Da un lancio del 27 febbraio dell’agenzia Italpress: “Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, ha avuto una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar. Il capo della diplomazia italiana ha innanzitutto voluto esprimere la propria “vicinanza al popolo e alle Autorità tunisine in questo momento particolarmente delicato per il Paese, osservando come la stabilità e la prosperità della Tunisia, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, siano cruciali per la stabilità dell’intera regione del Mediterraneo”. Tajani ha ribadito l’auspicio di “una più stretta cooperazione bilaterale fra Italia e Tunisia, fondamentale per affrontare al meglio le sfide nel Mediterraneo”.
“Il Governo italiano è in prima linea nel sostenere la Tunisia nelle attività di controllo delle frontiere, nella lotta al traffico di esseri umani, nonchè nella creazione di percorsi legali verso l’Italia per i lavoratori tunisini e nella creazione di opportunità di formazione alternative alle migrazioni”, ha commentato Tajani.
Il vicepremier ha anche ricordato la recente telefonata con la direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, durante la quale Tajani ha rappresentato la necessità che “il Fondo possa rapidamente intervenire a favore della stabilizzazione e della crescita tunisine con un sostegno economico e finanziario”. Il ministro ha infine sottolineato “l’impegno dell’Italia a favore della Tunisia anche nell’ambito dell’Unione Europea”.
In prima linea per sostenere un sovranista xenofobo
Scrive Pierre Haski, direttore di France Inter, in un articolo tradotto e pubblicato in Italia da Internazionale: “Quando il 25 luglio 2021 il presidente tunisino Kais Saied ha sospeso l’attività delle istituzioni prendendosi i pieni poteri, ha voluto citare una battuta del generale De Gaulle per rispondere a chi lo criticava: “Alla mia età non comincerò certo una carriera da dittatore”. Tuttavia, dopo gli eventi degli ultimi giorni, quella frase appare sempre meno credibile.
Il capo di stato tunisino sembra aver scelto di riallacciarsi alla tradizione autoritaria del paese, ma soprattutto ha fatto sprofondare la Tunisia in un incubo razzista consegnando alla rabbia popolare gli immigrati provenienti dall’Africa subsahariana. Scene di caccia all’uomo si sono verificate nella grande città di Sfax. Molti migranti, ora, si nascondono per la paura.
Utilizzando parole molto dure, l’Unione africana ha denunciato le “dichiarazioni sconvolgenti” di Saied.
La settimana scorsa il presidente tunisino aveva affermato che “l’immigrazione clandestina fa parte di un complotto per modificare la demografia della Tunisia affinché venga considerata come un paese solo africano, e non più anche arabo e musulmano”. Si tratta di una versione tunisina della teoria della “grande sostituzione” portata avanti dall’estrema destra francese.
In questo senso non stupisce che Saied abbia ricevuto su Twitter il sostegno di Éric Zemmour, ex candidato alla presidenza francese e paladino di questa tesi.
I migranti neri sono diventati capri espiatori per una crisi economica e sociale devastante
Sui social network tunisini circolano cifre inverosimili: nel paese vivrebbero fino a due milioni di migranti subsahariani irregolari, a fronte di una popolazione di 13 milioni di abitanti. I dati delle organizzazioni specializzate parlano invece di circa 250mila immigrati, ovvero una percentuale molto bassa rispetto alla popolazione.
Ma il punto fondamentale è un altro, e risiede nella trasformazione dei migranti neri in capri espiatori per una crisi economica e sociale devastante. Da mesi i social network sono pieni di attacchi contro i migranti, con pretesti sempre diversi. La novità è che ora le tesi diffuse dalle frange marginali del web sono sostenute anche ai più alti livelli dello stato.
Il contesto è significativo. Kais Saied, infatti, attraversa un’impasse politica, come dimostra il fatto che la partecipazione alle ultime elezioni è stata inferiore al 10 per cento. Come ben sappiamo, in tutto in mondo lo straniero è un bersaglio ideale per distogliere l’attenzione da altri problemi.
Il presidente può ancora contare su un solido sostegno popolare, dopo aver messo fine nel 2021 al caos politico che paralizzava il paese e aver neutralizzato l’influenza del partito islamista Ennahda. Nonostante l’affluenza bassissima alle elezioni, dunque, la popolazione continua a fidarsi di un presidente che si presenta come l’uomo della provvidenza che salverà la Tunisia”.
Una intervista di spessore
E’ quella a firma Brando Ricci per l’agenzia Dire: “Aspettiamo che le autorità della Tunisia rispondano ai nostri appelli e intanto invitiamo tutti gli studenti originari dei Paesi dell’Africa subsahariana a fare molta attenzione e a evitare di uscire di casa: c’è un clima di paura, si sono verificati arresti di universitari regolarmente residenti e si moltiplicano i casi di aggressione da parte di cittadini comuni”. L’istantanea da Tunisi è di Christian Kwongang, presidente dell’Association des Etudiants et Stagiaires Africains en Tunisie (Aesat), organizzazione che tutela e rappresenta studenti e tirocinanti africani che vivono in Tunisia.
