Gaza, l’apocalisse umanitaria sintetizzata da Catherine Russell, Direttrice generale dell’Unicef: “Secondo le notizie, la guerra a Gaza ha ucciso oltre 13.000 bambini e ne ha feriti molti di più. In rovina case, scuole e ospedali. Uccisi insegnanti, medici e umanitari. La carestia è imminente. Il livello e la velocità della distruzione sono sconvolgenti. I bambini hanno bisogno di un cessate il fuoco ORA.
I due bambini ancora in ostaggio a Gaza, Kfir e Ariel, devono ancora essere rilasciati. Sono passati più di 180 giorni di angoscia per gli ostaggi e le famiglie. I bambini hanno perso i familiari e mancano loro i genitori e i loro cari ancora in ostaggio. Tutti gli ostaggi devono essere rilasciati ORA”.
Il report di Save the Children
Quasi 26.000 bambini – ovvero poco più del 2% della popolazione infantile di Gaza – sono stati uccisi o feriti a Gaza in sei mesi di guerra secondo i dati forniti da Save the Children.
“Oltre 180 giorni di violenza hanno reso Gaza irriconoscibile e hanno ucciso o ferito oltre il 2% della popolazione infantile di Gaza – dichiara Xavier Joubert, direttore di Save the Children nei territori palestinesi occupati – Quelli che sono sopravvissuti finora hanno poche possibilità di continuare a farlo. Questa guerra non sta distruggendo solo Gaza, ma anche i principi fondamentali della tutela dell’infanzia. Le bombe e le ostilità incessanti stanno causando una devastazione senza precedenti di case e infrastrutture, con il 70% di abitazioni danneggiate o distrutte. Lo abbiamo visto in altri conflitti, ma questa potrebbe essere la percentuale più alta di case distrutte in così poco tempo. Il mondo deve agire ora per garantire un cessate il fuoco immediato e definitivo e un accesso umanitario senza restrizioni”.
Nei 6 mesi trascorsi dal 7 ottobre, più di 13.800 minori sono stati uccisi a Gaza e 113 in Cisgiordania. Ad almeno 1.000 bambini sono state amputate una o entrambe le gambe e circa 30 dei 36 ospedali sono stati bombardati, lasciandone solo 10 parzialmente funzionanti.
Le forze israeliane hanno colpito anche ambulanze, convogli di aiuti sanitari e strade di accesso, danneggiando il sistema sanitario di Gaza e compromettendo l’accesso all’assistenza medica proprio nel momento in cui 1,1 milioni di bambini di Gaza ne hanno più bisogno. Come nel caso dell’ospedale nel caso dell’ospedale Al-Shifa, che rappresentava una delle poche strutture ancora in grado di fornire una qualche assistenza, ridotto in rovina dopo due settimane di attacchi.
L’istruzione ormai non esiste più. Nessun bambino ha ricevuto un’istruzione formale da ottobre. I bombardamenti sono incessanti sulle case così come sulle scuole: quasi il 90% degli edifici scolastici è andato distrutto. Circa 261 insegnanti sono stati uccisi – riporta ancora l’Ong – e 1,4 milioni di persone stanno usando le scuole come rifugi.
L’architettura internazionale dei diritti umani scricchiola
Il concetto di proporzionalità in caso di conflitto è sancito nell’articolo 51 del primo protocollo addizionale alle convenzioni di Ginevra. Negli ultimi mesi gli attacchi israeliani hanno colpito quasi indiscriminatamente l’enclave palestinese: ospedali, strutture mediche, ambulanze e ora anche convogli di aiuti (“un errore, in guerra può succedere”, ha fatto sapere l’esercito israeliano). In teoria esistono divieti legali internazionali e previsioni specifiche contro queste azioni (nella prima e nella quarta Convenzione di Ginevra).
I genitori non sanno più come gestire le paure e le ansie dei piccoli. Dalia, una madre di Gaza, spiega a Save the Children: «I nostri figli hanno già vissuto diverse guerre. Avevano già una scarsa capacità di recupero e ora è molto difficile affrontare queste ulteriori difficoltà. I bambini sono spaventati, arrabbiati e non riescono a smettere di piangere, questo succede anche a molti adulti. È troppo per noi, figuriamoci per i più piccoli».
Gli adulti raccontano che tra le cose peggiori, tra le cose che feriscono di più, è vedere l’assenza di desideri: molti bambini hanno rinunciato al futuro. Un’altra donna racconta: «Uno dei miei figli sognava di diventare ingegnere e l’altro poliziotto. Ora uno vuole guidare un carretto trainato da un asino, perché vede questa realtà […]. E il sogno dell’altro figlio è vendere biscotti davanti a casa». Amal, madre di quattro figli tra i 7 e i 14 anni, dice: «Alcuni dei miei figli non riescono più a concentrarsi nelle attività di base. Dimenticano subito ciò che dico loro e non riescono a ricordare le cose appena accadute. Non direi nemmeno che la loro salute mentale è peggiorata, è stata proprio cancellata. Una completa distruzione psicologica». Reham, una giovane farmacista gazawi, ci racconta che nel campo profughi di Rafah ci sono molti orfani che non riescono a giocare. Dice: «Ogni rumore li spaventa, e c’è un continuo sottofondo di pianto».
