Afghanistan dimenticato. Afghanistan tradito. Anche dal Wfp.
La denuncia di Save The Children
Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp) ha annunciato che escluderà altri due milioni di persone dall’assistenza alimentare in Afghanistan, mentre il Paese affronta il terzo anno consecutivo di una devastante siccità che sta rendendo sempre più difficile reperire cibo e acqua. Lo afferma Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro
“I bambini e le loro famiglie in Afghanistan vivono una situazione particolarmente critica, dopo anni di siccità e crisi economica. In un recente sondaggio condotto da Save the Children in alcune province, tre quarti dei minori (76,1%) hanno affermato di mangiare meno rispetto all’anno scorso e sempre più bambini vengono spinti in situazioni non sicure, come il lavoro minorile, mentre le loro famiglie lottano per andare avanti. In occasione della riunione dei governi internazionali a Bruxelles la prossima settimana per discutere dell’Afghanistan, li invitiamo a mantenere i propri obblighi e impegni nei confronti del popolo afghano. È davvero spaventoso pensare all’ulteriore miseria che i bambini dovranno affrontare a causa di questi tagli. Questo non è il momento di andarsene. Servono più fondi, non meno. Senza più adeguati finanziamenti la risposta agli aiuti sarà paralizzata, il che significa più minori affamati, malnutriti e malati. Il tempo stringe per i bambini dell’Afghanistan. La comunità internazionale deve agire per impedire che moltissimi bambini vedano il loro futuro compromesso a causa della crisi alimentare” dichiara Arshad Malik, direttore di Save the Children in Afghanistan, che invita i grandi donatori a rispettare i propri obblighi nei confronti del popolo afghano.
I bambini in Afghanistan, come Shayesta* di un anno, soffrono già a causa di una drastica mancanza di cibo, risultato di una combinazione letale di cambiamento climatico e povertà. La siccità ha causato la perdita dei raccolti e quasi quotidianamente la sua famiglia sopravvive solo con tè e pane. La madre, Zahida*, ha detto a Save the Children: “Shayesta è molto magra ed è malata da 40 giorni. Un giorno sta bene e poi sta male per due giorni. E’ debole, non voglio che muoia. Sono spaventata. Ho già perso un figlio e non voglio perdere anche lei”.
Save the Children opera in Afghanistan dal 1976, ed è stata accanto alla popolazione anche durante periodi di conflitto, cambiamenti di regime e disastri naturali. Ha programmi in nove province e lavora con partner in altre sei province. Da quando i talebani hanno ripreso il controllo nell’agosto 2021, Save the Children ha intensificato la sua risposta per sostenere il crescente numero di bambini che hanno bisogno di aiuto in aree precedentemente inaccessibili. Save the Children fornisce assistenza sanitaria, nutrizione, istruzione, protezione dell’infanzia, alloggi, acqua, servizi igienico-sanitari, sicurezza alimentare e sostegno ai mezzi di sussistenza. Da settembre 2021 Save the Children ha raggiunto più di 4 milioni di persone, tra cui 2,1 milioni di bambini.
Ammissione diretta
Dal sito Onu: “A settembre, in Afghanistan il World Food Programme (Wfp) è stato costretto a escludere altri 2 milioni di persone affamate dall’assistenza alimentare, portando a 10 milioni il numero complessivo di quanti sono tagliati fuori dal suo sostegno quest’anno nel paese. A causa della grave carenza di finanziamenti, in futuro il Wfp sarà in grado di fornire assistenza di emergenza solo a 3 milioni di persone al mese.
“In un contesto in cui il livello di fame e malnutrizione è già preoccupante, siamo obbligati a scegliere tra chi ha fame e chi muore di fame, lasciando milioni di famiglie a sé stesse senza sapere come faranno per mangiare”, ha detto Hsiao-Wei Lee, Direttore e Rappresentante del Wfp in Afghanistan. “Le poche risorse che ci restano non ci permettono di assistere tutte quelle persone che sono sull’orlo della miseria totale”.