L’intervista con l’agenzia Dire si svolge mentre nel Paese si susseguono notizie di arresti di migranti residenti “in forma illegale nel Paese”. Solo nella giornata di sabato, secondo fonti della direzione generale della Guardia nazionale, 151 migranti sono stati arrestati in dieci regioni. Secondo quanto denunciano l’Aesat e altre organizzazioni di rappresentanza della diaspora africana nel Paese, quattro studenti ivoriani in Tunisia grazie a un borsa di studio nell’ambito di un accordo di cooperazione fra i due governi e uno studente gabonese sono stati aggrediti nella capitale nel fine settimana.
Gli episodi giungono dopo le parole del presidente Kais Saied, che due settimane fa, parlando al Consiglio di sicurezza nazionale, ha riferito di una necessità di limitare in modo drastico l’immigrazione illegale dai Paesi dell’Africa sub-sahariana, il cui “obiettivo non detto è quello di alterare la demografia tunisina, privando la sua identità delle sue componenti arabe e musulmane, e facendone un Paese solo africano”. Questa tendenza, nella visione del presidente, sarebbe addirittura il frutto di un vero e proprio “accordo criminale siglato a inizio di questo secolo”, come riportano media tunisini indipendenti.
Movimenti della società civile tunisina sono scesi in piazza ieri per esprimere solidarietà nei confronti dei migranti e il loro rifiuto di politiche giudicate razziste. Il portale di notizie indipendente Meshkal ha rilanciato foto e video che riprendono centinaia di persone in corteo. “C’è un atmosfera di paura, sentiamo che la situazione può degenerare da un momento all’altro”, avverte Kwongang, originario del Camerun e studente a di una università di Tunisi. Due i nodi più critici secondo il dirigente: gli arresti di studenti regolari e l’aumento della violenza anche nelle strade.
“Stiamo lavorando nel mettere insieme tutte le testimonianze che riceviamo”, spiega il presidente. “Quando uno studente viene arrestato cerchiamo di andare direttamente alle istituzioni competenti e cerchiamo anche di farci accompagnare da diplomatici e personale delle varie ambasciate, con il fine di provare che sono studenti e di farli liberare”. “Sfortunatamente”, aggiunge il dirigente, “non possiamo essere ovunque e abbiamo osservato già una serie di violazioni in nostra assenza. Ad esempio, i falsi verbali in arabo che gli studenti sono costretti a firmare per il sequestro dei cellulari, quando arrivano in questura”.
Il presidente dell’Aesat riferisce di non voler commentare le parole del capo dello Stato, essendo quella che presiede “un’organizzazione apolitica”. Premesso questo, Kwongang evidenzia che “è dovere dello Stato proteggere tutte le persone che risiedono legalmente sul suo territorio”.
Fra le priorità c’è quella di “frenare la disinformazione sui migranti che corre sui social network”, spiega il presidente. “Ci sono molte storie inventate tese a stigmatizzarci, anche i migranti regolari”.
La differenza fra persone di cittadinanza straniera presenti in Tunisia in modo conforme alla legge e fra i cosiddetti irregolari, nella ricostruzione di Kwongang, non sembra neanche interessare “i tanti cittadini comuni che intimidiscono e minacciano gli studenti, le bande di giovani nei quartieri popolari che li prendono di mira”. Il presidente denuncia: “Per loro siamo solo neri”.
Il percorso da perseguire, una volta minacciati, sarebbe quello di recarsi alla polizia. Come ribadisce Kwongang, però, anche le forze dell’ordine “arrestano pure persone trovate in possesso della loro documentazione e a loro volta intimidiscono”.
Questa violenza e più in generale diffidenza sarebbero rivolte “anche alle persone tunisine che ci sostengono”, aggiunge Kowongang. La Tunisia, ritenuta partner strategico dell’Unione Europea e dell’Italia nel controllo dei flussi migratori, come recentemente sottolineato anche dal ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani in una visita nel Paese, ospita circa 21mila migranti originari dell’Africa subsahariana, stando a dati dell’Institut National de la Statistique (Ins) rilanciati dalla ong Forum Tunisien pour les Droits Économiques et Sociaux (Ftdes).
Le critiche alla politica di controllo dell’immigrazione presunta illegale avvengono poi in un contesto di più ampia mobilitazione contro il capo dello Stato, accusato in sostanza da società civile e opposizioni di aver condotto un golpe a partire dal luglio 2021, quando ha avviato una serie di contestate riforme dell’ordinamento tunisino”.
