Evacuiamo i nostri connazionali ma non possiamo “evacuare” i nostri interessi. E i nostri interessi si scontrano non soltanto con i militari golpisti ma anche con le tentazioni da “cowboy” di Emmanuel Macron
Via dal Niger
“Il Governo italiano ha deciso di offrire ai nostri concittadini presenti a Niamey la possibilità di lasciare la città con un volo speciale per l’Italia. L’Ambasciata a Niamey resterà aperta e operativa, anche per contribuire agli sforzi di mediazione un corso”. Lo scrive oggi su Twitter il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Da Roma a Parigi. La Francia inizierà “molto presto” ad evacuare i suoi cittadini dal Niger: lo ha annunciato oggi l’ambasciata di Parigi a Niamey. “In considerazione del deterioramento della situazione della sicurezza in Niger e approfittando della relativa calma a Niamey, si sta preparando un’operazione di evacuazione aerea da Niamey”, si legge in un comunicato. L’evacuazione “avrà luogo molto presto e in un periodo di tempo molto breve”, aggiunge la nota.
Un primo aereo francese è decollato oggi a metà giornata da Parigi in direzione Niamey per evacuare i primi concittadini francesi ed europei che desiderano lasciare la capitale del Niger dopo il colpo di stato contro il presidente Mohamed Bazoum: è quanto riferito da fonti ben informate citate dalla France Presse.
La fonte non ha fornito informazioni sull’orario previsto di rientro in Francia del volo di Stato.
Altre fonti hanno riferito che la Francia intende inviare diversi aerei militari, non armati, per garantire l’evacuazione volontaria dei francesi e degli europei presenti in Niger.
“Possiamo confermare che i nostri colleghi francesi si sono offerti di accogliere i cittadini tedeschi a bordo dei loro voli dal Niger nei limiti della capacità disponibile. Il ministero degli Esteri consiglia, in linea di principio, a tutti i cittadini tedeschi presenti a Niamey di accettare questa offerta”, ha reso noto il ministero tedesco degli Esteri con la ministra Annalena Baerbock che ringrazia la collega francese Catherine Colonna per l’offerta.
Il presidente francese Emmanuel Macron “segue attivamente la situazione in Niger” dal Fort di Brégançon, nel Var, luogo di villeggiatura dei presidenti francesi. La sua priorità riguarda la sicurezza dei circa 600 cittadini francesi nel paese. Lo riporta Lci. La ministra degli Esteri francese Catherine Colonna ha smentito le accuse dei golpisti in Niger secondo cui la Francia vorrebbe “intervenire militarmente” nel Paese. “E’ falso”, ha dichiarato alla tv Bfm. “Non bisogna cadere nella trappola”, ha aggiunto sottolineando che è ancora “possibile” riportare il presidente destituito Mohamed Bazoum alle sue funzioni. “E’ necessario perché queste destabilizzazioni sono pericolose per il Niger e i suoi vicini”, ha concluso ricordando che il presidente Emmanuel Macron “segue attivamente la situazione in corso” e ha parlato con Baz.
I militari golpisti non credono alle rassicurazioni francesi e accusano la Parigi di voler “intervenire militarmente” per rimettere in carica il presidente deposto con la forza.
“In linea con la sua politica di ricerca di modi e mezzi per intervenire militarmente in Niger, la Francia, con la complicità di alcuni nigerini, ha tenuto una riunione presso la sede della Guardia nazionale per ottenere le necessarie autorizzazioni politiche e militari”, si legge nel comunicato.
Le inquietudini italiane
“Un intervento fatto da europei bianchi per risolvere una cosa interna rischierebbe di avere effetti deflagranti. Si cammina sulle uova. Va bene mantenere i contingenti europei, ma è il momento di ragionare. È un colpo di stato anomalo, secondo me è recuperabile senza interventi troppo duri”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in merito al colpo di stato in Niger, ospite a PiazzAsiago. Il rischio altrimenti, secondo il ministro, è “di fare i cow boy nel saloon e in quella parte dell’Africa non possiamo permetterci altri terremoti”.
