Dopo il tentato ammutinamento di fine giugno, in molti si chiedevano come il capo della Wagner Evgheni Prigozhin potesse rimanere ancora in vita dopo aver lanciato la sfida ai vertici del ministero della Difesa, mettendo i suoi uomini in marcia verso Mosca.
In un’intervista quasi due mesi prima della ribellione di Prigozhin, il giornalista esperto della Wagner, Ilya Barabanov, della Bbc Russia aveva analizzato la figura dell’ex galeotto di Leningrado diventato imprenditore di successo e poi signore della guerra, con la sua ormai famigerata `Compagnia militare privata Wagner´.
Fino al 2022 operativo nell’ombra, Prigozhin, 61 anni, ha confessato solo a settembre scorso di aver fondato il mini-esercito di contractor nel 2014, durante la crisi della Crimea. Da allora, con diverse mosse, ha di fatto ammesso anche le sue ambizioni politiche: insulta i ministri esteri (come successo col ministro italiano della Difesa, Guido Crosetto, colpevole di aver ipotizzato la mano della Wagner dietro l’esodo dei migranti dal Nord Africa); entra indisturbato nelle carceri a reclutare detenuti da mandare al fronte, di fatto annullando sentenze e promettendo amnistie; da settimane è in contrasto aperto con i vertici militari russi per la mancata fornitura di munizioni sul fronte di Bakhmut e da ultimo ha anche accusato i militari russi di aver abbandonato le posizioni al fronte, incalzati dagli ucraini.
Una sorta di «ministro non ufficiale», lo hanno definito alcuni media, un uomo «al di sopra della legge», la cui influenza sembra limitata al campo mediatico e non lascia pensare a un suo ruolo apicale nella Russia post-bellica. La lotta che Prigozhin ha ingaggiato contro i vertici militari russi – dal ministro Serghei Shoigu al capo di Stato maggiore, Valeri Gerasimov – non ha portato a un indebolimento dei rivali che, anzi, tengono saldo il loro potere. Anche la faida aperta da ormai mesi col governatore di San Pietroburgo, Aleksandr Beglov, dimostra che «quello che viene ritratto come una delle figure più pericolose e potenti in Russia non riesce nemmeno a risolvere alcuni banali problemi quotidiani nella sua città natale», ha scritto il think tank Carnegie.
Anche noto come `chef di Putin´ per i contratti milionari con lo Stato per rifornire le mense di scuole ed esercito, Prigozhin fino all’anno scorso era conosciuto solo per le foto in cui, alle spalle di Putin, partecipa a banchetti ufficiali con ospiti illustri: dal presidente Usa George Bush, all’allora principe e oggi re d’Inghilterra, Carlo III.
Nel 2018, però, viene immortalato nelle immagini dell’incontro a Mosca tra Shoigu e il maresciallo libico Khalifa Haftar. Una vera anomalia per un personaggio che non ha alcun incarico pubblico ufficiale. In precedenza, i media avevano già riferito della presenza in Libia dei suoi contractor ormai attivi non solo in Mali, Repubblica Centroafricana e Siria ma anche con propaggini in Burkina Faso. «La Wagner, in questi anni, ha operato sotto l’ombrello del Gru (l’intelligence militare)», è convinto Barabanov, «una tale struttura non poteva esistere in Russia in modo autonomo».
Dopo la guerra in Ucraina il ruolo dei mercenari di Prigozhin è molto cambiato: «Se prima erano un reggimento di qualche centinaia o al massimo duemila persone, con compiti locali e commerciali in diversi Paesi, alla fine del 2022 sono assurti al rango di un esercito indipendente, con quasi 50 mila combattenti, compresi migliaia di detenuti reclutati direttamente nelle carceri russe; questo non poteva succedere senza un mandato e l’autorizzazione diretta del presidente della Federazione russa, nonostante il Cremlino continui a negare connessioni».
Dopo il fallito blitzkrieg a Kiev, si è capito che non ci sarebbe stata una veloce presa dell’Ucraina e la primavera scorsa alla campagna militare russa si sono uniti anche i Wagner, che hanno dirottato il massimo dei mercenari lì. «Il 90-95% delle loro risorse sono impiegate nell’Est ucraino», fa notare Barabanov, ma le altre attività all’estero continuano: il business centrale di Prigozhin è in Siria e in Libia, dove controlla due, tre aerodromi e che è ritenuta una piazza d’armi per un’ulteriore espansione in Africa; qui, tra le altre cose, ha in essere importanti contratti commerciali in Repubblica Centrafricana dove è incaricata della sicurezza del presidente.
I media internazionali hanno stimato che solo dai contratti africani, l’imprenditore-comandante guadagnerebbe fino a un miliardo di dollari l’anno che usa per rafforzare il suo gruppo in Ucraina. Come nella sfera politica, anche l’influenza di Prigozhin nel conflitto andava ridimensionata, secondo Barabanov. «Nel 2014, quando in Donbass appaiono i mercenari di Prigozhin, questi ultimi non si distinguono per chissà quali azioni di assalto, come ora provano a pubblicizzarsi in Ucraina: i Wagner sono legati a innumerevoli omicidi di comandanti filo-russi nell’Est dell’Ucraina, che non rientravano nella verticale del potere putiniano, che si cercava allora di imporre nelle autoproclamate Repubbliche del Donbass».
Anche sanzionato dal Regno Unito, dall’Ue e dagli Stati Uniti con l’accusa di aver interferito nelle elezioni di Paesi stranieri attraverso la sua fabbrica di troll´ a San Pietroburgo, Prigozhin potrebbe giocare semplicemente il ruolo di quello che in russo si chiama polevoy komandy, secondo la tesi di Barabanov: un `comandante di campo´, la persona che in un determinato territorio di uno Stato con un governo centrale debole ha il pieno potere militare e civile. «Il Cremlino potrebbe usarlo per il lavoro sporco sul campo, per ricattare il mondo civilizzato con lo spettro che dopo Putin al potere possano arrivare personaggi ancora più pericolosi e difficili da gestire o usarlo come capro espiatorio per eventuali disfatte militari, salvo poi sbarazzarsene all’occorrenza».