Gaza, condannati alla carestia

Condannati alla carestia. Due milioni di palestinesi, oltre il 56% minorenni. 

Gaza, condannati alla carestia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

5 Giugno 2024 - 00.33


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Condannati alla carestia. Due milioni di palestinesi, oltre il 56% minorenni. 

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Condannati alla carestia

Mentre si discutono i termini di un possibile cessate il fuoco, l’effetto combinato degli incessanti bombardamenti e del blocco all’ingresso di gran parte degli aiuti umanitari imposto da Israele, sta di fatto condannando Gaza alla carestia.

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Carestia che potrebbe colpire oltre 1,1 milioni di persone, metà della popolazione da un giorno all’altro.

 È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, che non riesce, al pari di altre organizzazioni umanitarie, a soccorrere la popolazione civile, rimasta ormai senza cibo e beni essenziali. In questo momento oltre 1,7 milioni di persone sono stipate in un’area di 69 km2, meno di un quinto del territorio di Gaza.

“La situazione è disperata, perché le autorità israeliane non garantiscono il sostegno umanitario promesso a una popolazione di sfollati – afferma Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – In questo momento è praticamente impossibile distribuire anche quei pochi aiuti che potrebbero entrare a Gaza, a causa dei tempi lunghissimi di autorizzazione necessari per spostarli da un’area all’altra e dei continui ordini di evacuazione. Con il valico di Rafah chiuso dal 6 maggio, Kerem Shalom è l’unico punto di accesso su cui potrebbero essere deviati migliaia di camion di aiuti umanitari fermi a Rafah. Il problema è che si ritroverebbero all’interno di una pericolosissima zona di conflitto. A Gaza non ci sono più “zone sicure”: la settimana scorsa, gli attacchi israeliani hanno ucciso decine di civili in aree dichiarate tali”.

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 I numeri del disastro umanitario

 Bastano pochi dati per descrivere quanto sta accadendo:

  • un numero incredibile di bambini sta morendo di fame. Una recente indagine condotta dalle organizzazioni umanitarie sul campo ha rivelato come l’85% degli intervistati non sia riuscita a mangiare nulla per un’intera giornata, nei tre giorni precedenti alla ricerca; 
  • ad Al-Mawasi, vicino a Rafah, oltre 550 mila sfollati stanno sopravvivendo in condizioni disumane, dovendo condividere una latrina ogni 4.130 persone;
  • a Gaza sta entrando solo il 19% dei 400.000 litri di carburante necessari al giorno, per far fronte ai bisogni umanitari di base della popolazione (compresi quelli per i trasporti, fornitura di acqua potabile e rimozione delle acque reflue);
  • secondo le Nazioni Unite, l’ingresso di aiuti si è ridotto di due terzi dall’inizio dell’invasione di Rafah. Dal 6 maggio, solo 216 camion di aiuti umanitari sono entrati attraverso Kerem Shalom, appena 8 al giorno; 
  • centinaia di camion commerciali di generi alimentari entrano ogni giorno attraverso il valico di Kerem Shalom, ma portano merci – rivendute oltretutto a prezzi proibitivi – del tutto inadatte per una popolazione malnutrita come bevande energetiche non nutrienti, cioccolato e biscotti;
  • la mancanza di diverse tipologie di beni alimentari è uno dei fattori chiave della malnutrizione acuta che sta colpendo la popolazione;
  • a Deir al-Balah per potersi assicurare anche la tenda più semplice si devono pagare quasi 700 dollari e per la mancanza di spazio, si è arrivati a usare il cimitero locale.

Si vendono bevande alla caffeina e cioccolato a chi sta morendo di fame…

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 “Quando sarà dichiarata ufficialmente la carestia a Gaza, sarà già troppo tardi. Dovremo drammaticamente registrare morti per fame, anche se gli aiuti necessari a salvarli erano a pochi chilometri da loro. – continua Pezzati – Allora nessuno potrà più negare le responsabilità di Israele. Impedire l’ingresso di tonnellate di cibo a una popolazione malnutrita è semplicemente disumano, mentre si mostrano a favore di camera bibite energetiche e cioccolato. Israele ha dichiarato settimane fa che avrebbe garantito pieno supporto umanitario e assistenza medica ai civili cui aveva imposto di spostarsi, ma ciò non sta accadendo e si continua ad agire nella più totale impunità. Bombardamenti e ostruzione deliberata creano condizioni di pericolo senza precedenti e impossibili da gestire per le agenzie umanitarie. Continuiamo a ripetere che, in quanto potenza occupante, Israele è legalmente obbligato a non limitare o ritardare l’ingresso degli aiuti umanitari”.

“L’area di Al-Mawasi è stata designata come ‘zona umanitaria’, ma non c’è nulla di più lontano dalla realtà – racconta Meera, operatrice dello staff di Oxfam a Gaza, che è stata sfollata sette volte da ottobre – Le condizioni sono insostenibili, per la mancanza di acqua potabile. Le persone sono costrette a bere l’acqua del mare. I bambini che dovrebbero andare a scuola devono preoccuparsi di come aiutare le proprie famiglie a sopravvivere, senza un letto in cui dormire, tra gli insetti che brulicano ovunque”.

