La tensione è altissima. I preparativi israeliani per l’incursione di terra a Rafah continuano, mentre i negoziatori lavorano per sfruttare la loro «ultima possibilità» di raggiungere un accordo per il cessate il fuoco.
All’indomani dell’occupazione del valico al confine con l’Egitto, le forze armate israeliane continuano a operare nella zona e nella parte orientale di Rafah, dove nei giorni scorsi sono iniziate le operazioni di evacuazione della popolazione civile.
Tuttavia, in questa fase, le truppe non stanno avanzando verso la città nell’estremo sud della Striscia, dove risiedono oltre un milione di persone.
Intanto, Israele ha riaperto il valico di Kerem Shalom, chiuso domenica scorsa dopo la morte di quattro soldati e il ferimento di diversi altri in un attacco missilistico di Hamas. Lunedì la Casa Bianca aveva fatto sapere che il premier israeliano Benyamin Netanyahu aveva concordato la riapertura del valico nella telefonata con il presidente americano Joe Biden. Un appello in questo senso era arrivato ieri anche dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ne aveva chiesto la riapertura «immediata» per alleviare le sofferenze della popolazione in «una situazione umanitaria già disastrosa».
Sul fronte diplomatico, dopo la tappa in Egitto, è atteso l’arrivo in Israele del capo della Cia, William Burns, che nelle prossime ore vedrà il premier Benjamin Netanyahu, il ministro per gli Affari Strategici Ron Dermer e altri alti funzionari.
Dopo gli annunci e le smentite dei giorni scorsi, tutte le parti hanno concordato di tornare al tavolo negoziale: «Non è insignificante», ha sottolineato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano, John Kirby, esprimendo la speranza che si possano «colmare i divari rimanenti».
Da Washington è arrivata la conferma che l’amministrazione Biden ha sospeso una spedizione di armi la scorsa settimana dopo che Israele non ha affrontato le sue preoccupazioni in merito all’invasione di Rafah, rispetto alla quale gli Usa si oppongono fermamente. Un funzionario ha sottolineato che «non è stata ancora presa una decisione definitiva su come procedere con questa spedizione» che consiste in più di 3.500 bombe pesanti. È la prima volta che Biden mette in atto l’avvertimento dato a Netanyahu il mese scorso quando ha sottolineato che la politica americana su Gaza sarebbe dipesa dal trattamento dei civili palestinesi da parte di Israele.
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