Niger, il ricatto criminale dei golpisti

L’Ecowas, la comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, ha dato disposizioni ai propri responsabili militari di mettere insieme “immediatamente” una forza di intervento per un possibile dispiegamento in Niger.

Niger, il ricatto criminale dei golpisti
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

11 Agosto 2023 - 22.04


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Vanno in guerra, anzi no. L’Ecowas, la comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, ha dato disposizioni ai propri responsabili militari di mettere insieme “immediatamente” una forza di intervento per un possibile dispiegamento in Niger. Queste forze restano comunque in “attesa”, hanno deciso i leader dell’organismo chiarendo che sul tavolo rimangono tutte le opzioni per una “risoluzione pacifica” della crisi.

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Decisione presa al termine del vertice nella capitale nigeriana: Omar Touray, presidente della Commissione dell’Ecowas ha detto che in gioco dopo il golpe militare c’è il ripristino dell’ordine costituzionale. Touray ha sottolineato che la comunità internazionale “lascia aperta ogni opzione”.

Il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara ha invece spiegato che l’Ecowas il via libera ad un’operazione militare in Niger “il prima possibile”: “I capi di stato maggiore faranno altre riunioni per finalizzare le cose ma hanno l’accordo della conferenza dei capi di Stato affinché l’operazione inizi il prima possibile“.

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Ricatto criminale

Dichiarazioni che arrivano poco dopo la minaccia dei golpisti: il regime militare instauratosi a seguito del golpe ha fatto sapere a un alto diplomatico statunitense che ucciderà il presidente deposto Mohamed Bazoum se i Paesi vicini tenteranno qualsiasi intervento militare per ripristinare il suo governo. Secondo quanto scrive l’Associated Press, citando due funzionari occidentali, i golpisti hanno riferito al sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland della minaccia a Bazoum durante la sua visita nel Paese nei giorni scorsi. Tutto questo dopo che i leader golpisti hanno compiuto un altro passo di rottura rispetto alle richieste di Onu, Stati Uniti e Unione Europea. La giunta militare guidata dal generale Abdourahamane Tchiani ha infatti nominato il nuovo governo del Paese. Lo ha fatto con un decreto i cui contenuti sono stati diffusi sulla tv nazionale nella serata di mercoledì. L’esecutivo sarà formato da 21 membri e sarà guidato dal primo ministro Ali Mahaman Lamine Zeine. I 20 ministri, tra cui quelli della Difesa e degli Interni, sono generali del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (Cnsp) che ha preso il potere.

Il presidente nigeriano, Bola Ahmed Adekunle Tinubu  ha detto che l’opzione militare deve essere presa in considerazione come “extrema ratio” in caso di mancato ripristino dell’ordine costituzionale. P

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er risolvere la crisi in Niger “nessuna opzione è esclusa, neppure l’uso della forza come ultima risorsa”, ha dichiarato il presidente nigeriano. Parole, in un certo senso, più dure rispetto a quelle pronunciate nel suo intervento di apertura del summit di ieri, nel quale aveva sottolineato la necessità di “dare la priorità alla diplomazia per favorire il ripristino di un governo costituzionale in Niger“, e di perseguire il negoziato con la giunta golpista. “È nostro dovere esplorare tutte le vie per garantire un rapido ritorno al governo costituzionale in Niger”, aveva però ammonito, paventando il rischio che la crisi politica in Niger porti con sé implicazioni “di vasta portata” per l’intera regione dell’Africa occidentale.

Attivando l’opzione della forza di dispiegamento rapido, i leader della Cedeao decidono dunque di convalidare il progetto d’intervento militare in Niger. L’impressione, tuttavia, è che si tratti un tentativo – forse l’ultimo – per aumentare la pressione sulla giunta militare golpista nigerina e spingerla a più miti consigli, magari accettando una serie di condizioni tra cui il rilascio del presidente deposto Bazoum. Resta da capire, inoltre, dove verrà dispiegata tale forza, e gli effettivi che verrebbero eventualmente impiegati. Secondo quanto riferiscono fonti militari citate da Jeune Afrique, la forza dovrebbe essere composta principalmente da truppe nigeriane (circa 5 mila), ma anche senegalesi.

