brussellesi, abbia fatto da talpa nell’anticipare la visita. Il presidente ucraino, se la sua missione si concretizzerà, parlerà al Consiglio europeo e all’Eurocamera in seduta straordinaria. Non a caso il Comitato delle Regioni riunito in Plenaria mercoledì e giovedì mattina ha annunciato un cambio di location: dall’emiciclo del Parlamento Ue all’edificio accanto.
La presenza di Zelensky ridurrà lo spazio per il dibattito al vertice su migranti e aiuti di Stato. E forse è un bene perché renderà meno plastiche le divisioni interne all’Ue. Sul secondo dossier Germania e Francia, con la missione di Bruno Le Maire e Robert Habeck negli Usa, hanno concretizzato la loro offensiva. Gli Stati Uniti hanno accettato un principio di «trasparenza» per quanto riguarda i sussidi che concederanno ai propri industriali nell’ambito dell’Ira, hanno sottolineato i due ministri dell’Economia da Washington spiegando che, in questo modo, l’Ue potrà mettere in campo «lo stesso livello di aiuti pubblici». Cominciando, proprio, da una nuova flessibilità sugli aiuti di Stato. «Saranno settimane decisive, la vera sfida è con la Cina non con gli Usa», ha sottolineato il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, rilanciando il principio che sul dossier la posizione deve essere comunque condivisa da tutta l’Ue.