Donald Trump è stato nuovamente incriminato.
Questa volta, la quarta, l’incriminazione è stata decisa dal Gran Giurì della contea di Fulton, in Georgia, nell’ambito dell’indagine sulle sue pressioni per ribaltare il risultato delle elezioni del 2020 nello Stato americano. A Donald Trump sono contestati 13 capi di imputazione tra cui la violazione della legge antiracket, l’aver sollecitato un pubblico ufficiale a violare il suo giuramento di fedeltà, la cospirazione per impersonare un pubblico ufficio e una serie di falsi. Ma l’ex presidente replica: “Accuse truccate e caccia alle streghe”.
L’accusa di aver sollecitato un pubblico ufficiale a violare il suo giuramento di fedeltà è relativa alla telefonata fatta da Trump all’allora al segretario di stato repubblicano Brad Raffensperger per chiedergli di trovare gli 11.780 voti necessari a fargli superare Joe Biden. “Una telefonata perfetta”, si era difeso il tycoon.
Nell’indagine, oltre a Trump, sono state incriminate altre 18 persone, per le quali in totale i capi di imputazione contenuti nel documento di 98 pagine sono 41. Tra gli altri incriminati spiccano il legale dell’ex presidente, Rudolph Giuliani, il suo ex capo dello staff Mark Meadows e gli avvocati Kenneth Chesebro e John Eastman, consisderati gli architetti del piano per usare falsi elettori pro Trump in Georgia e in altri stati vinti da Joe Biden.
Secondo la procuratrice distrettuale della contea di Fulton, Fani Willis, quella di Trump e degli altri 18 incriminati è stata “una cospirazione criminale per cercare di sovvertire il risultato delle elezioni” del 2020. Ora, ha spiegato, “è compito del mio staff dimostrare che queste accuse sono al di là di ogni ragionevole dubbio davanti alla giuria nel corso del processo”, che dovrebbe tenersi entro 6 mesi. A tutti gli incriminati è stata “concessa l’opportunità di consegnarsi volontariamente non più tardi del 25 agosto a mezzogiorno”.
Lo staff di Trump ha risposto definendo la procuratrice Willis “una fanatica” di parte che ha “strategicamente” rallentato la sua indagine per “massimizzare le interferenze con la campagna elettorale e danneggiare Trump”. La difesa sta intanto pensando di contestare il difetto di giurisdizione della procuratrice distrettuale e trasferire il caso alla giustizia federale: i reati rientrerebbero così nel potere di grazia.
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