Citando Totò, possiamo dire che anche la guerra, come la morte, è una livella. Viene il momento in cui nelle guerre non si distingue l’una dall’altra parte.
Accade così che da Rostov sul Don arrivino immagini di una banchina della stazione ferroviaria stracolma di russi che vorrebbero lasciare la città, per fuggire ad uno scontro assurdo ed impensabile fino a ieri: russi contro russi sulla pelle di russi.
La gente di Rostov ci prova a fuggire, non ci riesce, non c’è posto sui treni in partenza, non si staccano biglietti. E le famiglie in fuga restano lì, come fosse il posto più lontano da uno scontro che invece hanno alle spalle, a poche decine di metri. Immagini, quelle di Rostov, che sono la copia esatta della grande fuga dalla guerra di uomini, donne e bambini costretti a lasciare la casa, la loro Ucraina, invasa dai russi. Non le abbiamo dimenticate, quelle immagini, non dobbiamo dimenticarle. Allora era inverno, i bambini infagottati negli indumenti più pesanti trovati in casa prima di chiudersi la porta alle spalle. Le donne in lacrime, per gli uomini rimasti a combattere l’invasore, forse l’ultimo bacio.
La guerra è subdola, invade e ti invade, si accanisce e non risparmia, il telecomando è in mani ciniche. Per questo le guerre non vanno mai iniziate, per questo sia la Storia un giudice saggio nelle sentenze.