 L’appello per il cessare il fuoco e l’ingresso degli aiuti

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In questo contesto Oxfam rilancia perciò un appello urgente alla comunità internazionale e alle parti in conflitto:per un cessate il fuoco immediato e permanente;l’apertura di tutti i valichi di terra all’ingresso degli aiuti umanitari;il rilascio di tutti gli ostaggi e dei prigionieri palestinesi detenuti illegalmente.

Quei bimbi traumatizzati

A darne conto è un report di Save the Children. “I bambini e le bambine palestinesi sfollati in Egitto sono tormentati dagli orrori che hanno vissuto dalla guerra a Gaza. Combattono contro incubi, rabbia, enuresi notturna e ansia. Nei nostri centri in Egitto, il 90% delle richieste per ricevere supporto psicologico, riguardava i bambini.

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Bisogna affrontare i bisogni a breve e lungo termine dei bambini palestinesi sfollati in Egitto, con un aumento del sostegno alla salute mentale e al supporto psicosociale.

Gaza: la salute mentale dei bambini palestinesi 

La guerra a Gaza ha avuto un forte impatto sulla salute mentale dei bambini e delle bambine palestinesi. Mentre fuggono e vengono sfollati, le loro vite sono minacciate dai pericoli costanti e dai tanti bombardamenti, vengono intimoriti e resi ansiosi. Tutto questo ha un forte impatto sulle loro condizioni psicologiche.

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Dall’inizio della guerra a Gaza, lo scorso 7 ottobre, più di 60.000 palestinesi, tra cui oltre 5.500 sfollati per motivi sanitari, hanno attraversato il confine con l’Egitto in cerca di rifugio e assistenza medica. Negli ultimi tre mesi abbiamo ricevuto più di 500 richieste da parte di palestinesi in Egitto per ricevere supporto per la loro salute mentale e sostegno psicosociale. Quasi il 90% di queste richieste riguardava bambini, con genitori preoccupati che i loro figli fossero ancora agitati da rumori forti, che non riuscissero a dormire o addirittura ad andare in bagno da soli o che si fossero chiusi in sé stessi e non mostrassero alcun segno di emozione.

La chiusura del valico di Rafah con l’Egitto dal 7 maggio ha bloccato completamente l’evacuazione dei pazienti. Circa 600 pazienti destinati ad essere evacuati, non sono attualmente in grado di muoversi. Tra ottobre 2023 e il 18 maggio ci sono state 12.760 richieste di evacuazione per motivi sanitari, verso l’Egitto e altri Paesi.

I traumi della guerra a Gaza

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Quando si fugge da una guerra i bambini riportano traumi profondi. Di seguito la testimonianza di una madre di Gaza, di nome Heba, fuggita in Egitto con la sua famiglia:

Heba, 28 anni, vive in un appartamento al Cairo con il marito e i tre figli Rami di 7, Sana di 10 e Samira di 12. Tutti sono stati gravemente feriti da un attacco aereo a Gaza. Heba ci racconta che suo figlio Rami, ha riportato ferite alla testa e alla gamba e che adesso ha paura di tutto: “Rami era in realtà noto per essere molto coraggioso e consolava sempre la famiglia. Ma da quando si è ferito è diventato un bambino che teme qualsiasi rumore o che ha paura del buio e non può stare da solo o andare in bagno da solo. Da dopo la guerra, le ragazzine hanno un battito cardiaco più elevato, hanno paura e pensano che la morte sia dietro l’angolo. Anche quando stavamo guidando dal confine al Cairo… Samira aveva gli incubi e si svegliava pensando che fossimo morti e che tutto fosse stato distrutto.”

I bambini e le bambine a Gaza hanno subito danni psicologici inimmaginabili a causa della violenza. Vittime innocenti che riportano gravi lesioni fisiche, inclusa la perdita di parti del corpo oltre alla perdita familiari, vedendo le loro case e scuole distrutte. Specialmente i più piccoli vivono con il tormento dell’incertezza di non sapere dove siano i loro cari a Gaza e cosa accadrà loro. Vivere con tipo di stress, e per così tanto tempo, è sufficiente a distruggere la salute di chiunque, sia fisica che mentale, in particolar modo per i bambini. “A Gaza, i bambini continuano a essere mutilati e a subire lesioni fisiche, con poche possibilità di cure mediche o terapie e la loro salute mentale è in bilico. Si stima che più di 1 milione di bambini abbiano un disperato bisogno di servizi di salute mentale. Chiediamo un cessate il fuoco immediato per salvare la vita e il futuro dei bambini e delle bambine”, denuncia Laila Toema, psicologa e consulente di Save the Children in Egitto per la salute mentale e il supporto psicosociale. 

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Così si uccide l’infanzia a Gaza. E il mondo sta a guardare. 

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