Una storia di impegno e battaglie. Nata a Zanjan il 21 aprile 1972, Narges Mohammadi è laureata in fisica ed è un ingegnere. Già negli anni universitari fu arrestata durante alcuni raduni studenteschi e scrisse diversi articoli a sostegno dei diritti delle donne. Nel 2003 è entrata a far parte del Centro per la difesa dei Diritti Umani , guidato dal premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi, di cui è diventata poi vicepresidente. Nel 1999 ha sposato il giornalista riformista Taghi Rahmani, con il quale ha avuto due figli. Rahmani, dopo aver scontato 14 anni di reclusione, si è trasferito in Francia, mentre Mohammadi è rimasta in Iran per proseguire il suo lavoro per i diritti umani.
La vittoria del premio Nobel
È l’attivista iraniana Narges Mohammadi la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023. Il riconoscimento le è stato assegnato dall’Accademia di Svezia “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua promozione dei diritti umani e della libertà per tutti”. Mohammadi, vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, è attualmente detenuta nel carcere di Evin a Teheran. Berit Reiss-Andersen, presidente del Comitato norvegese per il Nobel, arrivando al leggio per l’annuncio del Premio, come prima cosa ha detto “Donna, vita, libertà”, lo slogan che da un anno, dopo la morte di Mahsa Amini, scandiscono le iraniane e gli iraniani nelle proteste che hanno scosso il Paese. La famiglia di Mohammadi ha commentato: “Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran”.
“Mohammadi sconta 31 anni, l’Iran la liberi”
Il comitato per il Nobel, assegnando il Premio per la Pace, ha affermato che “la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate”. “La vittoria del Nobel evidenzia il coraggio delle donne iraniane”, ha commentato l’Onu.