Con questa ordinanza, la Corte internazionale di giustizia – il principale tribunale delle Nazioni Unite – ha reso estremamente chiaro che le autorità israeliane devono interrompere completamente le operazioni militari a Rafah, poiché qualsiasi azione militare in corso potrebbe sottintendere un atto di genocidio. Senza alcun dubbio, l’incursione via terra e il conseguente sfollamento di massa rappresentano un ulteriore rischio irreparabile per i diritti della popolazione palestinese, protetti dalla Convenzione sul Genocidio, nonché una minaccia per la sua sopravvivenza fisica, totale o parziale».
Così Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e Africa del nord di Amnesty International, sulla sentenza emessa dalla Corte internazionale di giustizia che ha ordinato a Israele di interrompere immediatamente le operazioni militari nel governatorato di Rafah.
“Sono passati quasi quattro mesi da quando la Corte internazionale di giustizia – spiega – ha indicato per la prima volta misure cautelari. Durante questi mesi, la situazione umanitaria per i palestinesi è peggiorata esponenzialmente: 35.000 di loro sono stati uccisi, ci sono state ulteriori prove di attacchi illegali contro i civili e le Nazioni Unite hanno denunciato la carestia e una continua e grave carenza di aiuti umanitari”.
«Dato che sono state emesse precedenti disposizioni, questa ordinanza non è più un semplice `richiamo´ a tutti gli stati, ma un’ulteriore e inequivocabile affermazione del loro dovere legale di prevenire il genocidio, il che implica che tutte le misure cautelari emesse dalla Corte devono essere debitamente attuate. Gli alleati di Israele devono utilizzare tutto il loro potere per influenzare le azioni di Israele al fine di fermare le operazioni via terra a Rafah e spingere per un cessate il fuoco immediato e duraturo da tutte le parti in conflitto”, conclude.