“Dobbiamo occuparci di quello che succede a migliaia di chilometri di distanza. Per noi il Niger è importante”, lo è ancora di più per la Francia, difatti “il più grande contingente militare è quello francese e la Francia è il Paese che vorrebbe l’intervento più duro. La più grande preoccupazione è come garantiamo tutti gli italiani e tutti i civili che sono lì, un centinaio. Non sono moltissimi e poi ci sono circa 300 militari che erano laggiù per formare le loro forze armate”, rimarca ancora il titolare della Difesa
Burkina Faso e Mali si schierano
“Ogni intervento militare sarebbe una dichiarazione di guerra nei confronti di Mali e Burkina Faso”.
È quanto scrivono in una nota congiunta i governi di transizione del Burkina Faso e del Mali, dopo l’ultimatum della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, Ecowas-Cedeao. “I Governi di transizione del Burkina Faso e del Mali hanno appreso attraverso la stampa delle conclusioni dei vertici straordinari della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) e dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (Uemoa) tenutisi il 30 luglio 2023 ad Abuja”. “Qualsiasi intervento militare contro il Niger comporterebbe il ritiro del Burkina Faso e del Mali dall’Ecowas, nonché l’adozione di misure di autodifesa a sostegno delle forze armate e del popolo del Niger – scrivono, mettendo in guardia “contro le conseguenze disastrose di un intervento militare in Niger che potrebbe destabilizzare l’intera regione, così come l’intervento unilaterale della Nato in Libia, che è stato all’origine dell’espansione del terrorismo nel Sahel e nell’Africa occidentale”.
Il golpe in Niger “ha ulteriormente complicato uno scenario della sicurezza che stava già peggiorando”. è l’allarme lanciato dal rappresentante speciale del Segretario generale delle nazioni unite per l’africa occidentale e il Sahel, Leonardo Santos Simao, che ha ribadito la condanna del colpo di stato della settimana scorsa. Dal canto suo, il portavoce di Antonio Guterres, Farhan Haq, ha assicurato che Simao continua a parlare con tutte le parti perché sia ripristinato “l’ordine costituzionale e consolidate le conquiste democratiche”.
“Finora abbiamo avuto molti contatti con il presidente del Niger, Mohamed Bazoum”, deposto con il recente colpo di Stato nel Paese. “Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, parla con lui regolarmente e anche l’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, ci ha parlato molte volte. Per il momento è in buona salute”, ma “chiediamo ancora il rilascio immediato del presidente Bazoum, della sua famiglia e del suo entourage”. Lo ha dichiarato Nabila Massrali, portavoce della Commissione europea, rispondendo a una domanda sul colpo di Stato nel Paese africano.
Il presidente del Niger, detenuto nella residenza presidenziale dai militari responsabili del golpe del 26 luglio scorso, “sta bene” e “spera davvero che le cose vadano nella giusta direzione”. Lo ha detto a France24 il premier nigerino, Ouhoumoudou Mahamadou, che il giorno del colpo di stato si trovava a Roma per il vertice della Fao sui sistemi alimentari e ora è a Parigi. Bazoum “è un grande combattente e un sindacalista esperto”, ha rimarcato il premier, aggiungendo: “Se affronta questa situazione con ottimismo, possiamo credergli. Spera davvero che le cose vadano nella giusta direzione”.
Un varco per la Russia
Ne scrive Fabio Scuto per Il Fatto quotidiano: “Il colpo di Stato in Niger apre un nuovo varco a Vladimir Putin in Africa. Il generale Abdourahamane Tchiani – capo della guardia presidenziale e uomo all’origine del golpe che mercoledì ha defenestrato il presidente eletto Mohamed Bazoum – si è presentato al Paese in tv come il nuovo uomo forte e ha rivolto una richiesta di sostegno internazionale a cui il gruppo mercenario russo Wagner ha subito risposto. Anche se non c’è alcun segnale che Mosca o Wagner abbiano avuto un ruolo nella cacciata di Bazoum, il caos presenta un’opportunità per Mosca in un Paese che è uno dei maggiori produttori mondiali di uranio.