A marzo, il Wfp ha dovuto ridurre le razioni dal 75 al 50 per cento per le comunità che vivevano livelli emergenziali di fame. A aprile e maggio è stata costretta ad escludere dall’assistenza alimentare 8 milioni di persone. Il Wfp è spesso l’ultima ancora di salvezza per le donne, che vengono sempre più espulse dalla società, con sempre meno possibilità di guadagnarsi da vivere e di nutrire i propri figli.
Questi tagli si traducono in 1,4 milioni di nuove e future madri che, insieme ai loro bambini, non ricevono più alimenti speciali per la prevenzione della malnutrizione. Il WFP si aspetta un forte aumento dei ricoveri nei centri nutrizionali nei mesi a venire con i bambini che scivolano sempre più nella fame.
Per i prossimi sei mesi, il Wfp avrà bisogno di 1 miliardo di dollari per fornire assistenza alimentare e nutrizionale salvavita, oltre a sostegno ai mezzi di sussistenza, per i previsti 21 milioni di persone. Ciò include anche finanziamenti per pre-posizionare cibo per le comunità che rimarranno isolate nel rigido inverno afghano.
“Rimane una piccola finestra di opportunità per evitare la catastrofe in Afghanistan, ma il tempo a nostra disposizione è quasi finito”, ha detto Lee. “Il costo dell’inazione sarà pagato dalle donne e dai bambini più vulnerabili, colpiti dall’impatto di 40 anni di conflitto, dalla paralisi dell’economia e da un peggioramento della crisi climatica”.
L’annuncio arriva a pochi giorni dall’inizio della 78esima Assemblea Generale annuale delle Nazioni Unite a New York, dove i leader mondiali si riuniranno per discutere le principali sfide globali allo sviluppo, inclusa la fame. Con i bisogni alle stelle a livello globale, il Wfp esorta i governi donatori a dare priorità ai finanziamenti per le operazioni umanitarie.
Il Wfp è alle prese con una grave crisi di finanziamenti che sta costringendo l’organizzazione a ridurre gli aiuti salvavita in un momento in cui la fame acuta è a livelli record. Quasi la metà delle operazioni del Wfp nei vari paesi hanno già ridotto, o prevedono di ridurre presto, l’entità e la portata dei programmi di assistenza in cibo, in denaro e in nutrizione”.
Sfruttamento minorile
Sempre secondo Save the Children le bambine e i bambini in Afghanistan, dal ritorno dei talebani, affrontano rischi altissimi per mantenere se stessi e le loro famiglie. Lo staff di Save the Children è venuto a conoscenza della tragica morte di una ragazza schiacciata da un camion mentre contrabbandava merci attraverso un valico di frontiera.
L’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, ha realizzato un’indagine sulle famiglie in sei province afghane.
“Quello a cui stiamo assistendo è una tempesta perfetta di crisi climatica, povertà e l’eredità del conflitto che infligge fame, malnutrizione e miseria a persone che non hanno fatto nulla per contribuire a nessuna di queste condizioni”, ha affermato Arshad Malik, direttore di Save the Children in Afghanistan.
Il Paese sta affrontando un mix mortale di povertà, dovuto quindi anche al cambiamento climatico. Tre quarti dei bambini (76,1%) intervistati, hanno affermato di mangiare meno rispetto a un anno fa, poiché la peggiore siccità degli ultimi 30 anni nel Paese ha compromesso i raccolti, causato la morte del bestiame e ha aggravato la scarsità di cibo e acqua per i minori e le loro famiglie. La siccità, infatti, ha colpito il 58% delle famiglie intervistate da Save the Children.
In Afghanistan, milioni di persone sono prive degli aiuti alimentari a causa dei tagli ai finanziamenti internazionali e questo dovrebbe essere un campanello d’allarme per la comunità internazionale affinché smetta di distogliere lo sguardo da questa situazione.
Terzo anno di siccità in Afghanistan
L’Afghanistan è uno degli esempi tra i più crudi al mondo dell’impatto mortale che la crisi climatica sta avendo sulle famiglie che per sopravvivere dipendono dall’agricoltura. Il Paese sta affrontando il suo terzo anno consecutivo di siccità, che colpisce più della metà della popolazione. I livelli di fame sono più alti nel nord dell’Afghanistan, dove le famiglie dipendono fortemente dall’agricoltura per sopravvivere.