Repressione di Stato
Così il Post: “Sabato il governo del presidente della Tunisia Kais Saied ha ordinato l’espulsione dal paese della più importante rappresentante sindacale dei paesi dell’Unione Europea, l’irlandese Esther Lynch, segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati (CES). Lynch è stata definita «persona non grata» dalle autorità tunisine per aver partecipato a una delle manifestazioni di protesta organizzate nel corso della giornata in otto città del paese dal maggior sindacato locale.
Le manifestazioni sono arrivate alla fine di una settimana in cui Saied ha dato dimostrazione del sempre maggiore autoritarismo con cui sta governando il paese: martedì erano stati arrestati almeno dieci oppositori politici del presidente, fra cui due politici di alto livello, due giudici, un giornalista di una radio indipendente e uno dei leader del sindacato.
In un messaggio video sui social Saied ha definito i dieci arrestati «terroristi» e li ha accusati di voler sovvertire l’ordine dello stato e di cospirare per manipolare i prezzi del cibo e alimentare la tensione sociale. Le accuse, che mirano anche a scaricare le colpe del governo nella pesante crisi economica, non sono state presentate con alcuna prova ma in caso di condanna possono portare a pene detentive molto dure, e in alcuni casi anche alla pena di morte.
Per protestare contro gli arresti, il maggior sindacato del paese, che ha oltre un milione di iscritti per una popolazione di 12 milioni di abitanti, ha deciso una nuova giornata di manifestazioni, come quelle già organizzate in più occasioni negli ultimi mesi. Decine di migliaia di membri dell’Unione generale tunisina del lavoro (UGTT) hanno protestato contro le decisioni di Saied e per il pieno ritorno delle libertà civili a Jendouba, Tozeur, Monastir, Bizerte, Kasserine, Kairouan, Nabeul e Sfax.
Esther Lynch ha partecipato alla manifestazione di Sfax, prendendo la parola per chiedere l’immediato rilascio dell’esponente sindacale tunisino e degli altri oppositori politici arrestati, e per «portare un messaggio di solidarietà da 45 milioni di iscritti ai sindacati europei». Il presidente Saied nella serata di sabato ha ordinato la sua espulsione, definendo l’intervento una «palese interferenza negli affari tunisini». Ha respinto allo stesso modo, considerandole interferenze in affari interni, le denunce contro gli arresti per motivi politici da parte di varie Ong che si occupano di diritti umani, fra cui Amnesty International. La svolta autoritaria di Saied è avvenuta gradualmente negli ultimi tre anni. Nel luglio del 2021 il presidente aveva sospeso i lavori del parlamento, per poi scioglierlo nel marzo del 2022. Successivamente ha governato per decreto, fino all’approvazione di una nuova Costituzione, che gli garantisce ampi poteri e che ha istituito una nuova legge elettorale che non prevede la partecipazione alle elezioni dei partiti, ma solo di candidati indipendenti. L’affluenza alle prime elezioni che si sono svolte con questa legge, lo scorso dicembre, è stata fra le più basse al mondo, e oggi la Tunisia ha un parlamento che non è rappresentativo e ha poteri molto limitati.
Eletto presidente nel 2019, per i suoi primi anni di governo Saied aveva il consenso della maggioranza dei tunisini a cui però è seguita da una perdita di popolarità ormai piuttosto diffusa e palese”.
Ecco a chi l’Italia promette aiuto. Al capo di un regime che ha cancellato la “rivoluzione dei gelsomini” e avviato la caccia al migrante. Ma questo al ministro Tajani non importa. Ciò che importa a lui e alla premier Meloni è avere un altro “Gendarme” del Mediterraneo che faccia il lavoro sporco al posto nostro.
Le parole del ministro Piantedosi sui migranti “sono apparse a tutta Italia indegne, disumane e inadeguate al ruolo ricoperto”. Lo ha detto la neosegretaria del Pd Elly Schlein rivolgendosi al titolare degli Interni in Commissione Affari costituzionali della Camera, commentando le affermazioni dello stesso Piantedosi sull’assenza di senso di responsabilità dei migranti che si imbarcano con i figli.
“Attendiamo fiduciosi – ha aggiunto -Schlein – le indagini della magistratura (sul naufragio di migranti a Cutro ndr), ma dal punto di vista politico mi unisco alle voce dei colleghi che mi hanno preceduto e che suggeriscono le sue dimissioni e dalla presidente Giorgia Meloni una profonda riflessione, anche sul ministro Salvini e sul ministro Giorgetti” “C’è un’altra assenza grave, quella della voce di Giorgia Meloni non solo su Crotone (il naufragio dei migranti ndr) ma anche su quanto accaduto a Firenze. Bisogna chiamare le cose per quello che sono: è stata una aggressione squadrista, e stigmatizzo anche le parole del ministro Valditara” sulla lettera della preside, ha rimarcato la segretaria del Pd.
Che dire. Un buon inizio.