Il Niger, un paese povero e ricco di uranio, si trova nel Sahel, l’arida regione a sud del Sahara che ha affrontato una crescente insicurezza tra gli effetti sempre più gravi del cambiamento climatico, l’instabilità politica e le insurrezioni armate. La presa di potere militare in Niger è la sesta in Africa occidentale in meno di tre anni, dopo quelle in Burkina Faso, Guinea e Mali, e minaccia di ribaltare gli sforzi regionali per combattere le insurrezioni islamiste da parte di gruppi affiliati ad al-Qaeda e allo Stato islamico ma anche arginare l’espansionismo russo in Africa. Gli esperti dicono che non ci sono prove che la Russia sia dietro il colpo di stato in Niger, dove i fattori personali sono considerati un fattore scatenante più probabile. Le tensioni erano aumentate costantemente tra Bazoum, agli arresti nella sua residenza, e il capo della guardia presidenziale, il generale Tchiani. Le manifestazioni a Niamey, l’assalto all’ambasciata francese, i cartelli pro-Putin ci dicono però che la Russia si è ben posizionata come l’emblema del sentimento anti-occidentale, e soprattutto anti-francese, in ampie zone dell’Africa. E questo aiuta a creare altre aperture per il Cremlino.
Nel vicino Mali, circa 1.000 membri della Wagner hanno sostituito circa 5.000 soldati francesi che si sono ritirati l’anno scorso. Wagner è anche una presenza importante nella Repubblica Centrafricana, dove protegge il presidente Faustin-Archange Touadéra, che domenica ha indetto un referendum volto a prolungare il suo mandato. Nel Sudan sconvolto dalla guerra fra i due generali ci sono oltre duemila uomini della Wagner a protezione delle miniere d’oro che sono in concessione a una compagnia del gruppo di Prigozhin.
Il golpe in Niger fa sì che adesso una linea ininterrotta di Paesi che si estende attraverso l’Africa, dall’Atlantico al Mar Rosso, rappresenti una Russian Belt, una fascia sotto controllo militare russo. Molte sono ex colonie francesi, dove una rabbia viscerale per l’ingerenza post coloniale ha aumentato il sostegno ai golpisti. Domenica i sostenitori del colpo di Stato hanno sventolato bandiere russe a Niamey e ne hanno appesa una al muro dell’ambasciata francese, un eco di scene simili in Burkina Faso e Mali , dove le bandiere russe sono emerse anche tra le persone che celebravano i colpi di Stato nel 2021 e nel 2022.[…].A offrire il suo aiuto ai golpisti è arrivato anche il capo della Wagner Prigozhin, secondo il quale la sua compagnia militare privata è in grado di affrontare rapidamente situazioni come quella a Niamey. Centinaia di suoi mercenari si trovano già nel vicino Mali, su invito della giunta militare, per fronteggiare un’insurrezione islamista che è più forte nell’area in cui si incontrano i confini di Mali, Burkina Faso e Niger…”.
“Una crisi che non è soltanto una questione regionale o africana, ma coinvolge molti attori internazionali e che, come spiega a Radio Vaticana – Vatican News, Enrico Casale, africanista e giornalista della rivista Africa, si può interpretare come una crisi dell’influenza francese nell’area a favore di un nuovo attore, Mosca. “È interessante notare – dice Casale – come questo golpe sia avvenuto parallelamente al Forum che si è tenuto a San Pietroburgo tra Russia e Africa”. Secondo il giornalista, l’attenzione verso l’Africa mostrata da Putin servirebbe anche a scardinare l’isolamento nel quale il Paese si è trovato dopo l’invasione dell’Ucraina: “La Russia negli ultimi anni ha avuto un’influenza crescente, che è importante anche in sede ONU, perché i Paesi africani sono tanti e il loro voto conta”. Un malcontento nei confronti della Francia dovuto sia al suo passato coloniale, che agli interessi economici che il Paese europeo ha sempre esercitato sul Niger. “Sta montando – conclude Casale – una retorica anti coloniale e anti imperialista, che vede nella Cina e nella Russia un’alternativa al vecchio modello che viene ritenuto fallito”.
