Nessuno può più fermare la follia omicida di Bibi Netanyahu se non il suo smisurato ego

Pare che il governo israeliano stia facendo incetta di tende in cui sfollare la popolazione di Rafah, città destinata a essere presto un cumulo di macerie fumanti. Quarantamila tende,

Nessuno può più fermare la follia omicida di Bibi Netanyahu se non il suo smisurato ego
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Seba Pezzani Modifica articolo

10 Aprile 2024 - 01.10


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Con quel riportino argenteo d’antan – vezzo a cui viene spontaneo aggiungere un bel paio di baffetti tale da rendere imbarazzante la somiglianza con la nemesi del suo popolo e che, in effetti, sui social viene messo alla berlina sotto quelle sembianze – non ho difficoltà a immaginarmi Bibi Netanyahu dichiarare che, sì, sta per far cadere la gente di Rafah in una voragine senza fondo, ma lo farà dall’alto della sua magnanimità quasi divina, ovvero dotando tutti, anzi quasi tutti, di paracadute.

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Pare, infatti, che il governo israeliano stia facendo incetta di tende in cui sfollare la popolazione di Rafah, città destinata a essere presto un cumulo di macerie fumanti. Quarantamila tende, si dice. Tantissime ma comunque non a sufficienza per ospitare tutti i potenziali sfollati, a meno che i calcoli freddi di Bibi e della sua amministrazione non prevedano perdite ben superiori a quelle di per sé apocalittiche mietute nell’attacco di Gaza.

In tal caso, sì, 40.000 tende potrebbero anche bastare. D’altro canto, se vi venisse detto che state per essere gettati nel vuoto da un aereo in volo e che c’è un solo paracadute per quattro persone, forse vi massacrereste a vicenda finché non resta solo un candidato che possa indossarlo oppure scegliereste la condivisione e vi ci aggrappereste disperatamente in quattro. Che generosità, questo Bibi.

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Fregandosene abbondantemente di tutte le convenzioni internazionali sulla guerra e di ogni ragionevole senso della proporzione, continua a tirare dritto per la sua strada, ben sapendo di aver messo l’imbelle alleato a stelle e strisce alla corda.

Joe Biden pare abbia alzato irritualmente la voce al telefono con Netanyahu – facile che qualche suo assistente gli abbia dovuto ricordare nome e ruolo e motivo della telefonata prima di comporre il numero – ma, alla fine, quel legame a doppia mandata è rimasto tale, seppur leggermente sfilacciato. E il resto del mondo sta ancora lì a disquisire sul fatto che la risposta armata all’attacco di Hamas del 7 ottobre sia proporzionale o meno. Ci si chiede, naturalmente, quale sia la soglia numerica oltre la quale la “proporzione” cessa di essere digeribile per i benpensanti occidentali.

La sfacciataggine con cui il portavoce dell’IDF rivendica quotidianamente la volontà dell’Armata del Signore di colpire chirurgicamente, mettendo nel mirino solo i cattivoni, i miliziani assetati di sangue di Hamas, è tale che l’espressione con cui fa tali proclami è ormai da avanspettacolo. Se fosse vero che la guerra viene fatta solo contro quei miliziani, significherebbe che almeno il cinquanta per cento della popolazione è fatto di terroristi: i numeri non mentono e, dunque sarebbero terroristi anche i 10.000 minorenni (forse il calcolo è per difetto) periti sotto le bombe israeliane. Magari, sono terroriste anche tutte le madri di famiglia rimaste a loro volta uccise.

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Chirurgici, invece, sono certamente stati gli attacchi al convoglio dell’ONG World Central Kitchen, con sette volontari che hanno perso la vita. Più che chirurgici: di una scientificità da Premio Nobel, visto che quei poveretti stati colpiti ben tre volte su tre automezzi diversi, braccati come prede di una battuta di caccia. L’Iscariota si sarebbe adontato non poco per le scuse ex-post delle autorità israeliane, lui che il fardello della vergogna pare lo abbia appeso a un albero.

E non serve neppure chiedersi se davvero Israele abbia mai messo in conto che gli ormai 35.000 morti nella Striscia di Gaza non sono numeri ma esseri umani. Pare che il conto dell’orrore susciti sofferenza solo se scritto su carta intestata con tanto di stella di Davide.

Nessuno può più fermare la follia omicida di Bibi Netanyahu se non il suo smisurato ego. Non può l’America, o meglio, non vuole. Non può l’Europa, sempre più marginale e sempre più invischiata in sterili progetti di unità politico-militare che per il momento sfumano nella chimera. Non può il coacervo di attori mediorientali, troppo divisi e troppo deboli. Non ci riesce, per il momento, neppure il popolo di Israele che, sì, è imbarazzato dalla protervia del suo primo ministro ed è preoccupato dalla crescita del suo potere, mai così debole e mai così forte come in un momento come questo in cui l’unità nazionale è più sacrosanta del rispetto della legge.

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Eppure, il narcisista si scava sempre la fossa con le proprie mani, per quanto linde e sottoposto a cure ossessive. Un passo più falso e, soprattutto, più inelegante del solito è sempre dietro l’angolo ed è in quello che ripongono le ultime speranze le famiglie degli ostaggi. È l’ultimo, flebile lumicino, prima che i loro cari vengano inceneriti dal fuoco amico.

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