Migranti, a Tunisi l'abbraccio tra Meloni e Saied: i sovranisti delle due sponde

Lancio da Istituto Luce 2.0: “Visita lampo della premier Giorgia Meloni a Tunisi. La presidente del Consiglio ha avuto un incontro con il presidente Saied - che l'ha definita "una donna che dice a voce alta ciò che altri pensano in silenzio"

Migranti, a Tunisi l'abbraccio tra Meloni e Saied: i sovranisti delle due sponde
Giorgia Meloni e il presidente tunisino Saied
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Giugno 2023 - 16.17


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Lancio da Istituto Luce 2.0: “Visita lampo della premier Giorgia Meloni a Tunisi. La presidente del Consiglio ha avuto un incontro con il presidente Saied – che l’ha definita “una donna che dice a voce alta ciò che altri pensano in silenzio”  – e poi con la premier tunisina Najla Bouden. Al centro degli incontri, le relazioni fra Italia e Tunisia, ma soprattutto gli aiuti internazionali e il tema dei flussi migratori. Dopo il bilaterale con Saied, la premier ha sottolineato gli sforzi italiani a livello europeo per “aumentare il sostegno alla Tunisia sia nel contrasto alla tratta di esseri umani e all’immigrazione illegale, ma anche per un pacchetto di sostegno integrato, di finanziamenti e di opportunità importanti”. E proprio parlando di migranti, Meloni ha sottolineato “l’ottimo lavoro” fatto insieme da Roma e Tunisi: “Gli sbarchi in Italia sono sensibilmente diminuiti a maggio rispetto a marzo e aprile”. Tuttavia, ha aggiunto, siccome “siamo di fronte alla stagione più difficile da questo punto di vista”, la preoccupazione per i prossimi mesi resta alta e serviranno quindi nuovi sforzi, anche europei, nella “gestione delle frontiere” tunisine. “Riteniamo che si debba intensificare il nostro lavoro comune rafforzando la collaborazione con le autorità tunisine nell’attività di prevenzione soprattutto nella regione di Sfax, dal cui parte la gran parte dei migranti irregolari”, ha continuato la premier.

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“Italia e Tunisia sono due Nazioni storicamente legate, due nazioni amiche, che hanno legami molto antichi e che devono saper cooperare insieme, sempre di più, sempre meglio. Così come noi intendiamo fare”, ha detto Meloni. Fondamentali, ha aggiunto, “la stabilizzazione del quadro politico e di sicurezza” e “la crescita della democrazia in Tunisia”. La premier ha quindi detto di aver voluto “confermare al presidente Saied il sostegno dell’Italia” su numerosi dossier: “il sostegno ad esempio al bilancio tunisino, l’apertura di linee di credito a favore soprattutto dello sviluppo, partendo dalla piccola e media impresa fino al settore agroalimentare”. I nuovi sforzi, ha precisato, si aggiungono “ai numerosi progetti di cooperazione italiana nel Paese, che ammontano a 700 milioni di euro nel loro complesso, e focalizzano l’attenzione sui settori prioritari, agricoltura, istruzione, formazione professionale, la sanità, i servizi di base”.

Sul tavolo c’è anche l’ipotesi di organizzare “una conferenza internazionale a Roma sul tema della migrazione e dello sviluppo, per cercare di mettere assieme tutte le necessità legate a un fenomeno che è sicuramente molto imponente e va affrontato a 360 gradi”, ha detto Meloni. Roma immagina l’evento come “un’occasione per riunire le nazioni della sponda sud del Mediterraneo, del Medio Oriente, i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, per ascoltare le diverse esigenze e creare dei progetti su cui attirare dei finanziamenti coinvolgendo il settore pubblico quanto quello privato”. Secondo la premier l’occasione potrebbe essere utile per “affrontare i fattori politici ma anche socioeconomici e climatici che determinano la migrazione, per promuovere percorsi di mobilità legali e contrastare in modo efficace la tratta di esseri umani e il traffico di migranti”.

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La Tunisia che si oppone

 Ventisei organizzazioni per i diritti umani e della società civile hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, invitando il governo tunisino a garantire la protezione dei migranti, in particolare quelli provenienti dall’Africa subsahariana, il cui numero è stimato in oltre 20.000, e per porre fine alla discriminazione sociale e sistemica che subiscono. Lo si apprende dal quotidiano on line Kapitalis. La dichiarazione è arrivata all’indomani di un attacco ai migranti nella città di Sfax da parte di un gruppo di giovani nella notte tra il 22 maggio e la mattina seguente. Un migrante è stato ucciso e altri quattro sono rimasti feriti nell’attacco. Secondo quanto riferito, gli autori hanno fatto irruzione in una residenza che ospitava migranti e li hanno attaccati.