Piangono anche per la mancanza di cibo e di acqua potabile. Sempre Save the Children riporta che almeno 15 bambini sono morti per malnutrizione e disidratazione, nel nord di Gaza. È importante ricordare che «anche prima del 7 ottobre, la salute mentale dei bambini della Striscia era precaria a causa delle cicliche escalation di violenza, dell’impatto del blocco – comprese le restrizioni alla libertà di movimento e all’accesso ai servizi essenziali – della crisi economica e della separazione da familiari e amici», si legge nel report.
«I bambini qui hanno visto tutto. Le bombe, i morti, i cadaveri: non possiamo più fingere con loro. Ora capiscono e hanno visto tutto. Mio figlio sa persino distinguere i tipi di esplosivo che cadono: riesce a percepire la differenza», continua un altro genitore.
Mentre i bisogni umanitari aumentano, l’ultima escalation di violenza e l’assedio hanno causato un collasso totale dei servizi di salute mentale nella Striscia. Sempre nel report si legge che in Cisgiordania i minori provano rabbia, dolore e impotenza di fronte al linguaggio disumanizzante dei funzionari del governo israeliano.
«Questa guerra e le cicatrici fisiche e mentali che sta lasciando sui bambini stanno ulteriormente erodendo la loro capacità di recupero. C’è ancora speranza che, con un sostegno adeguato, si possa invertire la tendenza. Durante l’infanzia, ci sono finestre critiche di opportunità per affrontare l’impatto del conflitto. Ma nulla di tutto ciò è possibile senza un cessate il fuoco immediato e definitivo e un accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti, in modo che gli operatori umanitari possano fornire il supporto critico necessario», spiega Save the Children.
Tra le testimonianze dirette, ci sono anche quelle dei medici che si sono occupati di soccorrere le vittime del conflitto a Gaza. Alcuni di loro hanno riferito che i bambini sono presi di mira dai cecchini israeliani. Intervistati dal Guardian,9 medici hanno riportato che la maggior parte dei bambini di cui si sono presi cura in ospedale erano vittime dei bombardamenti che le forze israeliane hanno condotto sugli edifici. Allo stesso tempo, però, hanno detto di essersi occupati di un flusso costante di minori e anziani, che non erano combattenti, con ferite da proiettile singolo alla testa o al petto.
Un altro medico, di ritorno da una missione di volontariato con il gruppo di aiuti umanitari MedGlobala Gaza, ha scritto un articolo pubblicato sul Los Angeles Times dicendo di aver assistito al trasferimento in pronto soccorso di alcuni bambini con età compresa tra i 5 e gli 8 anni, ognuno con un colpo di cecchino alla testa.
Si moltiplicano le testimonianze di media e organizzazioni per i diritti umani, come Euro-Mediterranean Human Rights Monitor e Mezzaluna Rossa Palestinese, che denunciano come le Forze di Difesa Israeliane (Idf) sparino regolarmente suicivili;queste respingono le accuse, sostenendo di seguire il diritto internazionale e prendere precauzioni per limitare i danni.
Uno dei medici che lavoravano come volontario negli ospedali di Gaza, Fozia Alvi, ha detto che nell’unità di terapia intensiva ha notato due minori con ferite al viso e tubi respiratori nelle trachee. Secondo un’infermiera, avevano colpi sparati da cecchini nel cervello. “Non potevano parlare, erano paraplegici. […] Non erano gli unici. Ho visto anche bambini piccoli con ferite dirette causata da colpi sparati da cecchini sia alla testa che al petto. Non erano combattenti, erano bambini piccoli”, ha detto Alvi.
Secondo alcuni medici volontari stranieri, il tipo di ferite, così come i racconti dei palestinesi che hanno portato i bambini in ospedale, dimostrano che i minori erano un bersaglio diretto degli israeliani. Nel frattempo, i resoconti dei testimoni oculari e i video registrati mostrano che i soldati israeliani hanno sparato contro civili che si trovavano fuori dalle zone di combattimento.
Il medico statunitense Vanita Gupta ha anche rivelato che a gennaio tre bambini gravemente feriti sono stati portati all’ospedale dove lavorava e i suoi parenti hanno detto che i bambini erano in strada quando sono stati attaccati, anche se non c’è stata nessun’altra sparatoria nella zona. Secondo le sue parole, questo è successo quando le truppe israeliane si erano ritirate a circa 4 chilometri dalla zona, quindi i palestinesi hanno iniziato a tornare alle loro case.
Secondo Thaer Ahmad, un medico statunitense che ha fatto volontariato all’ospedale Nasser, il secondo più grande della Striscia di Gaza, nella città di Jan Yunis, i droni israeliani a volte volavano in grandi gruppi, ordinavano ai palestinesi di liberare la zona e li sparavano dal cielo. Ha aggiunto che un drone ha persino sparato in testa a uno dei medici dell’ospedale.
Gaza, così muore l’infanzia. Così si annienta il futuro. E il mondo sta a guardare. Inerme. Complice.