L’unica biblioteca per donne di Kabul ha chiuso definitivamente, dopo minacce e pressioni da parte dei talebani. Lo riporta l’agenzia spagnola Efe. «La nostra battaglia è quella della penna contro le armi», ha commentato una delle sue fondatrici, Laila Basim, nel mirino del regime afghano per il suo attivismo.
Considerata una delle ultime roccaforti di cultura e libertà rimaste a Kabul la Biblioteca Zan è stata costretta ad abbassare le serrande lo scorso 13 marzo. Zan significa «donna» in dari, il dialetto persiano che circa il 40% degli afghani usa come lingua madre. «Quando è scomparsa si è persa ogni speranza», ha lamentato l’attivista.
Situata in uno scantinato del mercato nel quartiere Red Pol della capitale afghana, la biblioteca ha offerto ai suoi oltre 400 frequentatori il prestito di libri in quattro lingue (persiano, pashtu, inglese e arabo), dei workshop gratuiti e sessioni di formazione sui «diritti delle donne, politica, religione e altri temi» due volte alla settimana, per «aumentare la conoscenza delle donne», ha spiegato Basim, ricordando che «nei sette mesi di vita i talebani hanno sigillato la porta due volte» ma grazie all’aiuto di amici, la biblioteca è riuscita a proseguire le sue attività.
Da quanto hanno ripreso il potere nell’agosto del 2021 i talebani hanno imposto una rigida serie di restrizioni nei confronti delle donne che non possono studiare; lavorare nell’Amministrazione o nelle Ong e neanche viaggiare senza essere accompagnate da un parente stretto di sesso maschile.
Le Nazioni Unite ritengono che privare le donne e le ragazze dei loro diritti «potrebbe equivalere ad una persecuzione basata sul genere», il che costituisce un crimine contro l’umanità.