Un clima di istigazione al razzismo

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 Le organizzazioni hanno affermato che questo ultimo attacco è stato il risultato diretto dell’attuale clima di istigazione e razzismo contro i migranti dall’Africa sub-sahariana. Secondo la dichiarazione, il governo deve “assumersi le proprie responsabilità per proteggere i migranti, indipendentemente dal loro status amministrativo, e garantire il loro benessere fisico e psicologico”. Le organizzazioni hanno anche chiesto l’eliminazione di ogni forma di discriminazione e restrizione imposta ai migranti, che mirano ad ostacolare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio dei loro diritti. La dichiarazione chiede inoltre al governo di introdurre misure per prevenire ogni forma di discriminazione razziale e attacchi contro i migranti.

La deriva discriminatoria di Saied 

Il presidente tunisino Kais Saied aveva rilasciato a febbraio dichiarazioni razziste contro i migranti sub-sahariani nel Paese, definendo la loro presenza una “invasione” e accusandoli di tentare di impadronirsi del Paese e renderlo “puramente africano”, dichiarazioni che erano state ampiamente criticate da forze progressiste e gruppi per i diritti, ricordano le organizzazioni. A marzo, almeno 14 migranti che cercavano di raggiungere l’Europa sono stati uccisi quando le loro barche sono affondate al largo della costa tunisina. Avevano lasciato Sfax. A quel tempo, le organizzazioni per i diritti hanno affermato che i funzionari tunisini hanno rimosso con la forza i motori da almeno altre sette imbarcazioni che trasportavano migranti e li hanno lasciati galleggiare in mare aperto per ore. I migranti a bordo di alcune di queste imbarcazioni avevano accusato le autorità tunisine di razzismo.

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Un appello da raccogliere e rilanciare

E’ quello  lanciato da Amnesty International per la liberazione in Tunisia dei due esponenti dell’opposizione riunita nella coalizione del Fronte di salvezza nazionale, la scrittrice e giornalista 43enne Chaima Issa, il co-fondatore (con lei) del movimento Cittadini contro il colpo di Stato Jaouhar Ben Mbarek e del fondatore del centro studi Joussour (“Ponti) Khayam Turki, accusati di «cospirare contro lo Stato». Chaima Issa è stata la prima donna a venire arrestata per reati d’opinione lo scorso 22 febbraio, nell’ambito della deriva autoritaria intrapresa dal presidente tunisino Kais Saied contro chiunque sfidi il suo regime.

«Accuse infondate» di terrorismo ed eversione

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Dallo scorso febbraio, si legge in un comunicato di AI, «le autorità tunisine hanno avviato procedimenti penali contro almeno 21 persone fra attivisti dell’opposizione, avvocati e imprenditori con accuse infondate di cospirazione. Fra di loro le autorità hanno arrestato almeno 10 persone fra le quali gli esponenti dell’opposizione Chaima Issa e Jaouhar Ben Mbarek ed il politico Khayam Turki. Il tribunale tunisino anti-terrorismo li ha messi sotto inchiesta per dieci capi d’imputazione, incluso l’articolo 72 del Codice penale che prevede la pena di morte per chi tenti di “cambiare la natura dello Stato”. Facciamo appello alle autorità tunisine perché ritirino le accuse contro queste persone e le liberino immediatamente, visto che sono state arrestate per aver esercitato i loro diritti umani» con proteste pacifiche.

«Arresti che violano la libertà di espressione» 

L’organizzazione umanitaria ricorda altresì che sui tre oppositori menzionati pende una dozzina di capi di imputazione afferenti ad una Legge anti-terrorismo del 2015, che prevede una pena di vent’anni di carcere per chi «forma un’organizzazione terroristica», secondo i capi d’accusa pubblicati online e recepiti dai difensori degli attivisti. «Nessuno dei tre – si legge nel comunicato – è mai stato coinvolto in atti afferenti a crimini identificabili secondo il diritto internazionale, e le accuse contro di loro sono pertanto infondate». Tutti e tre sono stati indagati sulle reciproche relazioni e sui rapporti con diplomatici stranieri, sugli incontri svolti insieme e sui messaggi che hanno diffuso sulla situazione politica in Tunisia. Nessuno di loro ha potuto incontrare gli avvocati nelle prime 48 ore dell’arresto. I loro arresti e queste inchieste, chiosa Amnesty International, violano il Patto internazionale sui diritti civili e politici (trattato dell’Onu adottato nel 1966 ed entrato in vigore nel 1976) che la Tunisia ha ratificato e che tutela il diritto alla libertà d’espressione, così come alla libertà di associazione e di manifestazione pacifica.