Il distinguo di Tajani
“C’è una presenza della Wagnerche ci preoccupa” in Niger e bisogna “fare in modo che non ci sia un peggioramento della situazione a vantaggio di trafficanti di esseri umani e terroristi”. Così ieri al Tg5 il titolare della Farnesina.
Commentando il golpe della scorsa settimana, Tajani ha spiegato che “la Russia non credo sia direttamente implicata”, mentre i nigerini che sventolano bandiere russe lo fanno “per fare sfregio alla Francia“.
“Poi c’è la Wagner che coglie l’opportunità del momento per inserirsi e per fare un po’ di politica filo-Putin“, ha evidenziato.
Le responsabilità europee
Di grande interesse è l’analisi, su Avvenire, di Giorgio Ferrari. Annota tra l’altro Ferrari: “Dal 2020 a oggi l’intera area del Sahel è stata teatro di cambi di regime al di fuori della democrazia: prima il Mali, poi il Ciad, quindi il Burkina Faso e oggi il Niger sono flagranti dimostrazioni del neocolonialismo che torna a posare i propri artigli sulle immense ricchezze africane. Né desta meraviglia quello sventolio di bandiere della Federazione Russa a Niamey e quei «Viva Putin» scanditi da malpagati figuranti all’indirizzo dell’ambasciata francese: l’imperialismo neocoloniale russo prospera da tempo senza neppure fingere – come avevano fatto Bismarck, Napoleone III e gli inglesi un secolo e mezzo fa – di agire in nome della “mission civilisatrice”, come i francesi chiamarono la spartizione dell’Africa.
Oggi l’unica missione di Mosca è quella di agguantare terre, risorse, potere, senza più nemmeno il paravento ideologico che nei lontani anni brezneviani spingeva i volontari cubani ad affiancare i vari movimenti di liberazione in Angola, in Mozambico, nell’Ogaden, in Somalia, in Tanzania, nel Congo, in Sierra Leone.
Ma le mani della Wagner (cioè di Mosca) sul Sahel non sarebbero state possibili se l’Europa e le ricche nazioni occidentali non fossero state in qualche modo complici dell’interessato disinteresse – è un ossimoro, certo, ma provate a trovarne un altro – che ha relegato Paesi come il Niger, il Mali, la Mauritania nel ben custodito recinto delle nazioni africane da tenere a bada con compiacenti manutengoli e viceré, nell’eterna convinzione che i popoli africani siano bambini incapaci di darsi un futuro. Ed eccolo qui invece il futuro: un anticolonialismo che rinasce e ribolle da un capo all’altro della cintura dei deserti, da Boma a Karthum e che l’autoritarismo da gendarme d’Africa di Parigi non riesce più ad arginare. In quei varchi, in quegli anfratti lasciati scoperti del Nord del mondo si sono infilati prima i jihadisti, poi il soft power dei predatori cinesi, quindi i mercenari di Putin.
Una terra vergine, grassa, vigorosa e feconda, si diceva centocinquant’anni fa. Sembra ieri. E chissà domani”.
L’appello di Amnesty
“Amnesty International sollecita le nuove autorità del Niger a scarcerare non solo il presidente Mohamed Bazoum e la sua famiglia, ma anche il ministro dell’Interno e tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati e posti in stato di fermo dal 26 luglio. Le autorità nigerine devono urgentemente proteggere e rispettare i diritti umani. Nessuno dovrà essere arrestato e fermato senza alcun fondamento giuridico”, Habibatou Gologo, direttrice per l’Africa occidentale di Amnesty International.