L’offensiva a Rafah, l’invasione russa dell’Ucraina, ma anche confini, acque territoriali, immunità diplomatiche e obblighi dinnanzi al riscaldamento climatico: conflitti armati o dispute fra governi, qualsiasi cosa accada nel mondo, da quasi ottant’anni la Corte internazionale di giustizia dell’Aja – anche nota come Corte mondiale – è chiamata a pronunciarsi su questioni cruciali per il pianeta.
* COS’È E QUALI SONO I SUOI POTERI – Fondata all’indomani della Seconda guerra mondiale, diretta emanazione dell’Onu, la Corte – dall’acronimo Cig – ha sede nel Palazzo della Pace della capitale olandese.
Unica tra gli organi di punta delle Nazioni Unite lontana dal Palazzo di Vetro di New York. Sotto la guida – fino al 2027 – del diplomatico e giurista libanese Nawaf Salam, si occupa di stabilire le responsabilità degli Stati che violano il diritto internazionale. È composta da un collegio di 15 giudici eletti dall’Assemblea generale dell’Onu e dal suo Consiglio di sicurezza per un mandato di 9 anni.
Ciascuna nazione può essere rappresentata da un solo giudice e, collegialmente, i togati devono riflettere le principali civiltà e sistemi giuridici del mondo. Dal primo caso, risalente al 22 maggio 1947, la Corte si è pronunciata su oltre 150 dossier e ha espresso una trentina di pareri consultivi su richiesta dell’Onu. Inglese e francese sono le sue lingue ufficiali.
* TRIBUNALI SEPARATI – A tre chilometri dal Palazzo della Pace, ha invece casa l’altro tribunale dell’Aja: la Corte penale internazionale (Cpi). I due organismi – spesso confusi o considerati una cosa sola – sono tribunali distinti, con funzioni e poteri diversi. Una la differenza chiave: mentre i casi della Corte dell’Onu coinvolgono i Paesi, la Cpi – istituita nel 1998 dallo Statuto di Roma e operativa dal 2002 – porta avanti cause per perseguire e punire gli autori di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. A non riconoscerne la giurisdizione sono, tra gli altri, Stati Uniti, Russia e Cina – membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu -, così come Israele.
* I PROSSIMI PASSI – Le sentenze emesse dalla Corte di giustizia internazionale sono – ai sensi dell’articolo 59 del suo stesso statuto – definitive, inappellabili e vincolanti. Anche se non sempre vengono rispettate. Spetta infatti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dare seguito ai pronunciamenti. E così sarà anche per l’ordine a Israele – arrivato su ennesima sollecitazione del Sudafrica – di fermare l’offensiva militare a Rafah. Dopo aver intentato a gennaio una complessa causa – che potrebbe durare anni – in cui accusa Israele di «genocidio», Pretoria ha sollecitato i giudici ad ampliare i provvedimenti in favore della popolazione civile palestinese. L’ingiunizione di non avanzare nella città a sud della Striscia di Gaza dovrà ora passare al vaglio dei quindici membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Tra loro, vi sono anche Washington e Mosca che negli ultimi anni hanno più volte utilizzato il loro potere di veto, paralizzando il potere esecutivo dell’organizzazione mondiale