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Chaima Issa, simbolo della Rivoluzione del 2011 

Sociologa e tra le protagoniste della Rivoluzione dei gelsomini del 2011, attivista per i diritti delle donne, Chaima Issa è attualmente detenuta nella prigione femminile di Manouba a Tunisi. Contro di lei è stata avviata anche un’altra inchiesta dalla Corte marziale tunisina per un’intervista critica contro il presidente Saied che l’attivista aveva rilasciato alla radio Ifmlo scorso 22 dicembre 2022 nella quale aveva detto: «Sono sicura che l’esercito non rimarrà a braccia conserte a guardare» mentre nel Paese viene instaurata una dittatura. Secondo il diritto umanitario internazionale, ricorda Amnesty, i civili non dovrebbero mai esser processati da tribunali militari e la Corte marziale tunisina non ha indipendenza dal potere politico, né giurisdizione sul caso: la giornalista rischia fino a dieci anni di carcere. Secondo le leggi attualmente vigenti, ha avvertito la sua avvocata Dalila Ben Mbarek Msaddek, potrebbe restare 14 mesi in carcere senza alcun processo.

Da quando ha sciolto il Parlamento e avocato su di sé poteri afferenti allo stato di d’emergenza nel luglio 2021, il presidente Saied ha fatto adottare una contestata Costituzione che ha instaurato un sistema iper-presidenziale e ha fortemente limitato l’indipendenza della magistratura. L’ultimo ad essere arrestato è stato lo scorso 19 aprile il leader del partito islamista Ennahda, Rachid Gannouchi.

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L’United Nations Committee on the Elimination of Racial Discrimination (Cerd) ha avviato la procedura di allarme rapido e di azione urgente e ha a esortato le massime autorità tunisine a condannare pubblicamente e prendere le distanze dall’incitamento all’odio razzista da parte di politici e personaggi pubblici e privati. Il Cerd – del quale la Tunisia è stato membro –  si è detto allarmato per le dichiarazioni fatte dal presidente golpista della Tunisia, Kaïs Saïed, secondo il quale «L’arrivo di orde di migranti clandestini dai Paesi africani subsahariani»  farebbe parte di «Un piano criminale per cambiare la composizione del panorama demografico della Tunisia» e sarebbe fonte di «Violenze, crimini e atti inaccettabili». Parole che ricalcano quel che la destra italiana dice dei tunisini (e dei subsahariani) che per il Cerd «Vanno contro la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di Discriminazione razziale (“la Convenzione”), in particolare l’articolo 2 in cui gli Stati parti si impegnano a non intraprendere alcun atto o pratica di discriminazione razziale e a garantire che tutte le autorità pubbliche rispettino tale obbligo, e l’articolo 4 in base al quale gli Stati parti si impegnano a non consentire alle autorità pubbliche di incitare o incoraggiare la discriminazione razziale».

Di fronte alle violenze seguite alle dichiarazioni del Capo dello Stato tunisino, centinaia di migranti provenienti da Paesi come Costa d’Avorio, Mali, Guinea e Senegal hanno deciso di tornare nei loro Paesi d’origine o di fuggire verso l’Italia e l’Europa insieme ai giovani tunisini che scappano dalla miseria e dalla dittatura. Molti altri migranti e rifugiati subsahariani sono stati sgomberati con la forza dalle loro case o hanno perso il lavoro. Hanno quindi chiesto protezione e assistenza all’International Organization for Migration (Iom) e all’United Nations Refugee Agency (Unhcr). Anche il numero di detenzioni arbitrarie di migranti subsahariani è notevolmente aumentato in tutta la Tunisia dall’inizio di febbraio. Migranti e rifugiati continuano a essere detenuti, anche nel centro di detenzione amministrativa di Ouardia, dove alcuni sono detenuti illegalmente da più di 18 mesi.

La procedura di allarme rapido e di azione urgente del Cerd prende soprattutto in considerazione «Situazioni che potrebbero degenerare in conflitti al fine di intraprendere azioni preventive appropriate per evitare violazioni su vasta scala dei diritti umani ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale» e infatti il Cerd è anche molto preoccupato per le segnalazioni di «Un aumento dell’incitamento all’odio razziale o xenofobo sui social media e su alcuni media nel Paese nei confronti di migranti di sesso maschile e femminile provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana in Tunisia, inclusi incitamenti all’odio razzista da parte di cittadini ​​e membri di alcuni Partiti politici, in particolare dopo le osservazioni del Capo dello Stato tunisino». Preoccupa anche che questa ondata di incitamento all’odio e di stigmatizzazione abbia portato ad «Atti di violenza e discriminazione razziale nei confronti di migranti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana e cittadini neri tunisini, comprese aggressioni fisiche e sgomberi dalle loro case e dai loro posti di lavoro» e le segnalazioni di arresti arbitrari di migranti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana, compresi donne, bambini e studenti, da parte di funzionari delle forze dell’ordine nell’ambito della campagna “Rafforzare il tessuto di sicurezza e ridurre il fenomeno della residenza illegale in Tunisia”. Il Cerd accusa le forze dell’ordine tunisine di non rispettare tutte le garanzie procedurali richieste, «In particolare l’obbligo di notificare i motivi dell’arresto, il diritto di essere assistiti da un avvocato o dal proprio consolato e l’obbligo di far firmare i documenti nella lingua a loro comprensibile». Inoltre, aumentano le segnalazioni di atti di intimidazione nei confronti di attivisti e difensori dei diritti umani che difendono la causa dei migranti subsahariani.

