A Gaza il G7 non sta dalla parte dell'umanità". Il j'accuse di Oxfam

Oxfam, un “vaccino”…

A Gaza il G7 non sta dalla parte dell'umanità". Il j'accuse di Oxfam
Giorgia Meloni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Giugno 2024 - 19.37


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Oxfam, un “vaccino” funzionante contro il “virus” della disinformazione di regime. I report dell’Ong con sede centrale a Londra fanno da puntuale contraltare ai documenti licenziati dai “Vertici delle chiacchere”, delle buone intenzioni destinate a restare tali, delle mediazioni al ribasso, dei due pesi, due misure in politica estera… È così anche sul G7 a presidenza italiana.

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Un vertice non all’altezza

Non all’altezza delle sfide della povertà e delle disuguaglianze a livello globale.

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Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam Italia, passa in rassegna i capitoli fondamentali della Dichiarazione finale del Summit pugliese. Annota Pezzati: “Per la prima volta in cinquanta anni di storia il G7 parla, nella sua dichiarazione finale, di tassazione dei super-ricchi. È l’unica nota positiva in un vertice non all’altezza di rispondere alle sfide della povertà e delle disuguaglianze a livello globale”.  

 Tassare i super-ricchi

 I leader del G7 si trovano d’accordo sulla necessità di aumentare le imposte sui più ricchi. L’avallo a una tassazione personale più equa e progressiva sembra rappresentare una presa d’atto del fatto che in molti Paesi gli individui più facoltosi versano oggi, in proporzione al reddito o patrimonio, meno imposte dei contribuenti con redditi più modesti o patrimoni più esigui. Si tratta poi di un allineamento a quanto la maggioranza dei cittadini va chiedendo da tempo. La presa d’atto è un passo in avanti, ma non basta. I leader del G7 devono supportare convintamente la definizione di un’agenda internazionale per la tassazione degli ultraricchi, promossa dalla Presidenza brasiliana del G20, per rafforzare l’equità dei sistemi d’imposizione, ridurre le disuguaglianze e generare risorse cruciali per finanziare i crescenti bisogni sociali e la lotta al cambiamento climatico.

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Gaza, quale umanità

“I leader del G7 hanno chiaramente scelto di non stare dalla parte dell’umanità – ha aggiunto Pezzati – Chiedono a Israele di rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale, ma non dicono nulla sul potenziale genocidio, sugli oltre 37.000 bambini, donne e uomini palestinesi uccisi da Israele, sulle migliaia di prigionieri palestinesi detenuti illegalmente o sulla recente sentenza della Corte internazionale di giustizia che ha imposto di fermare le operazioni militari a Rafah e di consentire l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza. Abbiamo bisogno di una chiara tempistica per il cessate il fuoco, perché il costo in termini di vite è intollerabile ogni giorno di più. È necessaria, inoltre, la garanzia che l’esercito israeliano lasci Gaza e che ponga fine all’occupazione della Palestina”.  

Cisgiordania 

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Il G7 delude sia gli israeliani che i palestinesi, non chiedendo la fine dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza. Delude inoltre, non chiedendo lo smantellamento di tutti gli insediamenti israeliani illegali. La stanca formula del G7 dimostra di fallire e non essere in grado di creare un mondo in cui palestinesi e israeliani siano liberi di vivere in pace con giustizia, diritti umani e civili. 

Yemen

I due pesi e le due misure del G7 sono evidenti: sembrano più preoccupati di proteggere le navi commerciali e le rotte di navigazione nel Mar Rosso che di affrontare la crisi umanitaria e gli anni di blocco che colpiscono milioni di yemeniti. 

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 Clima  

Il G7 riafferma la necessità di limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e di abbandonare i combustibili fossili per evitare che il mondo precipiti in un inferno climatico, ma le azioni messe in campo dicono esattamente il contrario. I Paesi del G7, tra i più grandi inquinatori al mondo e principali responsabili della crisi climatica, non si impegnano a tagliare la propria quota di emissioni di CO2.

La COP di Baku è alle porte, ma troppo poco si sta facendo per compensare adeguatamente le perdite e i danni subiti in conseguenza dei cambiamenti climatici dai Paesi del Sud del mondo. Finora, i Paesi ricchi hanno messo a disposizione pochi finanziamenti per il clima, per la maggior parte sotto forma di prestiti. È una grande ipocrisia che i Paesi più poveri siano costretti a indebitarsi per miliardi di dollari per proteggersi da danni di cui hanno minori responsabilità storiche.

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 Il Partenariato per le infrastrutture e gli investimenti globali (PGII) 

L’approccio del Piano parte dall’assunto che l’unico modo per sviluppare le infrastrutture è usare risorse pubbliche per sovvenzionare il settore privato. Peccato che questo tipo di investimenti aumentino solo il livello di indebitamento dei Governi, che per anni sono costretti a pagare cifre esorbitanti. Inoltre, troppo spesso si interviene senza coinvolgere minimamente le comunità locali nelle scelte di realizzazione delle opere, nonostante queste producano sfollamenti e violazioni dei diritti umani, a fronte di risarcimenti inadeguati. Il prezioso denaro dei contribuenti, sia del Nord che del Sud del mondo, dovrebbe essere destinato a investitori o finanziatori privati solo come ultima risorsa, dopo aver esplorato tutte le altre opzioni. 

Cibo e Agricoltura 

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In meno di dieci anni, il numero di persone in stato di grave insicurezza alimentare è quasi raddoppiato. Il G7 avrebbe potuto già in questo Summit colmare la carenza di risorse necessarie per azzerare la fame nel mondo. Ricorrendo ad esempio a una significativa ristrutturazione del debito estero che gli stessi leader G7 riconoscono essere giunto a livelli insostenibili e minare lo sviluppo dei Paesi più indebitati. Ma la Apulia Food Systems Iniziative è stata solo annunciata e le informazioni sui suoi sviluppi sono del tutto opache.  

“È un bene che il G7 abbia riconosciuto il ruolo positivo dei piccoli produttori agricoli, e non faccia riferimento solo all’agribusiness – ha concluso Pezzati – Ma a questo riconoscimento deve conseguirne un’azione concreta per cui qualunque strategia di lotta alla fame metta al centro i piccoli produttori agricoli coinvolgendoli in ciò che è necessario realizzare. Le partnership pubblico-privato sono nuovamente state uno dei principali focus del Summit. In passato, queste partnership sono state imposte dall’alto con effetti dirompenti sui sistemi alimentari locali, ne è un esempio la Nuova Alleanza per la Sicurezza Alimentare e la Nutrizione (NASAN) del 2012, che ha portato alla commercializzazione dell’agricoltura africana, minando piuttosto che sostenendo le produzioni dei piccoli produttori agricoli”.

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