La fame non solo ha un grave impatto sulla salute fisica dei bambini, ma anche su quella psichica, perché produce ansia e depressione soprattutto nelle donne e nelle ragazze.
Secondo Save the Children, in Afghanistan è in atto una crisi di diritti dell’infanzia senza precedenti. Più di un terzo (38,4%) dei bambini intervistati, infatti, lavora per mantenere la propria famiglia e il 12,5% delle famiglie riferisce che i propri figli migrano per lavoro. Save the Children non dispone di dati dello stesso anno per le stesse provincie, in modo da essere comparabili, eppure, gli attuali dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro hanno rilevato che un bambino su 10 in tutto l’Afghanistan è coinvolto nel lavoro minorile.
Save the Children chiede un intervento urgente da parte della comunità internazionale, con lo stanziamento di aiuti umanitari e aiuti allo sviluppo a lungo termine che soddisfino i crescenti bisogni delle persone in Afghanistan. L’Organizzazione, inoltre, esorta i governi donatori a non congelare o sospendere i finanziamenti in corso e quelli già esistenti destinati al lavoro umanitario in Afghanistan, poiché ciò avrà un impatto devastante sulla popolazione civile.
I diritti dei minori, in particolare il diritto all’istruzione delle ragazze, devono essere considerati prioritari da tutte le parti interessate. Nella sua analisi iniziale, Save the Children ha intervistato 1.207 adulti e 1.205 bambini in Afghanistan.
Donne e bambine: due volte oppresse
Negli ultimi due anni alle donne afghane è stato vietato di accedere all’istruzione una volta superati i 12 anni di età, di viaggiare in aereo senza l’accompagnamento di un parente di sesso maschile, di accedere a parchi, giardini, strutture sportive e bagni cittadini. È stato imposto alle donne l’obbligo di indossare un velo integrale in luoghi pubblici, di frequentare i saloni di bellezza (che rappresentavano gli ultimi luoghi di socializzazione al di fuori delle abitazioni femminili) e il divieto di lavorare per organizzazioni internazionali – una disposizione che rende estremamente difficile la distribuzione di aiuti alle donne afghane. Se durante il primo anno di governo dei talebani c’era una flebile speranza che la pressione internazionale e i cambiamenti nella società afghana potessero preservare alcune forme di libertà per le donne, questa ipotesi è stata gradualmente cancellata, giorno dopo giorno.
Da un report dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale): “Quella in Afghanistan – secondo le rilevazioni dell’Unicef – è diventata una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, con oltre 28 milioni di persone – due terzi della popolazione – che necessitano urgentemente di assistenza umanitaria. Le Nazioni Unite hanno stabilito che 4 milioni di persone sono oggi gravemente malnutrite, compresi 3,2 milioni di bambini sotto i cinque anni. Alla creazione di un clima di incertezza perenne sul fronte alimentare e umanitario non hanno contribuito solo due decenni di guerra, ma anche eventi meteorologici estremi e disoccupazione diffusa, a cui l’esclusione delle donne dalla forza lavoro ha contribuito enormemente.
Le condizioni medie di vita, evidenzia un report della Banca Mondiale, rimangono estremamente difficili: due terzi delle famiglie afghane continuano a lottare per soddisfare i bisogni alimentari e non alimentari di base. In questo quadro allarmante si inserisce anche la “guerra all’oppio” voluta dai talebani. Il governo, infatti, ha imposto il divieto di coltivare oppiaceia causa degli effetti nocivi sulla salute. Se si considera che l’Afghanistan produceva oltrel’80% dell’oppio trafficato a livello globale, e che l’eroina ricavata dall’oppio afghano costituiva il 95% del mercato in Europa, si capisce perfettamente quanto queste coltivazioni coprissero una significativa fetta del tessuto produttivo afghano. Secondo i dati Banca Mondiale del 2022, in Afghanistan gli uomini di età compresa fra i 14 e 18 anni, come anche quelli fra i 55 e i 65, riescono a trovare lavoro in percentuali risibili”.
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