Prima di ripartire da Beirut, il ministro iraniano ha parlato del conflitto in atto e di Hezbollah. Ufficialmente sia tratta di un partito politico libanese molto votato, e quindi meritevole di rispetto nazionale e internazionale, esprimendo tanti ministri. Era dunque l’occasione buona per smentire, almeno a parole, che sia una milizia confessionale khomeinista addestrata e finanziata da Teheran, che ne decide le mosse. Ma è proprio in questo termini che il ministro ne ha parlato: riferendosi alla “possibile propagazione del conflitto nella regione” ha detto che Hezbollah “ è in un’eccellente posizione ed è pronta a rispondere alle azioni criminali” di Israele. Essendo un ministro degli esteri viene da chiedersi chi lo abbia informato di questo, e a che titolo lo abbia detto. Ma non basta: il capo della diplomazia iraniana ha aggiunto che in merito all’apertura di nuovi fronti militari con gli israeliani “ sta alla Resistenza (Hezbollah) di definirne le condizioni e annunciarli”.
Sembra quasi “noi decidiamo, loro poi comunicano”. Ma è di più. Infatti Hossein Amir Abdollahian ha aggiunto, con il tono di chi parla del partito che lo ha eletto nel Parlamento iraniano, che “Hezbollah ha preparato diversi scenari per tutti i fronti possibili e deciderà al momento opportuno le sue azioni se i crimini israeliani proseguiranno”. Va aggiunto che nessun resoconto stampa riferisce sue parole su nessun altro partito libanese, si è riferito solo di quanto ha detto solo di Hezbollah.
Dunque siamo alla fine di una farsa politica, l’Iran presenta il Libano, e nei prossimi farà lo stesso con Siria e Iraq, per quello che li ritiene, no Stati sovrani ma province del suo risorto impero. E’ la vecchia, profondissima ruggine tra persiani e arabi che riemerge e che mostra il Levante Arabo allargato, da Beirut a Baghdad, ridotto in macerie al termine della guerra di conquista da parte delle milizie khomeiniste disseminate in quei territori dai pasdaran, la forza d’élite del regime di Tehran. Questa ruggine ci riporta ai tempi stessi dell’islamizzazione della Persia da parte degli arabi. La grande civiltà persiana convertita all’islam dai beduini del deserto… Avvenuta la conversione la vendetta è stata sottile: imporre un islam tutto nuovo, quello dei dodici imam – sconosciuti all’islam originario- l’ultimo dei quali, il nascosto, tornerà alla fine dei tempi: è una figura decisiva ma nel Corano non c’è, mentre a Teheran c’è anche l’autostrada che lo attende. La fece progettare Ahmadinejad.
Rifare l’impero oggi si dice, in linguaggio khomeinista, “esportare la rivoluzione khomeinista”, cioè la rivoluzione teocratica dell’Imam Khomeini e di chi dopo di lui guida la rivoluzione. Questo è un dovere costituzionale, come in essa sancito. Dunque questa esportazione rivoluzionaria intende tornare fino al Mediterraneo, come fu ai tempi di Ciro e così anche vendicarsi di Alessandro Magno, che respinse i persiani al di là della Mesopotamia. In quel vasto territorio che va da Baghdad a Beirut gli arabi crearono il loro impero, che proseguì la politica anti-persiana dei bizantini, per sciogliersi poi all’interno dell’impero ottomano, anch’esso in continuità con i precedenti nel suo urto con i persiani.
La vendetta si sta consumando? E’ questa la vendetta che ha prodotto le sanguinose battaglie irachena, siriana, lo stragismo di strada che ha insanguinato Beirut per ucciderne i leader anti khomeinisti? Quella scia di sangue cominciata con quello di Rafiq Hariri non è mai stata capita, ma probabilmente era indispensabile per stabilizzare nelle mani khomeiniste l’avamposto, la prima linea khomeinista, a Beirut. A ben vedere c’è anche il fronte meridionale della tenaglia, lo Yemen, dove però la feroce reazione saudita, a costo di massacri, sembra aver prodotto con il recente accordo tra sauditi e iraniani la ricerca di un compromesso.
Se così fosse si capirebbe il temporeggiare di Tehran nello spingere Hezbollah nel conflitto. Non è devastare i propri effettivi l’obiettivo della forza imperiale persona. Ma consolidare le proprie conquiste e quindi impedire che ciò che resta dell’impero arabo, incarnato dalla corona saudita, possa fare la pace con Israele che prevedendo concessioni (molto difficili) ai palestinesi e la possibilità di ricorrere al nucleare (ufficialmente civile) con la supervisione statunitense pianterebbe una grana di portata epocale alla giugulare di Teheran.