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Dopo aver ricordato alla Tunisia gli accordi internazionali che ha sottoscritto, il Cerd «Chiede alle autorità dello Stato parte di garantire l’effettivo rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani assunti dalla Tunisia e, in particolare, quelli della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale» e di alle autorità tunisine e al Presidente della Repubblica  Saïed di «Astenersi da qualsiasi discorso che contribuisca all’odio razzista e alla discriminazione razziale nei confronti dei migranti provenienti dai Paesi africani subsahariani, in Tunisia».

Chiede anche al  presidente Saïed e il suo governo di «Condannare pubblicamente e di prendere le distanze dall’incitamento all’odio razzista da parte di attori politici, personaggi pubblici e privati, dei media e di altri attori privati, nonché di adottare tutte le misure necessarie per prevenire e combattere ogni forma di discriminazione razziale, in particolare l’incitamento all’odio contro i neri africani, incitamento all’odio razziale, violenza xenofoba e attacchi razzisti rivolti in particolare agli africani subsahariani e ai cittadini neri tunisini, nonché misure mirate a: 1. Garantire la protezione immediata ed efficace dei migranti sul suo territorio, in particolare dei migranti provenienti da paesi dell’Africa subsahariana, nonché dei cittadini neri tunisini, contro qualsiasi violenza e incitamento all’odio di natura razzista e contro qualsiasi atto di discriminazione dei diritti garantito dalla Convenzione; 2. Porre immediatamente fine agli arresti e alle detenzioni collettive di questi migranti e rilasciare, senza indugio, coloro che sono detenuti arbitrariamente, in particolare donne e bambini; dare la possibilità a coloro che desiderano chiedere asilo; istituire un meccanismo nazionale per la determinazione dello status di rifugiato; e rispettare il principio di non respingimento; 3. Indagare sui casi di migranti che sono stati licenziati arbitrariamente dal lavoro o cacciati dall’alloggio e adottare misure per la loro riabilitazione; 4. Garantire la libertà di riunione e associazione, senza ostacoli, di attivisti e difensori dei diritti umani e migranti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana e proteggerli da qualsiasi intimidazione o rappresaglia; 5 Garantire che tutti i discorsi di incitamento all’odio e la violenza razzista, compresi i discorsi delle autorità pubbliche e degli attori politici, siano indagati in modo diligente e indipendente e che gli autori siano perseguiti e puniti, ove appropriato, e che le vittime e le loro famiglie siano risarcite; 6. Monitorare e combattere la diffusione di incitamento all’odio razzista, anche su Internet e sui social media; 7. Garantire l’effettiva applicazione della legge n. 2018-50 del 23 ottobre 2018, relativa all’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, in particolare le disposizioni relative all’incitamento all’odio e alla violenza basati sulla discriminazione razziale; 8. Istituire la commissione nazionale responsabile della lotta alla discriminazione razziale prevista dalla legge n. 2018-50 e dotarla delle risorse umane, tecniche e finanziarie necessarie per il suo corretto funzionamento, anche per indagare sui casi di violenza e incitamento all’odio razzista; 9. Facilitare la capacità delle vittime, compresi i migranti dei Paesi dell’Africa subsahariana e i cittadini neri tunisini, di denunciare incitamento all’odio razzista e crimini di odio, anche online; 10. Formare la polizia, i pubblici ministeri e i giudici sui metodi appropriati per rilevare e registrare i crimini di odio razzista e l’incitamento all’odio, anche su Internet e sui social media, formare i rappresentanti dei media per combattere efficacemente il razzismo e il pregiudizio razziale e rafforzare le campagne di sensibilizzazione pubblica con l’obiettivo di promuovere la tolleranza tra i gruppi e la consapevolezza della diversità della società tunisina».

L’United Nations Committee on the Elimination of Racial Discrimination conclude il suo atto di accusa invitando lo Stato Tunisino  ad avviare urgentemente «Un dialogo nazionale inclusivo sulla questione del razzismo e della discriminazione razziale in Tunisia al fine di sviluppare un’efficace strategia nazionale per combattere il razzismo e la discriminazione razziale».

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Di tutto questo la presidente Meloni non ha fatto cenno nella sua visita lampo a Tunisi. 

Non ne avevamo dubbi.

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