Intanto, è stato fissato per domani in Ghana, nella capitale Accra, un nuovo vertice dei Capi di Stato Maggiore della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) sulla crisi in Niger. Lo riporta Radio France Internationale. La riunione è stata convocata dopo il summit di ieri ad Abuja, dove i leader dei Paesi dell’Africa Occidentale hanno deciso la mobilitazione preventiva delle forze armate dell’organizzazione.

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Alassane Ouattara ha dichiarato che la Costa d’Avorio fornirà “un contingente” di 850-1.100 uomini, insieme a Nigeria e Benin in particolare, e che “altri Paesi” si uniranno a loro. “I putschisti possono decidere di andarsene domani mattina e non ci sarà alcun intervento militare, dipende da loro”, ha insistito, aggiungendo: “Siamo determinati a reintegrare il presidente Bazoum al suo posto”

Nessun dialogo

La giunta militare in Niger non è disposta ad avere contatti diretti con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), rendendo difficili i negoziati: lo ha detto Abdel Fatau Musah, commissario per gli Affari politici, la pace e la sicurezza di Ecowas, in un’intervista esclusiva rilasciata alla Bbc. Intanto è stato fissato per domani nella capitale del Ghana, Accra, un vertice dei capi di Stato maggiore dei Paesi membri di Ecowas dopo il summit di ieri nella capitale nigeriana Abuja, dove i leader dell’organizzazione hanno deciso la mobilitazione preventiva delle loro forze. Non è chiaro quando verranno schierati i militari, e Musah ha affermato che Ecowas non consentirà alla giunta di governare per un periodo transitorio, come fatto precedentemente con i golpisti in Burkina Faso e Mali. Utilizzando modi di comunicazione irregolari, Musah ha riferito che i leader dell’Africa occidentale sono stati in grado di raggiungere il deposto presidente eletto Mohamed Bazoum, che secondo loro vive in condizioni disumane e senza un’adeguata assistenza medica. Il funzionario ha dichiarato inoltre che i militari hanno provato a costringere Bazoum a firmare la propria lettera di dimissioni, ma finora l’ex leader ha resistito.

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La preoccupazione di Guterres

Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è detto preoccupato per lo stato del deposto presidente Bazoum e della sua famiglia, chiedendone “il rilascio immediato e incondizionato e la reintegrazione come capo dello Stato”. Intanto, però, il protrarsi della crisi politica e i sempre più delineati schieramenti hanno contribuito a peggiorare i rapporti tra uno dei vicini del Niger, il Mali alleato dei golpisti, e la Francia, che su quei Paesi ha sempre esercitato, anche dopo la loro indipendenza da Parigi, una forte influenza. I due Stati hanno infatti deciso di sospendere il rilascio dei visti ai rispettivi cittadini. L’ambasciata francese all’inizio di questa settimana ha sospeso questo tipo di attività nella capitale del Mali, Bamako, dopo aver classificato tutto il Paese in una “zona rossa” dove è fortemente sconsigliato viaggiare. La giunta del Mali ha risposto congelando i nuovi visti per i cittadini francesi presso la sua ambasciata a Parigi in un atto di “reciprocità”, ha affermato il ministero degli Esteri maliano.

Dopo il vertice straordinario della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) di ieri, oggi tanto gli Stati Uniti come la Germania hanno espresso il loro appoggio all’organizzazione regionale, senza tuttavia appoggiare esplicitamente la richiesta di un intervento militare, mentre cresce la preoccupazione per la salute del presidente Mohamed Bazoum, deposto dal golpe militare dello scorso 26 luglio. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken, ha dichiarato che “l’organizzazione che riunisce i paesi dell’Africa occidentale sta svolgendo un ruolo chiave nel chiarire la necessità che si ritorni all’ordine costituzionale e ne sosteniamo la leadership”. Da parte sua Svenja Schulze, ministra tedesca della Cooperazione economica e dello sviluppo, ha detto in un’intervista che “finora nessuno ha perso la vita in questo colpo di Stato” in Niger, e “conosciamo situazioni diverse per altri golpe. Ed è per questo che vedo ancora possibilità di soluzioni pacifiche, se la pressione è davvero abbastanza forte”. Secondo Schulze, va sostenuta la forte pressione sulla giunta di Niamey da parte dell’Ecowas.

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 L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell, ha pubblicato due messaggi su Twitter nel quali ha sottolineato che “l’Ue ribadisce la sua profonda preoccupazione di fronte al deterioramento delle condizioni di detenzione del presidente Mohamed Bazoum e della sua famiglia che, secondo le ultime informazioni, sarebbero senza cibo, elettricità e cure da diversi giorni”. “Chiediamo ancora una volta la loro liberazione immediata e senza condizioni. Il presidente Bazoum ha dedicato la sua vita per migliorare la vita quotidiana dei nigerini. Nulla giustifica un simile trattamento”, aggiunge Borrell.

E anche il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, ha espresso “profonda preoccupazione” per il “deterioramento delle condizioni di detenzione” del presidente nigerino Mohamed Bazoum, definendo “inaccettabile” il trattamento riservatogli dalle autorità militari che lo hanno rovesciato. Nella stessa dichiarazione, il leader “esprime il suo fermo sostegno alle decisioni dell’Ecowas, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, che ha deciso di dispiegare le forze per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger.

Il timore di un espandersi delle tensioni in tutta l’area del Sahel scuote anche la Chiesa africana, come testimonia a Vatican News padre Jorge Crusafulli, ispettore dei salesiani per il Niger e la Nigeria, che da oltre 30 anni opera in tutta l’Africa Occidentale. “In questo momento la situazione è molto delicata, come don bosco volevamo aprire una nuova missione in Niger a settembre ma ora è diventato impossibile – riferisce il religioso -. Se la Nigeria intervenisse militarmente potrebbe causare un conflitto in tutta la regione con conseguenze per tutto il mondo, l’unica soluzione è il dialogo e la ricerca della pace”. 

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Padre Crisafulli ricorda poi che tutte le minoranze in Niger vivono in una situazione che era complicata già prima del conflitto e “che ora lo è ancora di più”. “La presenza di gruppi di estremisti islamici è un problema immenso – sottolinea il responsabile dell’opera di don Bosco -, l’attuale vescovo di Niamey ha chiuso tutte le presenze della Chiesa nelle zone rurali a causa degli estremisti che attaccano i villaggi”. “Ci ha detto a noi salesiani – aggiunge – di non andare nelle zone rurali e che avremmo potuto aprire una missione solo nella capitale”. L’ispettore dei salesiani nella regione riferisce anche che tutte le frontiere con il Niger sono chiuse, gli autotrasportatori sono bloccati e che per i migranti che vogliono raggiungere il Mediterraneo è molto pericoloso attraversare il confine in questo momento. C’è inoltre preoccupazione per i nigeriani che lavorano in Niger, “pensiamo che possano ricevere attacchi”. Il tutto è complicato da “la presenza del gruppo mercenario russo Wagner e un sentimento negativo contro l’Europa e la Francia”.

Serve uno sforzo comune

Si rischia quindi una guerra in tutto il Sahel mentre soffiano sul fuoco anche potenze esterne. “Europa, Stati Uniti, Cina e Russia hanno solo un interesse economico e geopolitico, non sono interessate alle persone”, spiega padre Crusafulli, secondo il quale “mirano alle risorse naturali, in particolare all’uranio”. Il religioso esorta quindi “a rispettare l’Africa le sue tradizioni e le sue istituzioni, il neocolonialismo culturale ed economico è dannoso”. L’ispettore dell’Opera di don Bosco chiede di compiere ogni sforzo possibile per evitare una guerra fratricida tra africani, “sarebbe un disastro, dobbiamo costruire la pace tutti insieme militari, politici, leader religiosi e gruppi etnici, i salesiani con le loro scuole possono avere un ruolo di mediazione e pacificazione, quando la gente ha ricevuto educazione non può essere manipolata”.

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Tragedia umanitaria

L’allarme è stato lanciato da Cindy McCain, vedova del senatore repubblicano John McCain e da aprile direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale per le Nazioni Unite. “Il popolo del Niger – scrive su Twitter McCain – sta affrontando una crisi. Ci sono già 3.3 milioni di persone gravemente affamate e ora la crisi politica, unita alle sanzioni, può portare a una situazione ancora più grave”. “Il Programma alimentare mondiale – continua – sta portando cibo e soldi, ma le banche stanno limitando il ritiro di contanti, i confini sono chiusi e i nostri camion bloccati”.

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